14. Same old story

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Ci ho provato. Ho lottato per tutto, ho vinto battaglie tra subconsci feroci e guerre imbastite di rimorsi, ma alla fine ho perso te.



 Ho lottato per tutto, ho vinto battaglie tra subconsci feroci e guerre imbastite di rimorsi, ma alla fine ho perso te

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Mentire non era mai stato semplice per me.
Fin da quando ero piccola l'idea di raccontare qualcosa che non corrispondesse alla realtà mi procurava uno stato di ansia risolvibile solo con una bella dose di pura verità.
Ricordavo alla perfezione il viscerale bisogno che avevo sempre sentito di essere sincera, pulita, onesta, finché me lo fosse stato concesso.

Con il tempo, ero stata costretta ad accettare che la verità non mi avrebbe portata a sopravvivere.
Avevo perciò iniziato con le bugie.
Ero partita con il dire bugie ingenue, come che mi piacesse il cioccolato fondente che in realtà mi lasciava solo la bocca terribilmente amara e una gran voglia di bere litri di acqua.
Poi le bugie erano diventate sempre più grandi, sempre più complesse, sempre più false, ed ero arrivata al punto in cui tornare indietro era semplicemente impossibile.
L'unica via era continuare a mentire.

Così, avevo iniziato a dire che non mi importasse stare mezza nuda di fronte a centinaia di uomini.
Poi, che mi piacesse essere toccata dai miei clienti.
Avevo toccato il fondo quando mi ero trovata costretta a sussurrare stanca che mi piacesse il modo in cui mi facevano del male per trovare il loro piacere.
Non potevo più scappare, potevo solo accettare quello che ero diventata e convincermi che quello che dicevo fosse la verità.
Perché ormai, non si trattava più di mentire a chi mi stava davanti, ma a me stessa.
Era un'abilità sviluppata nel tempo, una sorta di istinto di sopravvivenza nato e cresciuto all'interno del mio corpo, avviluppato ai miei organi vitali come un'edera velenosa, nonostante ormai nemmeno una scheggia del mio essere volesse continuare ad esistere.
Ero diventata inevitabilmente una contraddizione.
Ero morta in un corpo vivo, ero priva di qualsiasi emozione ma mi sembrava di sentire fin troppo, ero docile nei confronti dei miei clienti ma non con me stessa, il mio corpo per me non valeva niente mentre per altri era oro puro, da fondere e colare per modellarlo a loro piacimento.

In questo momento però, sembrava che la corazza di cristallo che mi ero costruita con tanta cura e dedizione, intrecciando pazientemente menzogne come fili d'argento, fosse stata danneggiata.
Qualcosa la aveva compromessa creando una piccola crepa dalla quale filtrava acqua a fiotti.

Avrei dovuto mentire a Nate, semplicemente distrarlo e scappare da quella casa per andare a rifugiarmi da Jack, ma qualcosa mi bloccava.
Non riuscivo ad aprire la bocca e dirgli una bugia, ogni volta che ci provavo la gola mi si seccava e il cuore iniziava a farmi male nel petto.
Mi sentivo in colpa.

Non potevo lasciare che i sensi di colpa mi mangiassero viva come un leone avrebbe fatto con una gazzella nella savana più selvaggia, dovevo ribellarmi a me stessa.
Così, avevo deciso di raccontare a Nate la verità.

Erano passati un paio di giorni da quando Ethan si era fatto vivo per l'ultima volta solo per darci una marea di cattive notizie.
Avevo passato quelle giornate chiusa nell'attico con Nate, che per non lasciarmi sola si era fatto portare a casa da qualche praticante avvocato tutti i documenti che avrebbero potuto servirgli per lavorare alla difesa del suo cliente.

𝚩𝐋𝚨𝐂𝚱𝐎𝐔𝐓Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora