VIII

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Mario aveva raggiunto la stanza in fondo al corridoio camminando velocemente, non curandosi troppo del rumore dei suoi passi che squarciava il silenzio della notte. Sapeva che entrambi i genitori in realtà non avrebbero preso sonno prima dell'alba, complici forse le discussioni degli ultimi tempi. Mario però immaginò che in realtà, a provocare così tanti problemi, fossero piuttosto le parole non dette. Non sapeva con certezza che cosa Antonia e Raimondo avessero nascosto, e perché proprio in quel preciso momento avessero deciso di fare venire tutto a galla. Si ritrovò a pensare da egoista, mentre lasciava che la porta della stanza si chiudesse con un tonfo sordo, che non avrebbe potuto dividere quel peso con Lorenzo. Il fratello partito da qualche settimana, sarebbe stato ignaro di tutto, almeno da parte di entrambi i genitori. Certo, non sarebbe stato Mario a raccontare tutto, anche perché sapeva che il maggiore non avrebbe potuto comunque leggere nessuna lettera.

La stanza era immersa nell'oscurità della notte, e Mario si spogliò velocemente prima di raggiungere il vecchio letto. Il materasso era quello di sempre, ormai da anni le molle parevano essersi consumate del tutto, tanto che il cigolio poteva essere udito ad ogni minimo spostamento. Ma Mario, in fondo, si era sempre ritenuto fortunato. Aveva almeno un tetto sopra la testa, un letto piuttosto comodo per riposare e un piatto di pasta a tavola. Dai racconti di Antonia sapeva che entrambi i genitori avevano dovuto partire la fame, prima di arrivare ad avere una certa stabilità. Nonostante non potessero permettersi grandi spese, avevano da sempre fatto di tutto per accontentare entrambi i figli, e Mario per questo sarebbe stato per sempre grato ad entrambi.

Adesso la luce fioca illuminava in parte il viso del ragazzo, che come ogni notte aveva dimenticato di chiudere completamente la finestra. Non si sarebbe alzato un'altra volta soltanto per compiere quella precisa azione, pensò come sempre prima di prendere sonno.
Eppure avrebbe voluto tanto voltarsi dal lato opposto come sempre e chiudere gli occhi, abbandonarsi al sonno. Non gli sarebbe stato possibile, tanti erano i pensieri che albergavano nella sua testa. Per la prima volta la vita gli aveva concesso di vedere una parte di Raimondo che per anni non aveva osato nemmeno immaginare, ignorava completamente la sua esistenza in favore di considerare l'uomo come un individuo dal cuore di pietra. Eppure il padre aveva dimostrato quella sera che i suoi sentimenti si discostavano totalmente da quello che Mario aveva sempre classificato come indifferenza. Sapeva poco e niente su quella che era stata la vita prima dell'arrivo suo e del fratello, di base, l'unica cosa che gli era stato concesso di conoscere era che entrambi i genitori avevano deciso di comune accordo di trasferirsi a Cagliari. Entrambi avevano abbandonato quello che era il loro porto sicuro, per cercare la fortuna che avrebbero potuto trovare soltanto da tutt'altra parte.

Si voltò nuovamente nel letto, tornando ad osservare la finestra, portandosi il lenzuolo e la coperta sgualcita fin sopra la testa dai capelli scompigliati. Ecco, si disse, adesso pareva poter ascoltare meglio i suoi pensieri, coperto dal soffice strato delle stoffe; era un atteggiamento che si portava dentro da quando era soltanto un bambino. Spesso durante la notte si era ritrovato ad aver paura dell'oscurità che questa portava, tanto da immaginare che in fondo alla sua stanza spoglia ci fosse qualcuno pronto a fargli del male. Le paure con l'età si erano allontanati, i mostri immaginari che Mario credeva abitassero gli angoli più nascosti della sua camera da letto durante la notte, anche. Gli unici mostri che parevano non volersi allontanare mai, però, erano quelli più brutti, e paradossalmente visibili. Era sicuro che dentro alla sua famiglia ci fosse qualcosa di diverso, da sempre aveva dovuto convivere con la strana sensazione di vivere in una continua recita. Soltanto lui, forse, non era stato mai messo al corrente del copione da seguire. L'improvvisa scomparsa della zia aveva probabilmente portato entrambi i genitori a dover prendere una decisione repentina, e piuttosto che tamponare come si era sempre fatto, avevano forse compreso che era arrivato il tempo di cambiare strategia. La verità non si sarebbe potuta nascondere per sempre, aveva immaginato Mario, proprio in quel momento in cui avvolto dalle coperte e dal buio della stanza, i leggeri brividi di freddo si facevano strada sulle sue gambe nude.

