(SOR)RISO E NOTE N.4

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"It's been good to know you"

"Puoi sederti lì". Matteo le indica con un dito il divano del soggiorno. Margherita si guarda intorno. La testa inizia a girare. Il fiato a mancare. Matteo le sfila il cappotto dalle spalle. Margherita tira fuori il taccuino. Lo stringe nervosamente tra le mani. "È il tuo preferito?". "Cosa?". "Lo metti sempre, è il tuo cappotto preferito?". "Io...si". "Margherita, non mi devi alcuna spiegazione e ti prego di non rispondere se chiedo qualcosa che non dovrei". "No, non hai sbagliato nulla, io...io non parlo di me ma questo lo sai già". "Oggi l'hai fatto". Margherita si perde negli occhi di Matteo. Matteo si sente uno stupido. Questo silenzio lo fa sentire uno stupido. "Non l'avrei dovuto dire, adesso probabilmente non lo farai più". Margherita sorride. Senza dire una parola si allontana. Mette un piede nel soggiorno. Cammina come se avesse paura di poter cadere da un momento all'altro. O magari ha paura che un suo passo possa far crollare ciò che la circonda. Ciò che Margherita tocca si sgretola. Ciò che Margherita sfiora si rompe. Taccuino. Respiro e mi chiedo. Respiro e mi domando: Sono un pericolo per chi mi sta accanto? I loro occhi si spengono se guardano nei miei? Il loro cuore scricchiola sotto il peso del mio? Le loro labbra si serrano al rumore dei miei silenzi? Non è forse per questo che sto così? I miei occhi non si sono forse spenti dopo aver guardato nel loro riflesso? Il mio cuore non ha forse iniziato a scricchiolare per sorreggermi, per lasciarmi sopravvivere? Le mie labbra. Le mie labbra hanno sempre conosciuto il silenzio. Eppure oggi lo hanno fatto. Oggi hanno parlato. Si. Sono state loro a farlo, per quanto volessi fermarle. Pensano di conoscermi. Pensano di saper raccontare di me. Forse è così. D'altronde chi è Margherita? Loro hanno almeno una risposta. Io no. Rumore. Paura. Chiude il taccuino. "Marghe". Matteo la chiama da un'altra stanza. Margherita arrossisce. Margherita avverte un brivido nel petto, in corrispondenza del cuore. Teme sia un attacco di panico. Spera che lo sia. Per sfuggire da queste mura, per sfuggire da queste sensazioni. Margherita respira. "Sono in cucina, se ti va puoi raggiungermi". La sua voce la riporta alla realtà. Un passo esitante. Un passo scomposto. Un passo tremante. Un passo dubbioso. Un passo insicuro. Ogni passo è Margherita. Soglia. Occhi. "Da quanto tempo vivi qui?". "In questa casa da due anni, ma sono nato qui, a Monza". "Perché hai deciso di tornare?". Matteo si ferma. "È come se non me ne fossi mai andato, non appena il Monza è tornato in serie A non ci ho pensato su nemmeno un secondo". "Mi piace". "Cosa?". "Questo tuo senso di appartenenza alla tua città, cambi espressione e voce quando ne parli". Matteo abbassa lo sguardo con un sorrisetto sulle labbra, continuando a cucinare. "Dove sei nata?". "Bologna". "Perché Monza?". "Frequentavo l'università a Milano ma non volevo vivere lì". Matteo fa una piccola risatina. "Cosa c'è da ridere?". "Nulla, stavo pensando che soltanto tu avresti potuto dire qualcosa del genere. Tu sei diversa Margherita, diversa in un modo speciale". "Preferirei non esserlo". "Perché?". "Perché sembra che nessuno riesca a capirmi". "Io riesco a farlo, almeno la maggior parte delle volte". "Perché anche tu sei diverso, altrimenti non saremmo qui". "Sei mai stata fidanzata?". Silenzio. Imbarazzo. Matteo si maledice per averlo detto. Matteo si maledice per aver lasciato che i suoi sentimenti prendessero il sopravvento su di lui. "No". Margherita si appoggia con la schiena al muro dietro di lei. "Strano". "Lo so, alla mia età sono praticamente già tutti sposati e invece io devo ancora innamorarmi per la prima volta". "No, non intendevo questo, il modo in cui ti comporti mi aveva fatto pensare che ci fosse stato qualcuno prima che mi incontrassi". "Il modo in cui mi comporto?". "Sembri aver paura di lasciarti andare, di sorridere, di provare qualcosa". "Perché è così". Margherita sussurra quella risposta. Margherita l'ha appena ammesso. L'ha detto ad alta voce. Ha ammesso di aver paura. Ha detto di aver paura. "Non devi averne, non con me". "Tu ti sei mai innamorato?". Margherita sposta l'attenzione da sé. "Adesso mi sembra di non esserlo mai stato davvero". "Come si capisce se si tratta di quello?". "Mi stai chiedendo seriamente come si capisce di essere innamorati?". Margherita annuisce, facendo un passo nella sua direzione. "Non ho una risposta, Margherita". "Ci deve essere qualcosa, qualcosa che te lo dice". "L'amore non è logica, mi piacerebbe poterti dare una spiegazione ma non è possibile". Matteo prende due piatti. "Non mi hai ancora dato una tua opinione sulla partita di oggi". "Non è importante quello che penso". "Per me lo è". Le fa segno di seguirlo. "Mi ha fatto ricordare quanto sia incredibile il calcio, non è solo uno sport, è vita, è felicità spontanea e genuina". Matteo ha appena trovato la risposta. Basta un attimo, una sola parola, un solo sguardo e tutto sembra cambiare. Il cuore corre, non vuole fermarsi. Matteo vorrebbe baciarla, ma si limita a sorridere. Non vuole spaventarla. Posa i due piatti sul tavolo. Si siedono. "Perché non scrivi un articolo sulla partita di oggi?". "No, io...". Margherita non sa che dire. "Provaci, ti prego". "Ci penserò, va bene?". Cenno. "Potresti fare pratica con me, potresti intervistarmi, venire alle mie partite e poi provare a scrivere qualcosa". "Matteo, io non posso darti una risposta adesso". "Va bene, non ti metto alcuna fretta". Occhi. Riso. "Ti sei mai resa conto che sorriso contiene la parola riso?". Sguardi. Risata.

Sorrisi||Matteo PessinaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora