Capitolo 4

82 1 0
                                    

KYLA

Centellino gocce di dolore, trasparente è la sofferenza che si posa sul cuscino fatto di un opprimente notte dove lo scroscio incessante della tempesta implode in un boato che mi devasta il cuore.

I fulmini saettano attraverso la finestra della mia camera, stringo tra le dita il lenzuolo e serro gli occhi allontanando dalla mia mente il ricordo che mi lincia il cuore.
Il rumore della pioggia è una croce che mi condanna, i carnefici del mio passato vengono a farmi visita, il cuore esagitato cerca di vincere la paura, cerco di contrastare questo tempo senza sosta, senza sogni, senza l'unica persona che riuscirebbe a placare questo tumulto interiore.

Provo ad essere forte, voglio farlo non per me, ma per Alek, per il nostro amore.
Nonostante mi sforzi la pioggia è un lupo che mi divora.
Nell'oscurità s'addensa con il pianto, il vento è un bisbiglio che mi sussurra nelle orecchie raccapriccianti ansimi.
La tempesta stanotte ha deciso di donarmi un perfido bacio della buonanotte, lasciando che la mia anima si perdi in una burrasca senza stelle, sopprimo i singhiozzi e prego che l'alba giungi il prima possibile.

Raccolgo le lacrime che si smarriscono nei ricordi agonizzanti, negli occhi scintilla una spietata paura, ansiti esterrefatti si perdono nella notte nera e il cappio mi stringe al collo impedendo ai polmoni di colmarsi d'aria.
Soffoco nei silenzi, il dolore è un male fisico, acuto, insopportabile, ma quando giungo verso il margine della sopportazione il cielo decide di schiarirsi, la pioggia diviene un eco che rabbonisce il cuore, a poco a poco i battiti si regolarizzano e il respiro ritorna stabile.
La pioggia ha dissetato la terra, ma ha assetato di mestizia il mio animo malinconico.

La notte è ritornata ad essere un cruccio implacabile, durante la giornata il tempo defluisce, ma la notte, la notte le lancette dell'orgoglio si accaniscono contro di me.
Si dice che la notte porti consiglio, ma a me porta solo afflizione, i pensieri ricadono sempre verso ciò che ho perso, chi ho perso.

Sono passati ormai cinque mesi e il destino ci tiene ancora divisi, non so per quanto riuscirò a sopportare la sua lontananza, e per quanto tenti di andare avanti la mia esistenza resta sempre bloccata nel solito punto, ormai la mia non mi sembra neanche più una vita.
Sciabordo contro gli scogli che mi hanno rinchiuso come una muraglia che m'imprigiona, sono stata in gabbia per nove mesi in un lercio club, e ora mi sento intrappolata in me stessa.

Sono vittima della mia mente, del mio cuore e della mia anima che non riesce ad affrontare quest'ultima difficoltà che il fato ha deciso di regalarmi.
Dal mio letto osservo il cielo che si allarga mostrandomi le stelle, una di essa cade ed esprimo un desiderio, che spero si avveri il prima possibile.
Mi rannicchio in me stessa, i pensieri incominciano a divenire stancanti, sento la testa leggera, le palpebre pesanti e in pochi istanti precipito nelle braccia del Signore del sonno.

Cammino al confine tra sonno e veglia, un riflesso d'azzurro mi colpisce le iridi, soffusa è la luce che entra nella mia camera, piano mi stiracchio i muscoli, il silenzio mi fischia nei timpani, mi strofino gli occhi e appoggio i piedi sul pavimento.
Un lamento doloroso mi abbandona le labbra increspate dal sonno, calo lo sguardo verso il basso e il pavimento è ricolmo di aghi di pino.
D'improvviso le tenebre ricadono sul mondo, la porta della mia camera si spalanca lasciando che sobbalzi quando va a sbattere contro la parete.
Cerco di chiamare i miei genitori ma la voce si attacca contro le pareti dell'esofago, fletto il capo in avanti e guardo fuori dalla porta, tutto è cupo una raduna d'ansia si para dinanzi ai miei occhi.
Il cuore picchietta nello sterno, e anche se non vorrei qualcosa dentro di me mi esorta ad affrontare la paura, tremula m'isso dal letto, calpesto gli aghi di pino che lasciano sanguinare le piante dei piedi. Malgrado il dolore continuo per la mia strada, la casa tace e trepidante avanzo verso il piano di sotto.
Ad un tratto tutto cambia, le pareti si tingono di un altro colore, guardo verso i miei piedi e il sentiero spinoso diviene un lussuoso pavimento di marmo, un pavimento a me familiare. Svolazzo il capo in alto e mi rendo conto di essere nella casa dei Sokolov, le iridi vengono attratte dalla luce che inizia a risplendere attraverso le grosse vetrate di questa meravigliosa dimora.
L'aria intorno si alleggerisce, il cuore smette di battere di paura e inizia a sussultare di felicità, tento di proferire parola e stavolta la voce viene fuori come una dolce melodia.

Kpokyc 2 (Croco)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora