Capitolo 50. Ryss

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In genere io detesto i cambiamenti. Non mi è mai piaciuto cambiare anno scolastico, per esempio. Ho passato la vita ad odiare gli inizi della scuola e i cambiamenti che comportavano: nuovi compagni di classe in alcuni, se non tutti, i corsi, nuovi orari e la possibilità che Steven, il mio unico amico, si facesse degli altri amici e mi abbandonasse, cosa che poi è successa. Tornare a scuola era un incubo. Quale novità avrebbe avuto la professoressa Bailey per le sue ore di chimica? Quale novità avrebbe travolto la mia routine? Quale nuova tortura avrebbe trovato Anthony per me o per chiunque altro?

Con Bodie le cose sono state diverse: ci siamo conosciuti in un momento che per me era già di cambiamento e noi abbiamo continuato a cambiare. Non siamo più i ragazzi che si sono incontrati alla banda e che si sono conosciuti nell'infermeria della scuola, loro due sono una reminiscenza del passato, qualcosa che eravamo e ora siamo solo in parte.

Però quest'ultimo cambiamento mi piace meno. Io e Bodie ci trasferiamo, perché questo monolocale sta diventando troppo piccolo e noi stiamo diventando troppo grandi, troppo ingombranti. Anche se so che dobbiamo, non voglio andarmene, non voglio abbandonare il parco giochi qui di fronte, il parcheggio sempre pieno di gente che chiacchiera, il bagno con la mattonella smontabile.

Non ci mettiamo molto a impacchettare la nostra roba, non abbiamo quasi nulla. Scendiamo le scale, con le nostre due borse e un'altra valigia che ci siamo divisi, e salutiamo la proprietaria, poi mettiamo tutto in auto. È agosto, è appena stato il mio compleanno. Vent'anni. Con la fine della scuola, poi il tour, la morte del padre di Bodie, il tempo sembra davvero volato. Fra un anno potrò bere legalmente.

È caldo, ma stamattina in fondo si sta quasi bene. Il cielo è luminoso, tira un po' di vento e sarebbe tutto fantastico se non stessi abbandonando per sempre casa mia.

«Pronto?» chiede Bodie chiudendosi dietro lo sportello della macchina e mettendosi al volante. Annuisco, perchè non sono sicuro abbastanza da dire di sì ad alta voce, e mi allaccio la cintura.

Partiamo, lasciandoci dietro il parcheggio e poi anche il parco giochi, stamattina quasi vuoto. Non andremo a stare troppo lontani l'uno dall'altro: io ho preso in affitto un appartamento in centro, Bodie uno qualche isolato dopo, più vicino alla San Christopher. Abbiamo scelto due posti che siano circa a metà strada tra casa di mio padre e la San Christopher, ma questo non basta per farmi piacere il nuovo posto.

Però io parto prevenuto, perché nessun posto sarà mai bello come casa nostra. In più, devo viverci da solo: devo pagare le bollette, pulire tutte le stanze, cucinare, fare tutto senza nessun aiuto. Quando ero a casa con mio padre era più o meno lo stesso, ma ora sembra diverso.

«Tu sei sicuro di voler vivere completamente da solo?» domando dopo un po', mentre guidiamo verso casa mia.

«Beh, mi piaceva vivere con te. Ma credo che potremmo provare a vivere da soli» sorride e poi gli scappa da ridere. «Male che va, uno dei due rompe il contratto d'affitto e va a vivere dall'altro».

Lo dice come se fosse una cosa ridicola, quasi impossibile, ma a me non sembra un'opzione così lontana dalla realtà.

Il mio appartamento non è così male, quando ci arriviamo. È al secondo piano di un edificio che si affaccia su una stradina tranquilla e abbastanza vicino ad un supermercato e ad un vecchio cinema in cui ricordo che ci portavano quando andavo alle elementari.

È piccolo: una piccola sala con un cucinotto nell'angolo, una camera da letto con un letto matrimoniale e un bagno. Tutto quello che mi serve. È abbastanza pulito e le pareti bianche danno luminosità alle stanze; il tavolo ha una cerata a quadretti gialli e il divano azzurro mi ricorda casa. In fondo, è meglio di quel che mi aspettavo. Bodie porta su la valigia, da cui io prendo la mia roba. Sembra davvero poca roba per un posto così grande – sicuramente più grande di quello che avevamo prima.

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