XXI

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Sospirò nel buio della stanza, sentendo il freddo sorpassare la barriera del pesante maglione scuro. Da quando le temperature si erano fatte più basse, soprattutto nelle prime ore della notte, la piccola casa era diventata quasi più fredda dell'ambiente esterno stesso; Julia però non si era ancora abituata, a quel cambiamento drastico. Nonostante gli anni passati in quella abitazione, il suo corpo pareva non volersi dare pace di fronte al cambio radicale di stagione; suo padre diceva che anni prima non si stava in quel modo, che queste non potevano essere definite stagioni. Julia quando l'uomo parlava, quelle poche volte in cui lo sentiva di buon umore, lasciava che questo si esprimesse senza interruzioni; non lo avrebbe mai ammesso a voce alta, ma sentirlo raccontare anche il più insignificante degli aneddoti riguardanti la sua vita, la rendeva piena di gioia. Ormai l'uomo girava per casa come un fantasma, il duro lavoro pareva aver risucchiato dal suo fragile corpo tutta la forza necessaria per andare avanti, perciò anche gli occhi si erano fatti sempre più spenti. Julia gli ricordava verdi, quasi come smeraldi, capaci di mostrare sfumature nuove sotto alla luce del sole; l'uomo le raccontava sempre che lei aveva gli occhi della donna che l'aveva messa al mondo, che era sicuro che una parte di essa vivesse dentro la sua anima. Julia sua madre non l'aveva mai potuta incontrare, aveva abbandonato la Terra troppo presto, le aveva raccontato l'uomo. La ragazza non era riuscita però a trovare alcuna parte del suo corpo che potesse somigliare anche solo per poco, alla figura minuta del padre. Doveva aver preso tutto da lei, la donna che il padre non osava mai chiamare per nome, che l'aveva messa al mondo soltanto per poi lasciarla in balia della vita stessa, scomparendo nel nulla. Si era domandata più volte se la Terra l'avesse potuta inghiottire, se fosse scomparsa sotto alle radici degli alberi, oppure sotto alle rocce delle campagne; ma non aveva mai ottenuto una risposta soddisfacente, di fronte a quelle domande. Ma adesso non era il momento di piangere sul latte versato, si disse brevemente quando si scoprì gli occhi lucidi, ciò che Costantino le aveva raccontato tempo prima le batteva dentro le tempie come un martello.

Non era certo affare suo, ciò che Mario andava facendo della sua esistenza, ma Julia sentiva che qualcosa non stava andando per il verso giusto. Quando Costantino le aveva detto quelle parole, aveva sentito il petto lacerarsi, all'idea di poter perdere quella persona che ormai aveva imparato a considerare come un amico. In realtà lo faceva soltanto perché di amici, Julia, non ne aveva mai avuti; le veniva tremendamente facile legarsi alle altre persone quando queste le dimostravano anche la minima delle attenzioni. Ma era certa che con Mario non poteva essere così, quel ragazzo dagli occhi color miele l'aveva completamente stregata, eppure non conosceva niente di lui. Ciò che aveva saputo era arrivato sempre per vie traverse, mai dallo stesso, che aveva fatto di tutto per nascondersi; Mario era avvolto da un'aria misteriosa, e qualcosa dentro la ragazza le aveva fatto battere il cuore come mai prima. Certo, Julia di cotte ne aveva avute altre: c'era stato ad esempio quel ragazzetto che era solita incontrare sempre durante le prime ore del mattino, quando ancora bambina era costretta a seguire il padre ovunque andasse. Non aveva mai saputo il suo nome, non lo aveva mai conosciuto veramente, sapeva soltanto che frequentava lo stesso posto di lavoro dell'uomo, ma con le braccia ancora da bambino era costretto anch'esso a rendersi utile. Julia scosse leggermente la testa, si disse che con Mario era stato diverso, era sicura di aver avvertito qualcosa quando questo per la prima volta aveva posato il suo sguardo sul suo viso contornato dal fazzoletto di cotone scuro. Un lutto che Julia si era sempre domandata se valesse la pena di portare addosso, se veramente si sentisse in dovere di trascinare un dolore che sentiva tanto lontano. Adesso, che si ritrovava nuovamente da sola nella sua stanza, si convinse che fosse arrivato il momento di fare qualcosa, di darsi finalmente una scossa. Non voleva come sempre arrivare troppo tardi, non voleva aspettare un tempo che la vita non le avrebbe concesso, perciò si alzò con uno scatto dalla vecchia stuoia e raggiunse la porta.

Una volta arrivata nel corridoio buio, riuscì ad intravedere la figura del padre, seduto ancora sulla vecchia sedia di legno, l'unica che si poteva permettere di occupare. Julia lo guardò per qualche secondo, e notando la sua postura quasi storta ed il respiro regolare, si rese conto che l'uomo era caduto in un sonno veramente profondo. Decise di abbandonare l'abitazione senza svegliarlo, temendo che questo potesse poi faticare a riprendere sonno, in punta di piedi raggiunse il portone di legno. Una volta in strada sospirò, buttando fuori tutta l'aria che aveva nei polmoni, e si strinse immediatamente le braccia al petto mentre si allontanava, dannandosi per non aver preso almeno uno scialle. Le strade a quell'ora della notte erano deserte, soltanto il rumore del vento e quello prodotto dagli oggetti che questo spostava potevano accompagnarla nella sua camminata. Julia non aveva mai avuto troppa paura ad avventurarsi per le strade della città durante la notte, il padre le aveva sempre insegnato che non si doveva aver paura di niente, che quel sentimento l'avrebbe soltanto limitata. Eppure vedeva le ragazze della sua età, le poche che aveva potuto osservare da lontano sceglievano di ritirarsi nelle loro abitazioni già dalle prime ore della sera. Non l'avrebbe mai fatto, si disse mentre camminava a passo svelto seguendo la strada che ormai conosceva a memoria, non si sarebbe fatta portare via anche quella libertà. 

Mille miglia | Vol. IIDove le storie prendono vita. Scoprilo ora