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Appoggio una mano alla parete per tenermi, ma qualcuno mi afferra per la mano tirandomi.
L'unica persona che ama così tanto il contatto fisico qui dentro, è la ragazza.
Non so neanche il suo nome.

«Vieni a mangiare con noi, Heaven.»

«Come fai a sapere come mi chiamo?»

Raggiungiamo un tavolo, lo tasto con le mani, e mi siedo. Sento che è fatto di metallo, anche se non c'è da stupirsi. Qui praticamente tutto è di metallo o ferro.

«Beh, diciamo che è piuttosto famoso il tuo nome qui dentro.» Questa volta è un ragazzo a parlare.
«Ti chiami Heaven, paradiso, quando in realtà con lo sguardo bruci le persone come all'inferno. Direi che è abbastanza contrastante, come nome.» Lo sento ridacchiare, a darmi una pacca sulle spalle.

Già, molto divertente.

«Non te la prendere, era per scherzare!» Esclama lui.
«Il mio nome è Michael, comunque. E beh, diciamo che se penso a qualcosa lo brucio.»

«Qualche giorno fa a dato fuoco alla mela che doveva mangiare!» Esclama lei.

«Ehy, non è divertente!»

«Invece si che lo è!» Li sento darsi spallate.
«Ad ogni modo, io sono Audrey» mi prende la mano, e la stringe alla mia.

«È un piacere» lascio andare la presa, e tasto nel tavolo fino a che trovo la forchetta.

«Cavolo, quindi non sai neanche quello che stiamo mangiando?» Chiede Michael.

«Anche se lo sapessi non cambierebbe molto. Devo mangiarlo, non guardarlo» prendo qualcosa con il cucchiaio, e la porto alla mia bocca.
È riso in bianco.

«Quindi...» Mormora Michael masticando.
«Tu non sai neanche come è la nostra faccia!»

«Beh, con te non ha nulla da perdersi!» Ribatte Audrey.

«Ma sentila!» Sbotta lui.
«Le persone pagherebbero per vedere il mio bel viso.»

«Addirittura?» Mi sento dire.
Chissà se mi sta prendendo in giro, oppure è davvero carino.

«Certo!» Esclama lui.
«E non appena deciderai di toglierti la benda, potremo finalmente vedere come sei carina tu.»
Sbuffo, ma mi scappa quasi una risata.
Oddio, non mi ricordo neanche quando è stata l'ultima volta che ho riso.

«In quanti siamo?» chiedo, cambiando discorso.
«Insomma, non siamo gli unici qui, giusto?»

«No, ci sono anche Kenjiro e Yumi, ma non sono molto cordiali. Poi c'è Henry, che è qui con noi. Mi pare sia anche nella stanza di fronte alla tua. Ma ecco, potrai conoscerlo quando ti deciderai di togliere la benda.»

«E perché?» Inarco un sopracciglio, anche se con la benda non lo si vede.

«Perché, Beh, non ci sente. Lui può parlare, e per capirci legge il nostro labiale.»

«Dove è seduto?» Chiedo.

«È al tuo fianco, sulla sinistra.»

Mi volto, e lui dice: «Heaven, è un piacere conoscerti.»

«Piacere mio, Henry.» Scandisco parola per parola meglio che posso, in modo che possa capirmi.
«Cosa disegnavi oggi, nel muro?»

«Disegnavi, hai detto?» Mi chiede. Io annuisco.
«Oh, nulla di che. Erano degli animali.» Dice.
«Sai, una volta c'erano un sacco di specie diverse, per ogni habitat esistente!»

«Davvero?» Sbarro gli occhi sorpresa, anche se non si nota.
«Quindi sai cosa sono le formiche?»

«Certo! Sono degli insetti piccolissimi, quanto una briciola di pane! Hanno tante zampette, e un piccolo corpicino. Vivono anche loro in tane sottoterra» mi spiega.

Oh, quindi è questo che intendeva dire la guardia? Che non sarei nemmeno capace di fare del male ad un animaletto così piccolo?
Sbuffo nella mia mente.

«Ma perché ti interessando le formi... le formico...» Esita, lo sento grattarsi la testa, «insomma... quelle robe lì?» Mi chiede Michael.

