Capitolo 31. Ryss

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Non molto più tardi, forse un paio di mesi, acquistiamo il posto fisso all'Old Rock. Avviene in modo rapido, quasi casuale. È stato dopo un concerto - ne abbiamo fatti dieci, più di uno a settimana - , ci stavamo struccando in camerino e all'improvviso Gerard, passando dietro di noi con il suo registro in mano, ha dato un colpo sulla spalla di Bodie. Ci siamo voltati entrambi e lui, con lo stesso tono con cui si comunica che si sta uscendo a portare a spasso il cane, ha detto:«Dalla prossima settimana siete fissi. Avrete una o due sere a settimana, vi lascio scegliere i giorni»

«Cosa vuol dire?» ha chiesto Bodie e io gli ho quasi mollato un calcio ad uno stinco.

«Vuol dire che dalla prossima settimana siete dei nostri. Come i Blue Punk».

Ci abbiamo messo entrambi due minuti buoni per interiorizzare la notizia, ma quando Gerard ci ha lasciati siamo quasi svenuti. Ci sono solo cinque band fisse all'Old Rock, sei ora che ci siamo anche noi. È un privilegio, la cosa migliore che ci possa capitare, specialmente a due ragazzi come me e Bodie, che devono uscire di nascosto per venire a suonare. Per fortuna mio padre si è tranquillizzato, ora che ho portato a casa un paio di dossier delle due università a cui avevo fatto richiesta a novembre - senza metterci troppo impegno, perché non mi è mai interessato studiare economia - e mi lascia uscire, convinto che io vada a ballare. Gli ho raccontato che ho una mezza storiella con una ragazza e che la vedo le sere che esco, così sta più tranquillo. Sembra quasi non dico soddisfatto, ma più o meno contento.

Stasera abbiamo avuto il nostro secondo concerto da gruppo fisso - le nostre date sono il mercoledì e il venerdì, perché abbiamo tutti poche ore il giovedì e il sabato mattina. È stato un successo. Abbiamo aggiunto due canzoni che ho scritto in questi mesi, ma le cose adesso sono troppo calme. È come la quiete prima della tempesta: io e Steven ci ignoriamo - non credevo che quella sera al Cocktail Night sarebbe stata l'ultima volta che abbiamo parlato. Ho lasciato la banda della scuola e per fortuna non c'è altro modo di incontrare Justin, perché in mensa stono Bodie e per il resto abbiamo orari piuttosto diversi. Mio padre è calmo, è finito in ospedale circa quattro volte in due mesi, che è un record piuttosto basso visto quante volte uscivano Logan e John di notte per andarlo a recuperare. È tutto immobile in un equilibrio precario che potrebbe andare in frantumi da un momento all'altro, e non riesco più a scrivere.

Maxine e Seth sono già qui, credo, e io e Bodie arriviamo insieme. È buio, ma l'aria si sta lentamente scaldando, come ogni anno a inizio marzo. Lui è uscito dalla finestra e mi ha raggiunto a metà strada, poi ci siamo avviati a piedi.

«Ti è già arrivato qualcosa dal college?»chiede mentre giriamo l'angolo della strada che porta all'Old Rock. Noi non ne parliamo mai. Entrambi sappiamo già cosa vogliamo fare, anche se sembra un sogno campato per aria. O meglio, sappiamo che non vogliamo fare niente a parte la musica, quindi è complesso fare una scelta.

Io ci ho pensato quest'estate: la cosa meno terribile che avrei potuto studiare - approvata da mio padre - è economia. Ho fatto due richieste, all'università di Logan, che John ha abbandonato per arruolarsi, e ad un'altra abbastanza vicina a casa, di modo che io non sia troppo lontano nel caso mio mio padre finisse in ospedale.

Scuoto la testa. Con l'impegno che ci ho messo, dubito che mi manderanno qualche involucro grosso e pesante. Piuttosto sarà uno di quelli leggeri, con scritto "Caro Ryan, siamo molto dispiaciuti ma per questo anno scolastico non potremmo offrirle un posto nella nostra università".

«Ancora niente. Tu dove ti sei iscritto?» chiedo. Bodie non me l'ha mai detto.

«La stessa università di Jael e un'altro paio università cristiane» alza le spalle. «Ma non mi hanno ancora risposto».

Sto per fargli un'altra domanda, poco prima di raggiungere la porta sul retro dell'Old Rock, quando un gruppo di ragazzi ci ferma. Sono in sette, tutti maschi, e portano dei giubbotti imbottiti e delle felpe larghe, le catene che pendono dai loro colli. Uno di loro, un tizio biondo che avrà più o meno l'età di Gerard, si fa avanti e ci squadra, mentre io do una rapida occhiata alle altre brutte facce che in poco più di un paio di secondi si piazzano tutt'intorno a noi.

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