«Allora spero Lei non sia un insegnante, perché è l'ultimo a poter parlare di educazione.»
Trattiene un sorriso. «La speranza è l'ultima a morire, no?» Che vuol dire? Non può lasciarmi così, nel mistero. Eppure se ne va, con testa alta e spalle larg...
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“ Roma nun fa' la stupida stasera; damme 'na mano a faje di' de sì. ”
L a n d o F i o r i n i
CAPITOLO 31.
Bene. Ho visto da vicino il Colosseo, il Pantheon, la Fontana di Trevi e l'Arco di Costantino. È stata un'impresa, ma alla fine ci siamo riusciti. Ates parlava di altri monumenti, però non era un qualcosa di fattibile, anche perché avremmo terminato alle due di notte.
Roma è talmente bella che potrei rinunciare a New York, addirittura alla mia Chicago, e trasferirmi qui. Mi piace un sacco, è una città piena di colori. Non oso immaginare quanto stupenda sia l'intera Italia.
Ne sono consapevoli gli italiani? Forse non poi così tanto, per loro è normale vedere un azzurro così azzurro e un verde così... verde. Ma non per noi americani. Qui, in ogni posto, bisogna soffermarsi ad ammirare qualcosa. L'America è bella, sì, ma arrivati a un certo punto c'è soltanto asfalto infinito.
I romani passano di fronte al Colosseo e non si voltano neanche a guardarlo. Ne sono rimasta allibita. Io, fossi di questa città, non farei altro che visitare questi monumenti ogni singolo giorno. Certo, ho rischiato di inciampare in una fossa, però ne è valsa la pena.
La gente italiana, ad ogni modo, è parecchio gentile. Due ragazzi sono stati più che disponibili, e soprattutto pazienti, nel scattarci una foto di classe. No, Ates non è presente. Credo quell'uomo soffra di cistite: ogni mezz'ora, se non di meno, deve entrare nel bagno di qualche bar per urinare. È peggio di un cane.
E Smith ha parlato con quei ragazzi proprio mentre lui era impegnato a svuotarsi la vescica. Anche se, quando Ates è venuto a saperlo, non è affatto sembrato infastidito. Anzi, quando gli abbiamo fatto vedere le foto, ha sorriso.
«Come va?» chiedo, sedendomi sul letto, accanto a Darla.
Finisce di bere l'acqua dalla bottiglietta. «Sto bene, e tu?»
«Anch'io.» Circa. Sento che mi manca qualcosa e so benissimo cos'è. O meglio, chi è. Ma non ho idea di come sistemare tutto quanto e ho paura di sbagliare. In più, non voglio fare cazzate in un albergo che condivido con tutta la mia classe.
Piega la testa di lato, puntando i suoi occhi nei miei. «Ti piace ancora Beckër. Non è così?» L'ha capito. È davvero tanto evidente?
Yasmin e Tessa sono di sotto, fuori. Stanno parlando con un gruppo di ragazzi che è appena arrivato in hotel. «Probabile» mormoro.
«Non ho idea di cosa sia successo fra di voi...» Non la lascio continuare. «Lo amo. So che è sbagliato, ma è accaduto. E sto bene quando non penso a tutte le circostanze che ci impediscono di stare insieme. Sto bene quando sono sola con lui. Sto bene quando mi guarda, quando mi parla o semplicemente mi sfiora. Ma mi trascino dietro, sempre, anche la sofferenza. È una sofferenza che mi sta divorando, non avrei mai dovuto avvicinarmi a lui. Mai.»