Pe̶r̶c̶h̶é̶ m̶e̶ 'h̶a̶ d̶e̶t̶t̶o̶ l̶a̶ g̶u̶a̶r̶d̶i̶a̶. «Così» mento, faccio spallucce, e poi dico: «Non sei curioso riguardo al mondo che esisteva una volta?»

«Beh, si. Ma ormai non esiste più. Fuori è tutto cambiato, Heaven.»

«D'accordo, ma se così non fosse?»

«Cosa stai cercando di dire?» Prende un boccone di cibo, mastica e poi mette giù il cucchiaio.
«Siamo qui sottoterra per un motivo, no?»

«Sei mai uscito di qui? Qualcuno in questo buco è mai uscito fuori?» Lo indico con la posata, muovendola in aria.
«Nessuno sa come sia veramente il mondo all'estero.»

«D'accordo, può essere che hai ragione. Ma se veramente fosse tutto cambiato, il fatto che adesso stiamo mangiando, e possiamo bere, è già tanto.» Dice Audrey.
«Loro ci stanno aiutando.»

«Tenendoci chiusi in delle stanze che sembrano celle? Senza dirci nulla? Lasciandoci muovere solo al fianco di guardie armate?» Abbasso di poco la voce, assicurandomi che non ci stiano ascoltando.
«Andiamo, perché non riusciamo a ricordare nulla? Cosa diamine è successo, e sta succedendo?»

«Quindi anche tu non ricordi nulla?» Questa è la voce di Henry. Mi volto verso la direzione della sua voce, e annuisco.

«Beh... cazzo, è tanta roba.» Mormora Michael.
«Vorrei anche sapere come sia possibile che noi sei possiamo bruciare le cose» si ferma, e poi aggiunge: «O le persone»

«Sì, molto gentile a ricordarmelo, grazie»

«Dai Heaven, sei la più forte qua dentro!» Esclama.
«Cazzo, vorrei avere io il tuo calore!»

Non rispondo.
Non perché non voglio, ma perché non ne ho la forza. Dovrei essere io ad invidiare il loro calore. Insomma, io vivo la maggior parte del tempo con una benda sugli occhi! Non conosco il mio volto, e non posso vedere quello degli altri.
A chi piacerebbe vivere con la costante paura di uccidere qualcuno solo guardandolo?

«Michael...» Lo richiama Audrey. Lui si schiarisce la voce, e poco dopo mormora: «Beh, insomma... ehm... perché non la togli la benda? Siamo immuni al calore tra di noi, lo sai vero?»

"Heaven Glass, può togliere la benda" mi ha detto la voce metallica.
"Puoi toglierla la benda, qui dentro" mi ha sussurrato la guardia.
"Puoi toglierla la benda, lo sai?" Mi ha detto Audrey.
"Perché non togli la benda?" Mi ha chiesto Michael.

Posso, non posso, posso, non posso.
Io non voglio toglierla.
Perché non la togli?
Perché non voglio u̶c̶c̶i̶d̶e̶r̶e̶ guardare negli occhi qualcuno.

Avanti, puoi fidarti. Puoi fidarti di noi.
No no no no no. Io non mi fido di nessuno.
Non mi fido neanche di me stessa, perché dovrei fidarmi di persone che conosco appena? Perché dovrei fidarmi delle persone che mi hanno I̶n̶t̶r̶a̶p̶p̶o̶l̶a̶t̶a̶ salvata?

Non li ucciderai. Siamo immuni tra di noi. Mi ripeto.
Ma se così non fosse? Se u̶c̶c̶i̶d̶o̶ guardo Qualcuno?

Se quella persona b̶r̶u̶c̶i̶a̶ mi sorride?

Come posso fidarmi, quando non posso neanche guardare il mio riflesso?

Io non voglio u̶c̶c̶i̶d̶e̶r̶e̶ guardare nessuno.

𝑺𝑯𝑨𝑻𝑻𝑬(𝑹𝑬𝑫) -𝒾𝓃𝒻𝑒𝓇𝓃𝑜 𝑒 𝓅𝒶𝓇𝒶𝒹𝒾𝓈𝑜-Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora