XXV

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Quando Antonia quella mattina aveva abbandonato la stanza da letto che divideva con l'anziano marito, si era voltata leggermente verso la sua figura ancora rannicchiata tra le coperte. Adesso l'aria che arrivava dal porto si era fatta più fredda, all'interno della vecchia casa le mura parevano non trattenere alcun calore, se mai ne avessero avuto. Perché Antonia aveva acceso il fuoco dentro al piccolo camino già dalla sera prima, per provare a riscaldare l'ambiente, ma questo doveva essersi spento a causa del vento forte. Raimondo aveva soltanto sospirato, quella notte, quando spostando con una mano tremante la piccola tenda bianca aveva gettato uno sguardo veloce al mondo esterno. Ormai Antonia pareva essersi quasi del tutto dimenticata la voce dell'uomo, Raimondo era sempre stato un uomo particolarmente taciturno, già da ragazzino le parole non erano mai state il suo forte. Ricordava che la prima volta in cui lo aveva visto non aveva spiccicato parola, l'aveva soltanto osservata da lontano, come si faceva con le cose preziose. La donna sospirò leggermente, forse più del dovuto, ricordando quei tempi durante i quali aveva immaginato che la sua vita già non sarebbe stata come l'aveva ardentemente desiderata. Anche se desiderare non le piaceva, tutte le volte in cui le era capitato si era sentita debole, a tratti ingrata per la vita che il Signore le aveva donato; alla fine il desiderio aveva finito per renderla ancora più debole di quanto in realtà fosse. Adesso, ferma contro allo stipite di legno che cigolava sotto al minimo movimento, si era persa ad osservare Raimondo respirare piano. Non le capitava spesso di farlo, anzi, probabilmente non lo aveva fatto durante tutta la vita; non perché non provasse anche solo il minimo bene per l'uomo, ma perché tali manifestazioni d'affetto dentro a quel matrimonio non erano mai esistite. Antonia non sarebbe mai stata in grado di darne comunque, ed immaginava che nemmeno Raimondo avrebbe potuto farlo. Respirava piano mentre il corpo era ancora coperto dalle lenzuola bianche e dalle coperte sgualcite, il viso dalle labbra leggermente schiuse presentava nuove rughe che Antonia notò soltanto in quel preciso momento. Si domandò, lasciando definitivamente la stanza quella mattina, quanto tempo fosse passato dall'ultima volta in cui entrambi si erano fermati a guardarsi. Era sicura che il marito non lo facesse, poteva giurare che si era ormai nascosto dietro al muro della vergogna dopo tutto ciò che era accaduto, e che avesse completamente perso ciò che gli aveva legati per anni. Non poteva biasimarlo, forse la loro sorte non era mai stata quella di amarsi ed onorarsi a vicenda ma quella di servire entrambi nella fuga e nel dolore. 

La cucina era vuota, come l'aveva lasciata la sera prima, e quasi poteva sentire lo spostarsi dell'aria nel silenzio di tomba che riempiva la piccola stanza. Le stoviglie pulite erano sul tavolo, allineate ancora una dietro l'altra, sotto di esse il panno di cotone bianco aveva assorbito tutta l'acqua in eccesso. Adesso giaceva anch'esso schiacciato dal peso dei tegami, bagnato fradicio e freddo. Antonia faceva di tutto per tenere la casa ordinata, per non lasciare che i granelli di polvere fastidiosi si posassero anche solo per poco tempo sopra alla credenza che riempiva la cucina, oppure sopra ai comodini al piano superiore. La casa ordinata le avrebbe dato quel senso di pace che in realtà dentro di essa mancava da sempre, sarebbe stata un'altra illusione che Antonia avrebbe portato avanti silenziosamente. Le stanze vuote non le piacevano particolarmente, le ricordavano quelle della sua vecchia abitazione, quelle che era costretta a dividere con la sua vecchia famiglia. Antonia non odiava, dentro la sua anima quel sentimento non era mai esistito, ma poteva dire di essersi sentita soffocare all'interno di quell'ambiente, quasi se le fosse mancata improvvisamente l'aria. Come un colpo al petto, sentì improvvisamente il ragliare della bestia che aveva passato tutta la notte fuori dal vecchio portone, e si voltò immediatamente nella sua direzione. Non poteva vedere il mulo dalla finestra, ma immaginava che questo avesse iniziato a muoversi ed a ragliare per domandare del cibo che Antonia aveva, ma in pochissime quantità. Aveva lasciato il fieno che le era stato donato insieme all'animale dentro alla piccolissima stanza che fungeva da lavanderia, ad occupare la cesta che solitamente utilizzava per portare alla fontana i panni da lavare. Era l'unica abbastanza grande che possedeva, ed aveva preferito utilizzarla per non lasciare l'erba sul pavimento, che anche se grezzo si sporcava facilmente. Al sentirla ragliare nuovamente, raggiunse immediatamente la stanza, per recuperare il fieno e portarlo fuori.

Mille miglia | Vol. IIDove le storie prendono vita. Scoprilo ora