TACCUINO

23 2 0
                                    

"Per guardarsi nello specchio mise l'abito migliore
Perché fosse più elegante il suo dolore"

"Non avevo mai visto un sorriso come il suo. C'era qualcosa nei suoi occhi, una luce, una luce che io so di poter soltanto rovinare. Lui non lo sa. Lui non sa che ciò che ha visto in me probabilmente non esiste, lui non sa che il vuoto dei miei occhi non può compensarsi con la luce dei suoi."..."Io sono trasparente. Ma non per lui. Io sono un'ombra per tutti coloro che mi siano passati accanto. Ma non per Matteo."..."Non si può desiderare qualcosa che non esiste, dovrebbe saperlo. Margherita non esiste. Io non so chi sia Margherita, non più."..."Perché ho lasciato che vedesse qualcosa in me? Io non sono nulla e ho paura, ho paura che quel nulla che vedo io non corrisponda a ciò che abbia visto lui."..."Ho paura che, pur non essendosene reso conto, Matteo abbia tra le mani quel pezzo mancante, ho la dannata paura di aver bisogno di lui. Non avevo mai provato nulla del genere. Non avevo mai permesso che il mio cuore provasse questo tipo di emozioni. Non avevo mai incontrato qualcuno come lui prima d'ora. Matteo dal cuore innocente, dagli occhi sognanti e dal sorriso grande."..."Io non posso essere ciò che lui desidera, io non posso essere ciò che lui merita, io non posso essere, ma lui sembra non accorgersene, lui sembra non volerlo vedere, nonostante nei miei occhi siano nascoste anche queste parole."..."Guance rosse. Voglia di sprofondare. I suoi occhi sono come i tuoi. Pieni di speranza. Sono soltanto più grandi, i suoi sogni sembrano starci perfettamente. Non lo sa. Non sa quanto mi costi occupare questo posto."..."Matteo rientra in campo. Con la spensieratezza di un bambino. Forse è lui l'aspetto positivo di cui parlava."..."Ho lasciato qualcosa di me. Me ne sono resa conto solamente adesso. Ho lasciato qualcosa di me nelle sue mani, nei suoi occhi, sulle sue labbra. Sono tornata a scrivere. Tornata a scrivere qualcosa di sensato. Ho scritto per lui. Volevo davvero che lo leggesse."..."Lui è l'unico che ho lasciato entrare. Che ho lasciato entrare dentro di me. Nel mio labirinto."..."Lui riesce a vedere oltre. Vedere oltre me, vedere oltre ciò che lo circonda. Lui riesce a vedere dentro me. Sento di essere completamente nuda davanti a lui. Spogliata dei miei mille travestimenti. Non esiste maschera che possa convincerlo che io non sia quello che vede, quello che sa. Io non vedo niente di buono, niente di cui potersi innamorare. Ma lui vede oltre, lì dove il mio sguardo non può arrivare."..."Io vivo. Vivo quando le mie labbra toccano le sue. Vivo quando osservo il suo sorriso."..."Io sono. Sono qualcuno. Davanti al suo sguardo sono qualcuno. Lui mi vede. Mi vede davvero. Lui mi sfiora. Lui mi bacia. Io respiro, sorrido, scrivo. Sono tornata a farlo da quando nelle mie giornate ha fatto capolino il suo sorriso contagioso. Io sono soltanto per lui. Soltanto con lui."..."Io non posso amare. Il mio cuore non può farlo. Non finché sarà ridotto in questo stato. Io non posso vivere attraverso lui. Io non posso semplicemente riflettere la sua luce. Voglio essere parte di me, non il riflesso di qualcun altro."..."Sono in trappola. Una trappola che ho costruito con le mie stesse mani. Come se non mi accorgessi che avrebbe impedito a Matteo di avvicinarsi. Sono sicura che lui, pur di non perdermi, vi si imprigionerebbe con me. Ma questa non è la sua gabbia. È la mia."..."Ma il mio cuore si fida di te. Il mio corpo si fida te. Io mi fido di te. Ma non di me. Non mi fido della mia instabilità. Non mi fido della mia insicurezza. Non mi fido della mia fragilità. Non mi fido dei miei fantasmi. Non dovresti farlo nemmeno tu. Nessuno mi ha mai avuto, nessuno tranne te."..."Ti lascio il mio cuore tra le mani."

Matteo legge e rilegge. Si perde in quel mare di parole. In quella tempesta di pensieri. Matteo nella testa di Margherita. Matteo tra le insicurezze di Margherita. Taccuino fra le mani. Matteo sa che non avrebbe dovuto farlo. Matteo sa di star commettendo l'ennesimo errore. L'ha già persa, non può farlo una seconda volta. Continua a ripeterlo negli intervalli fra i suoi respiri irregolari. Margherita non tornerà, non lo cercherà. Margherita scomparirà, così come desidera fare. La certezza di queste conclusioni lo immobilizza. Notte. Nero di una camera. Nero di due pupille. Matteo non chiude occhio. Pensa a Margherita. Spegnere la mente, le emozioni, lui non è mai stato capace di farlo. Intrappolato. Innamorato. Si maledice. Maledice il suo cuore. Il suo sorriso. La sua istintività. La sua genuinità. Per la prima volta sente la paura stringere il suo corpo. Matteo ha paura. Paura dell'amore. Del loro amore. Ha paura di averlo perso. Di non averlo mai avuto. Ha paura che nessuno, nemmeno lui, potrà spegnere le voci che continuano a tormentare Margherita. Ha paura che ci sia altro. Altro oltre quei pensieri, altro oltre quelle parole. Qualcosa di più profondo, qualcosa di nascosto. Qualcosa che Matteo non conoscerà mai, che non cancellerà mai. Matteo non lo sapeva. Non lo sapeva prima, non lo sa ora. Non sapeva quanta tristezza poteva celarsi tra quegli spazi, quanto in profondità Margherita fosse andata prima di incontrarlo. Matteo non lo vedeva. Matteo non lo sentiva. Matteo non lo ascoltava. I suoi occhi, il suo cuore, le sue orecchie si stavano innamorando di lei, non vedevano, non sentivano, non ascoltavano nient'altro. Si mette seduto. Sospiro. Ha bisogno di parlarne con qualcuno. Non può fingere di capire come sia andata a finire. Matteo parla e Margherita resta in silenzio. Matteo pensa, pensa a lei e Margherita dimentica, prova a farlo. Distanti. Telefono. Ma... Marghe. Si ferma non appena legge il suo nome nell'elenco. Per un attimo pensa di chiamarla. Abbassa lo sguardo. Manuel. Chiamata. 03:47. Inaspettatamente risponde. 

