15. Under the flashing light

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Il cuore aveva provato ad avvertirmi di starti alla larga, di lasciarti a fluttuare indisturbata nel vento, sospinta dalla brezza salata del mare d'estate. E così ho fatto. Ti ho lasciata libera. Ma quanto mi costerà?



Da quando ero uscita finalmente all'aria aperta ed ero stata a Central Park, i giorni erano volati come fiocchi di neve in una tormenta

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Da quando ero uscita finalmente all'aria aperta ed ero stata a Central Park, i giorni erano volati come fiocchi di neve in una tormenta.

Il sole era calato da un pezzo ed io mi stavo vestendo con dei pantaloni di una tuta pescati a caso dalla sedia in camera da letto, dove avevo ammassato tutti gli abiti usati da quando ero arrivata a casa di Nate.
Mi infilai una felpa nera facendola passare per la testa e mi sedetti sulla pila di vestiti per indossare gli anfibi.
Per fortuna la ferita alla mano si era richiusa senza complicazioni e avevo finalmente potuto togliere la fasciatura e tornare ad utilizzare la mano come prima, nonostante fosse rimasta visibile sulla pelle chiara una piccola cicatrice bianca a ricordarmi del pericolo corso quella notte.

Avevo raccolto i capelli in due grosse trecce, da cui sfuggivano un paio di ciuffi corti che mi ricadevano sugli zigomi addolcendomi il viso.

Sperai al Guilty Pleasure fosse rimasto qualche capo di abbigliamento natalizio dagli scorsi anni, o che Sydney ne avesse con sè uno in più da prestarmi.
Avrei sicuramente colto l'occasione per riprendere il mio borsone, ma tutti i completini con cui lavoravo erano ancora nella cassettiera in casa mia.

Afferrai il mio nuovo cellulare dal comodino spoglio ed indossai la giacca di Jack, probabilmente per l'ultima volta.
Arrivata in salotto, Nate mi stava già aspettando.
Era elegante come sempre, ma si era accontentato di un abito senza gilet, di un color grigio ardesia.

Quella mattina ci eravamo scambiati gli auguri di Natale, e poi ci eravamo comportati come un qualsiasi altro giorno dell'anno. Lui aveva lavorato, io avevo guardato la città stando seduta vicino al caminetto acceso.
Evidentemente nessuno dei due ci teneva in modo particolare a festeggiare quel giorno, ed io ne ero sollevata.

«Sei pronta?» Dalla sua voce non trasparivano rabbia o irritazione, sembrava più che avesse accettato in tutto e per tutto la mia decisione e volesse solo assicurarsi io fossi al sicuro.

Annuii frettolosamente in risposta e lo raggiunsi all'interno dell'ascensore, già pronto a scortarci al punto di partenza di quella serata.

Quando superai le enormi porte in vetro del palazzo, una brezza fredda mi travolse nell'immediato, schiantandosi sul mio viso pallido e facendomi rabbrividire per una manciata di secondi.

Nate si avvicinò alla sua auto già aperta ed io feci per raggiungerlo e prendere posto al lato del passeggero, quando una voce poco distante fece bloccare entrambi sul posto.

«Pensavate davvero di andare senza di me?»

Ethan se ne stava appoggiato al muro di fianco alla porta di ingresso del grattacielo, le braccia incrociate al petto e un'espressione da schiaffi sul viso.

𝚩𝐋𝚨𝐂𝚱𝐎𝐔𝐓Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora