Capitolo 5

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"Un passo alla volta, fino all'arrivo."

Quel giorno, si era svegliata di buon umore, avvolta dall'atmosfera serena di casa e dall'aroma del caffè appena fatto. Aveva indossato, con la velocità di un bradipo, i suoi abiti più comodi, senza chiedere aiuto ai suoi. Era così strano avere difficoltà anche solo nel vestirsi, lei che un tempo saltava sugli alberi senza alcun problema o correva per ore.

Lo sconosciuto non le aveva più scritto nulla dopo i suoi ultimi messaggi della sera precedente, ma non se ne importò.

Accompagnata da suo padre, si era diretta puntualmente verso il centro di fisioterapia convenzionato dalla WWE, un luogo rinomato per l'eccellenza dei suoi medici e fisioterapisti.
Il luogo era accogliente. La receptionist le diede tutte le info per il plesso corretto, sorridendole in maniera fin troppo esagerata.

Appena entrata nel luogo corretto, il suo sguardo cadde su Charlotte Flair, seduta nella sala d'attesa, anch'essa vittima di un infortunio molti mesi prima.
Tra loro si scambiò un cenno di riconoscimento, un'intesa non verbale tra atlete unite dallo stesso percorso di recupero.
Mentre attendeva il suo turno, iniziò a giocherellare con il suo bracciale. Il bracciale che suo padre le aveva regalato la sera prima. 'Never Give Up'.
Tre parole che avevano la forza di farla sorridere.

"Alisson Austin?" la voce dello specializzando la richiamò al mondo reale.
Era il suo turno, il suo momento. Dopo un'ultima occhiata a Charlotte, lo seguì, pronta a vivere un altro momento di recupero.

Ad attenderla nel suo grande ufficio fu il dottor Malbot, un fisiatra esperto.
Uomo di mezza età e quasi sicuramente desiderato da molte donne che venivano in quella struttura.
"Benvenuta, Alisson, oggi sarò io ad assisterti." la salutò, unendo calore umano alla sua professionalità. Era quello il compito dei medici, almeno per la visione di Ally, e tutti i medici che aveva incontrato finora rispettavano questi suoi standard.
"Conosco la tua storia e il tuo infortunio. Il nostro obiettivo è farti tornare a su quel ring."

Annuendo, Alisson si accomodò, esponendo il ginocchio già visitato innumerevoli volte.
Il dottor Malbot, con guanti sterili, esaminò l'area con delicatezza, mentre lei si preparava a sopportare la pressione necessaria per la valutazione.
Cercò di stringere i denti quando egli toccò una zona specifica del suo arto lesionato.

"Non ci sono danni ai legamenti," rassicurò il dottore. "Con tempo e dedizione, guarirà completamente."

Dopo la visita di controllo, iniziarono gli esercizi: movimenti semplici per testare la mobilità.
La giovane donna si concentrò su ogni gesto, sentendo il ginocchio rispondere ai suoi comandi. Proseguì con esercizi di rafforzamento, essenziali per ricostruire la muscolatura e prevenire ulteriori infortuni. Almeno così le aveva detto.

"Tutto questo ti servirà per il futuro. Ti consiglio di continuare questi esercizi anche quando sarai tornata al pieno delle tue forze," suggerì il fisiatra.

Passarono velocemente quei minuti, a differenza delle altre visite, ed Ally percepì un lieve cambiamento.
Il dolore persisteva, ma era accompagnato da un crescente senso di progresso.

"Bene allora ci rivediamo tra tre giorni. Mi raccomando... gli esercizi."

Una leggera risata fuoriuscì dalle labbra carnose della ragazza, prima di uscire dall'ufficio con un gran sorriso.
"Grazie mille, dottore."

Terminata la seduta, iniziò a cercare con lo sguardo suo padre, Steve Austin, che era intento ad aspettarla fuori dal centro.
"Come è andata?" chiese con un tono che celava la preoccupazione di un vero genitore.

"Meglio, papà. Sento che sto facendo progressi," Cercò in tutti i modi di trasmettere sicurezza nelle sue parole. Un sicurezza che in quel momento era debole, ma che sarebbe cresciuta, molto presto.

"Allora andiamo a festeggiare questi piccoli successi. Che ne dici di quel nuovo ristorante di cui tutti parlano? Il giapponese che ti piace tanto?"
La proposta di suo padre era dolce e sincera, e Alisson non poté che accoglierla con entusiasmo. Amava mangiare giapponese e uscire con lui, specialmente quando erano solo loro due, le dava la libertà di esprimersi senza filtri.

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