E improvvisamente, senza essere al corrente di tutto quello che gli accadeva attorno, gli era stata indirettamente imposta una decisione che non sarebbe stato in grado di prendere altrimenti. Raimondo non aveva spiegato, ma la sua non sembrava una semplice richiesta, il suo sguardo aveva dato via tutta la sua paura e le sue suppliche che a parole non avrebbe mai potuto esprimere. Per sua natura, il capo famiglia era sempre stato schivo e taciturno, e le lacrime che gli avevano solcato il viso dai lineamenti fin troppo duri e fin troppo simili a quelli di Mario, erano riuscite nel loro intento. Qualcosa aveva colpito la barriera che Mario aveva costruito per anni attorno al cuore di fronte all'anziano genitore, e i silenzi che la reggevano erano stati improvvisamente spazzati via. Mario non poteva dire di non amare il silenzio, era da sempre stato il primo a trarne vantaggio, ad usarlo per rifugiarsi dentro di esso e sfuggire da situazioni che non avrebbe, in realtà, saputo come affrontare. Come se fosse un bandito, era scappato da quelle giornate difficili, alimentate dal fuoco degli sguardi rubati a persone che costituivano un nucleo familiare alquanto bizzarro; come se avesse veramente avuto fin da sempre un qualcosa da nascondere. Raimondo, in fondo, non era altro che un bandito come lui.

Sospirò rumorosamente, e prendendo a respirare sempre più in maniera affannosa si ritrovò a domandare a sé stesso di non piangere, perché le lacrime non lo avrebbero certamente aiutato nel prendere una decisione. Che cosa ne sarebbe stato della sua coscienza se avesse lasciato Antonia in balia degli eventi, da sola? Probabilmente si sarebbe condannato ad una vita di rimorsi e domande. Andare con lei ad Orgosolo lo avrebbe sicuramente portato a comprendere che cosa c'era che non andava dentro a tutta la sua storia, ci doveva essere per forza una parte di filo che non riusciva a collegare. Ma le domande erano tante, e tutte legittime secondo la sua modesta opinione: che cosa avrebbero trovato? la morte dell'anziana zia era stata soltanto un pretesto per trascinarlo per la prima volta dentro qualcosa di troppo grande? e, soprattutto, quanto dolore avrebbero dovuto sopportare? Perché di questo era certo, che il dolore lo avrebbero sicuramente incontrato; come se già non bastassero tutti i problemi che aveva. Improvvisamente decise che rimuginare ancora e ancora non lo avrebbe portato da nessuna parte, che soltanto accettando la sua condizione avrebbe potuto mettere finalmente un punto alla questione. Così facendo, oltretutto, avrebbe sicuramente trovato un modo anche per impegnare le sue giornate, che da quando Giovanni era partito parevano essersi svuotate. Sospirando nuovamente, si disse che avrebbe fatto meglio a parlare con la donna immediatamente, e senza pensarci troppo buttò le coperte che lo tenevano al caldo sul pavimento freddo.

Nell'alzarsi dal letto, questo scricchiolò sotto al suo peso, e i rumori della vecchia casa lo accompagnarono fino a quando non arrivò di fronte alla vecchia porta della stanza da letto. Questa era stata lasciata semi aperta, come ogni notte, e dal rumore del respiro regolare di Raimondo comprese che questo si era fortunatamente già addormentato; sarebbe stato più semplice parlarne solamente con Antonia. Non avrebbe potuto reggere un confronto con entrambi i genitori, non ancora almeno. Se solo Giovanni sapesse tutto quello che sta accadendo, da quando è andato via le cose sono capitolate. Pensò velocemente mentre spingendo piano la porta aspettò ancora qualche secondo prima di avvicinarsi alla figura minuta della donna, stesa dall'altro lato del letto, quello che dava verso il muro spoglio e dall'intonaco rovinato. Antonia respirava piano, e avvolta soltanto dalla sua camicia da notte bianca pareva ancora più piccola e magra, tanto che Mario nonostante l'oscurità poté distinguerne i lineamenti duri. Sollevò lo sguardo nuovamente verso il padre, per assicurarsi che questo dormisse ancora, e quando ne fu abbastanza certo, sollevò una mano e prese a picchiettare leggermente la spalla di Antonia. "Mà" la chiamò a voce bassa, sussurrando e temendo che potesse disturbare. Antonia si svegliò immediatamente, come presa da una scossa sollevò il capo dai capelli ancora stretti dentro ad una treccia, e Mario si accorse improvvisamente di non averla mai vista da quella prospettiva. Gli sembrò improvvisamente strana l'assenza del solito fazzoletto scuro.

"Mario" rispose la donna, ancora con voce assonnata, per poi portare immediatamente una mano a sollevare le coperte dal suo corpo magro, prima di tornare ad osservare il figlio minore. "Hai qualcosa?" domandò, e Mario scosse la testa, ma nel ricordare che questa non lo avrebbe potuto vedere per via dell'oscurità che gli avvolgeva mormorò "andiamo in cucina, ti devo parlare".

Mille miglia | Vol. IIDove le storie prendono vita. Scoprilo ora