32. GRIGIO ARGENTO
Fa male, cazzo.
È l'unica cosa che noto mentre sprofondo in ginocchio davanti al cumulo di terra appena ammassato. Appena usciti dalla sala di addestramento, ho chiesto alla Granger di portarmi qui. Era una visita attesa da tempo.
Siamo in un prato pianeggiante vicino al boschetto in cui nascondiamo le nostre Passaporta di Ritorno. Non è un posto adeguato per una tomba, ma l'area circostante è piacevolmente tranquilla e verde, o almeno quello che riesco ancora a vedere nel crepuscolo.
Sta piovigginando leggermente. I miei pantaloni cargo sono già inzuppati alle ginocchia, ma non li sento quasi. C'è qualcos'altro che compensa questo inconveniente. Una mano delicata sul mio collo. Appena sotto l'attaccatura dei capelli. La mano è calma e calda. Il suo pollice strofina cerchi consolatori sulla mia pelle.
Sono quasi certo che mi sfugga una lacrima, ma grazie al tempo non fa molta differenza. Non sento nemmeno il bisogno di asciugarla. Creevey se lo merita. Era un bravo ragazzo.
Dopo qualche minuto sospiro e mi alzo in piedi. Alzo la bacchetta e faccio spuntare alcuni mughetti dalla terra smossa. Fa ancora troppo freddo per i fiori primaverili e molto probabilmente moriranno congelati nelle prossime notti, ma questo non ha molta importanza. Posso tornare qui ed evocarli quando ne ho voglia.
"Andiamo", dico a bassa voce alla Granger.
"Stai bene?", sussurra lei.
Si avvicina al mio fianco e mi guarda, con una preoccupazione chiaramente visibile sul suo volto.
"Sto bene", rispondo annuendo.
"Bene, allora".
La sua mano afferra la mia. È una sensazione sconosciuta. Una sensazione allarmante e piacevole. Intreccio delicatamente le nostre dita e la tiro verso di me prima che attivi la nostra Passaporta.
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Il percorso dal tetto alle stanze da letto della Granger è un turbinio di colori e suoni. I ribelli che ci incrociano nei corridoi sotterranei ci guardano tutti in modo strano, forse perché siamo ancora in tenuta da combattimento e completamente zuppi, oppure perché la Granger non mi ha mai lasciato la mano da quando abbiamo lasciato il prato. Né sul tetto, né nell'ascensore, né nel centro di comando vuoto, né nell'atrio, né nelle gallerie.
Non si stacca da me finché non raggiungiamo la sua stanza, e solo per chiudere la porta dietro di noi e lanciare un incantesimo di chiusura. Una volta terminato, appoggia con cura la bacchetta sulla scrivania e si volta lentamente verso di me.
Per abitudine, infilo le mani in tasca quando si alza in punta di piedi per baciarmi. Mi avvolge le braccia intorno al collo e si stringe a me. Le sue labbra sono così dannatamente morbide. Non so come ho fatto a sopravvivere per due settimane senza baciarla.
Quando si stacca dopo qualche secondo, ringhio per la frustrazione, ma lei mi mette un dito sulle labbra, impedendomi di protestare.
"Voglio che tu mi tocchi", mormora, sembrando quasi... timida?
"Granger, non devi..."
"Lo so", risponde lei con fermezza. "Ma lo voglio".
Cerco sul suo viso i segni del panico che ho visto la prima volta che mi ha afferrato la mano nella sala di addestramento, ma non c'è nulla. Solo occhi marroni e fiduciosi. Una sensazione di calore si diffonde nel mio petto quando me ne rendo conto.
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EXIT - Traduzione
FanfictionDraco passa alla Resistenza. Il suo Marchio Nero è sparito, rinuncia all'Occlumanzia, la morte diminuisce. E i misteri lo intrigano. La Granger è un tale mistero. Un mistero oscuro, magnifico, impressionante. [Wartime AU, Sette anni dopo la battagli...