CAPITOLO 23

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"Lou?" chiese Harry, preoccupato. L'altro prese a tormentare nervosamente il lembo di un lenzuolo, senza rispondere. "Che succede?" decide si insistere il più giovane, sentendo un peso sullo stomaco nel vederlo così turbato. "Niente, Harry, solo" la voce di Louis era così bassa che l'altro si avvicinò per poterlo ascoltare. "Sto solo pensando che non potrò lavorare per diversi giorni" confessò a bassa voce, scrollando poi la testa come se non riuscisse più a trattenersi: "Come cazzo faccio? Devo pagare Megane e l'affitto e mi servono dei vestiti nuovi per Miki". "V-vuoi, voglio dire potrei" balbettò Harry, in imbarazzo: "Posso aiutarti?". Louis sollevò la testa di scatto e solo allora l'altro si accorse che aveva gli occhi lucidi. Ma la sua espressione cambiò repentinamente, lo sguardo freddo ed il tono distaccato: "No, me la caverò da solo". Qualcosa nel suo atteggiamento impedì ad Harry di insistere, così si limitò ad annuire e si voltò per andarsene ma deciso a lasciarlo in termini più cordiali. Tentò un sorriso: "Allora, vado", si grattò la testa in leggero imbarazzo: "Se dovesse servirti qualcosa, chiamami, ok?". Louis si rilassò e cambiò atteggiamento: "Non dovrebbe essere il contrario, tesoro?", Harry quasi scoppiò a ridere riconoscendo il tono che usava in un contesto decisamente diverso. Con aria colpevole, Louis gli sorrise: "Scusa, sono stato brusco. Voglio essere indipendente, odio venir trattato con condiscendenza o che si provi pena per me". "Lo capisco" gli concesse Harry, avviandosi verso la porta. "Mi inventerò qualcosa, lo faccio sempre" gli disse Louis, in tono sicuro. All'espressione corrugata dell'altro, fece una risatina amara: "Mi sono inventato un lavoro, no? Offro un servizio diverso dalle altre puttane". Harry si irrigidì, scuotendo la testa: "Non definirti in quel modo", serrò la mascella visibilmente irritato. Ma Louis era tranquillo: "Sono solo parole, dolcezza. Se devo fare la puttana per mantenere me e mio figlio, almeno lo faccio con dignità. I miei clienti sono brave persone, come te", sussurrò le ultime due parole ed Harry si sentì arrossire come un perfetto idiota. "Ma" ribatté il minore, incapace di fermarsi: "Non capisco, ci sono sicuramente altri lavori". "Oh, un sacco di lavori" rispose ironico Louis: "Soprattutto, per uno come me. Sai, quanti prendono a lavorare una persona con una malattia incurabile che potrebbe morire dissanguata, per una stronzata?", aveva alzato la voce che suonava stridula: "Quanti? Ti rispondo io: nessuno. Sono un rischio che nessuno vuole correre, un cazzo di disabile incapace". "Louis!" Harry si ritrovò ad alzare la voce a sua volta, ma il giovane nel letto sembrava essersi già calmato. "Scusa, tesoro" si affrettò a dirgli: "Non volevo fare l'isterico, non mi sento bene, sono tanto debole e mi manca mio figlio". Harry, senza esitare, raggiunse il letto con due lunghe falcate e lo abbracciò: "Non preoccuparti, amore", usò lo stesso tono eccessivamente dolce, tipico di Louis quando lavorava, scherzando per stemperare la tensione: "Ma per farti perdonare, appena starai meglio sarò il primo a venire da te. In tutti i sensi". Louis ridacchiò, strusciando il viso contro la spalla dell'altro.

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