Ehi, Matte, tutto bene?

Manuel, ho bisogno di parlarti

Adesso? Che succede?

È complicato spiegarlo parlando al telefono

Matte, sono a Torino e tu sei a Monza e vorrei ricordarti anche che sono le quattro di notte, se mi hai trovato sveglio è solo grazie a Theo

Posso venire lì?

Io...certo, sai che ci sono sempre per te

Bene, grazie davvero, ci vediamo tra due ore

Va bene, tanto penso che io e Theo ne avremmo ancora per un po'

Si alza. Mette le scarpe. Afferra il taccuino. Cappotto. Chiavi. Si guarda intorno per qualche istante. Non riconosce casa sua, non sotto quella luce. Si volta. Porta. Maniglia. Corridoio. Corre. Matteo corre. Come se il tempo potesse cancellare ogni traccia di Margherita. Ogni traccia degli istanti condivisi. Non sa cosa gli stia accadendo. 04:02. Macchina. Monza. Strada. Attimi interminabili. Attimi silenziosi. Attimi pensierosi. Passano i secondi, i minuti, le ore. Eppure Matteo è fermo. Il suo volto mantiene su la stessa espressione. 06:06. Torino. Sospiro. Scende dall'auto. Non guarda avanti. Sguardo basso. Citofono. Nero di due occhiaie. Scale. Porta. Manuel. Abbraccio. "Ehi, amico". Matteo entra senza dire una parola. Sembra non averne la forza. "Theo?". "Si è appena riaddormentato". "Gli hai detto che lo zio lo saluta?". "Si, sono sicuro che sarà felice di vederti qui". "Io...non sono dell'umore, Manuel, e non ho le forze necessarie per...". Frase in sospeso. Occhi fra dita. Mani sul volto. Manuel aggrotta la fronte. Matteo prende posto sul divano. Manuel al suo fianco. "Thessa?". "È in camera". "Sa che sono qui?". "Si, non preoccuparti, Teo". Mano sulla spalla. Conforto. Preoccupazione. "Allora, che succede?". Respiro. "Non riesco a smettere di pensare a lei e non va bene, questo non va bene, non adesso, non in questo modo". Manuel si volta completamente nella sua direzione aspettando che riprenda a parlare. Osserva i suoi gesti, cerca di capirci qualcosa, tenta di leggere fra le sue frasi a metà. "Io non posso, non devo distrarmi per qualcosa che non potrò mai avere". "Qualcosa che non potrai mai avere?". Matteo annuisce. Fa una risatina, dettata dal nervosismo. "Io...mi sento uno stupido, uno stupido ad averci creduto, ad averci sperato, sapevo fin dall'inizio che lei mi avrebbe allontanato, eppure ho continuato a riempire il mio cuore con inutili sentimenti. Cosa credevo di fare? Mi sento uno stupido, Manu, ad aver lasciato quell'articolo a Federico, le ho dato un ottimo motivo per scappare". "Glielo hai detto?". "Cosa avrei dovuto fare? Mentirle?". Agitazione di gesti. Istintività di parole. "No, certo che no, credevo avresti aspettato". Comprensione. Dolcezza. Mani che sembrano confermarlo, che sembrano sussurrarlo: Sono qui, Matte. "Non riesco a tenere nulla dentro quando si tratta di lei". "Come ha reagito?". "Io...non mi va di parlarne, sono sicuro che lei non vorrebbe che lo dicessi, so che non tornerà, so che non mi cercherà". "Cosa ti ha detto?". "Lei...lei pensa che soltanto allontanandoci possiamo evitare di farci del male". "E tu cosa pensi?". "Penso che le lascerei farmi del male". Manuel accenna un sorriso. Gomiti su ginocchia. Dita su labbra. "Non ho mai avvertito la necessità di avere qualcuno così vicino come lei, so che ha bisogno di me e io ho bisogno di lei, nonostante ci conosciamo solo da poco più di una settimana". Silenzio. Manuel pesa gli istanti, le parole. "Ho capito fin da subito che Thessa sarebbe diventata mia moglie, quando perdevo o vincevo una partita era la prima persona a cui volevo dirlo". Matteo rialza il busto. Non può non notare il naturale sorriso con cui Manuel pronuncia queste parole. "Cosa vuoi dirmi con questo?". "Credo che tu l'abbia capito e che l'abbia fatto anche lei, non è scappata per uno stupido articolo o un'innocente bugia, Matte. Avete avuto entrambi paura ma l'amore non è paura, non lo è per nulla, l'amore è coraggio, grande coraggio, coraggio di cuore". "Io non lo so, Manu, non so cosa sia, ma so cosa sarà: nulla, io e lei saremo nulla". "Matte, non è sempre tutto semplice, non puoi arrenderti in questo modo". "Tu non la conosci, Manuel". Silenzio.

Sorrisi||Matteo PessinaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora