Capitolo 26. Ryss

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Il mio autobus arriva per primo, così saluto Bodie e ci salgo, pronto per un viaggio di venti minuti che passo a mangiarmi le unghie e a dondolarmi sulle punte, schiacciato in mezzo alla gente. Quando scendo a Woodly Road, il mio cuore batte così forte che penso si tratti di un infarto.

Questa strada è diversa dalla nostra, tanto che sembra di stare in un altro universo. Autumn Hill si chiama così perché, in un certo senso, sembra sempre autunno nelle stagioni fredde. È pieno di alberi che passano mesi a perdere foglie e di querce altissime, e le case sono quasi a tema Halloween, tutte in legno con le verande ombrose e i cancelletti di ferro cigolante e arrugginito. Quando è davvero autunno, però, i nostri cortili sono uno spettacolo, colorati da tutte le foglie cadute e disseminati di alberi che si stanno spogliando.

Woodly Hill è simile ai quartieri della San Christopher - bianco, pulito, ordinato - ma più moderno. Mentre nella via dove abita Bodie ci sono sia case antiche che moderne, anche se tutte dipinte allo stesso modo e abbastanza simili, qui sono tutte case moderne e uguali, con le verande luminosissime e addobbate per Natale. Ad Autumn Hill, ironia della sorte, quasi nessuno addobba per Natale.

Cammino fino alla casa di mia madre, al civico 42. Mentirei se dicessi che non sono mai passato di qua a guardare dove abitavano mia madre e mio fratello, ma non ho mai avuto il coraggio di entrare.

Salgo gli scalini della veranda e, senza pensarci troppo - perché so che se mi mettessi a riflettere finirei per scappare via - , suono il campanello.

«Arrivo!» la voce di mia madre mi scuote completamente, come ha fatto stamattina il soprannome "Cenerentola". Quando mi apre la porta, la riconosco appena. È ingrassata, ora sembra in salute e felice, non scarna come prima, e ha i capelli lunghi raccolti in una treccia. Gli occhi le si illuminano quando mi vede e mi mette le braccia al collo.

«Ryan, tesoro mio!» mi stringe forte contro il suo grembiule, accarezzandomi la schiena, e mi prende il viso fra le mani e mi bacia le guance sei, otto, dieci volte, e poi la fronte. Dopodiché torna ad abbracciarmi e anch'io mi permetto di cingerla e affondare due minuti in lei.

«Vieni, tesoro, entra» mi guida in casa fino al salotto. È una stanza grande, con le scale in fondo a destra e una doppia porta che dà su una cucina luminosa con una grandissima finestra. È tutto pulito e il divano al centro della stanza è azzurro, come doveva essere una volta il nostro. Libri e fotografie sono sistemati sugli scaffali a muro e la metà di cucina che riesco a vedere è piena di piante. Mia madre ha sempre avuto il pollice verde.

Osservo le foto mentre lei va a riporre non so dove i soldi che le do. Saranno una decina di cornici, ma io, John e Logan appariamo solo due volte. Mio padre non si vede da nessuna parte.

«Ciao» dice una voce alle mie spalle. Mi volto verso mio fratello, che sta fermo ai piedi delle scale. È come guardare uno sconosciuto, qualcuno che prima era parte di me e ora non c'è più. Sembra essere così lontano da me, anche più lontano di Steven. Io e questo ragazzino non apparteniamo allo stesso universo. In dieci anni non mi ricorderò nemmeno che fa parte della mia famiglia, né lui si ricorderà di me.

Mi somiglia, però. Mi dispiace per lui. Abbiamo gli stessi capelli castani, che lui porta tirati su come uno della San Christopher, e lo stesso naso a patata. Ma al mio abbigliamento stravagante lui ha sostituito una camicia pulita e stirata e un paio di jeans azzurri. Ha messo gli occhiali.

«Ciao, Alex» lo saluto con la mano, ma mi rendo conto che ormai ha dodici anni. Non sembra gran che, ma io avevo due anni in più di lui quando mia madre mi ha lasciato e ho dovuto imparare a gestire una casa. Mi chiedo se lui si ricordi la mattina in cui, mentre mio padre dormiva, se ne sono andati di nascosto lasciando un biglietto, e le successive lunghe telefonate tra i nostri genitori per gestire il divorzio. Io me le ricordo, e ricordo anche le sberle che mio padre ci dispensava quando gli davamo sui nervi. Ricordo i lividi e il male che facevano. Lui probabilmente si ricorda le carezze di nostra madre. Mi rendo conto che, anche se non voglio, un po' lo odio.

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