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Il venerdì stava tornando ad essere un comune giorno della settimana per Jimin, non solamente "il giorno della terapia".

Non lo considerava più il suo momento di sfogo, l'unico frangente di tempo in cui poteva essere se stesso, ma bensì una chiacchierata franca, semplice. Non era più l'attimo di fuga dalla quotidianità, ma quello di resoconto di essa, come se stesse scrivendo un diario, e questo fu un enorme traguardo per lui.

Stava ricominciando a riacquisire le sue vecchie buone abitudini, o almeno era sulla buona strada: così gli aveva detto anche il suo psichiatra quel giorno, solo buone notizie aveva dato.

«Da lunedì può scalare la dose di un quarto di milligrammo, invece che prenderne due al giorno ne può assumere due e settantacinque, e tra due settimane possiamo passare a due e mezzo, le pare possa andare bene?»

Jimin annuì entusiasta «Certo!».

«Ottimo, allora le faccio la prescrizione, in questo modo potrà smettere di assumere il farmaco tra circa cinque mesi, in modo che il suo organismo non ne risenta e in modo da evitare ricadute» scrisse tutto nel documento, e poi chiuse il fascicolo, riponendolo sulla scrivania.

Intanto l'omega si era infilato il suo cappotto beige, e, sorridente, salutò il medico, dirigendosi a casa propria, dove lo aspettava la sua famiglia.
Fece tutto il tragitto con un'espressione di puro godimento, era arrivato davvero il momento di stare bene, e non poteva esserne più contento.

Infatti, non appena arrivò dentro le mura del suo appartamento, venne colto da un tepore familiare, quello stesso tepore che gli portava il corpo di Yoongi, con la differenza che quest'ultimo non si era fatto vedere, bensì sentire: «Vai patato, vediamo se arrivi da papà».

Così Jimin si sporse verso il salone, dove Haesoo stava gattonando verso di lui, con il suo genitore dietro, che con sguardo vigile osservava.
L'omega si sfilò le scarpe in velocità, lanciandole alla rinfusa e facendo lo stesso col cappotto, mentre i suoi occhi si riempirono di lacrime: suo figlio aveva imparato a gattonare.

Si scagliò nella sua direzione, e lo prese in braccio mentre le sue guance di bagnavano «Oh mio Dio! Amore mio, sei bravissimo, stai crescendo così in fretta» e si mise definitivamente a piangere, stringendo in un caldo abbraccio il proprio bambino, il quale rise e disse "papà! Io coe papà!".

Allora Jimin scosse la testa «No amore, tu molto meglio di papà, papà Jimin voleva sempre venire portato in braccio, papà Yoon è sempre stato pigro».

«Hey! -si intromise il maggiore, afferrandolo per un fianco e baciandogli la tempia- papà Yoon ha sempre amato le superfici morbide, è diverso»

Il biondo rise tra le lacrime di gioia «Certo, raccontatela pure, tua madre mi ha raccontato com'eri» e poi lo baciò sulle labbra, come ormai era loro abitudine da una settimana e mezza a quella parte, precisamente dal loro piccolo ritiro in montagna, dove si erano chiariti e innamorati per la milionesima volta.

«Volevamo farti una sorpresa, ci siamo allenati molto, sai? Dal divano al camino, dal camino al divano tredici volte, con Holly che ci fissava» confessò, e il compagno si sciolse dalla tenerezza: «Ben fatto, coach, stiamo crescendo un piccolo atleta».

Si misero nuovamente in salotto, e, mentre Yoongi era seduto sul divano, Jimin invogliava il figlio a gattonare, e per quasi mezz'ora non fecero altro, fermandosi solo quando il telefono del maggiore squillò, rivelando una chiamata da parte della madre.

«Che faccio? Rispondo? Da quando abbiamo detto ai nostri che siamo, circa, tornati assieme mi scrive ogni giorno di starti vicino, non la reggo più» si lamentò, ricevendo un "cretino" da parte del compagno, il quale rispose per lui.

𝘚𝘦𝘦𝘴𝘢𝘸  || 𝘠𝘰𝘰𝘯𝘮𝘪𝘯Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora