16

499 25 3
                                    





Dieci secondi,
E raggiungo la sala per la cena.
Nove
Ispiro ed espiro.
Otto
Voglio scappare.
Sette
Devo per forza cenare?
Sei
Non voglio vedere nessuno.
Cinque
Non voglio vedere Audrey.
Quattro
Potrei uccidere qualcuno senza volerlo.
Tre
Magari incendio il mondo senza volerlo.
Due
Ora mi metto a fare la pazza.
Uno
Giuro che lo faccio.
Zero
Forse è meglio di no.

La porta si apre, e una guardia mi getta all'interno.
Non mi ha accompagnata Hell. Perché dopo aver parlato con il comandante, una sua guardia mi ha portata qui.

Mi manca Hell. Anche se non dovrebbe mancarmi.
Non dovrei provare alcun tipo di sentimento per lui; se non la paura. Dovrei essere terrorizzata dalla sua presenza, dovrei odiarlo, ma non ci riesco. Non c'è l'ha faccio. Non trovo alcun motivo per odiarlo, a parte che sia una guardia di questa gabbia per pazzi.

E più desidero che si tolga la maschera, più desidero di vedere i suoi occhi, e toccarlo, e più mi rendo conto che mostro sono.
Come posso desiderare una cosa del genere? Come posso desiderare di stare al suo fianco, quando potrei ucciderlo? E se i miei occhi diventassero rossi quando è vicino a me? Se viene ucciso dal mio stesso calore?

"Non mi ucciderai" mi ha detto.
"Non mi farai del male, fidati"  mi ha assicurato.

Ma come posso fidarmi? Perché dovrei fidarmi?
Non posso fidarmi di nessuno, nemmeno di me stessa. Non so neanche di cosa posso essere capace.

Sono un pericolo.
Una minaccia.
Sono terribilmente letale.

«Principessa killer!»
Kenjiro mi raggiunge, prendendomi per il braccio e trascinandomi lungo la sala.
«Bellezza, vieni a cenare al tavolo con noi. C'è Yumi che non vede l'ora di vederti»

«Come mai?» È l'unica cosa che riesco a dire.

Camminano lungo la sala, a passiamo a fianco al tavolo di Michael, Henry, e Audrey.
Mi fissano, ed io vorrei diventare invisibile, e sciogliermi nel pavimento.
Henry abbassa lo sguardo.
Michael guarda altrove.
Audrey mi guarda negli occhi.

Mi viene un nodo alla gola, e potrei scoppiare a piangere e mettermi ad urlare tutto in una volta.
Dolore e rabbia.
Rabbia e dolore.
Potrei prendere fuoco.

Kenjiro mi tira per raggiungere il tavolo in cui ci aspetta Yumi, ma io strattono la presa, fermandomi davanti al tavolo in cui una volta sedevo anch'io. Dove una volta, scherzavo e ridevo insieme a loro.

«Grazie.» Dico avvicinandomi al loro tavolo.
Mi rendo conto di quanto sia uscita strozzata e deformata quella parola della mia bocca, e forse, l'ho anche detta così piano che non mi hanno nemmeno sentita.
«Grazie, Audrey» ripeto. Una pausa, trattengo le lacrime, «grazie per avermi appena fatta diventare il nuovo giocattolino da laboratorio.»

Sto per far rovesciare il calice di vetro che trattiene con fatica le mie lacrime. Invece, Audrey, sembra impassibile. Non lascia trasparire nessuna emozione, e questo, fa un miliardo di volte più male.

Io l'ho considerata come una amica, ma, a quanto pare, lei non ha mai pensato lo stesso di me.
Che stupida che sono stata. Mi viene da pensare.
Che idiota, come hai potuto fidarti?

«Heaven... che cosa?» Balbetta Henry.
Mi volto verso di lui.

«Perché non lo chiedi alla tua amica?» Abbozzo un sorriso, mi mordicchio le labbra, e prendo il respiro per non scoppiare a piangere.
«Si è divertita a dire in giro che i miei occhi possono diventare rossi, e ora vogliono farmi dei fottuti esperimenti.»
Uno due tre passi.
Uno due tre battiti.
Uno due tre respiri.
Ed ecco, che sono davanti alla persona che mi ha venduta.
«Non so che problemi hai con me, e non so nemmeno quali avete voi con me!» Quasi urlo, guardando Michael, e poi Henry.
«Cosa... cosa vi ho fatto? Perché...» Non scoppiare a piangere non scoppiare a piangere non scoppiare a piangere.
«Perché mi fate questo?»

«Non hai fatto niente.» Dice Audrey.
«Non hai fatto un bel niente, è questo il punto!» La sua voce è quasi un grido. Si alza dal tavolo, e mi viene in contro, guardandomi dritta negli occhi.

Nessuno l'aveva mai fatto.
Nessuno mi ha mai guardando per più di un tot di secondi, senza distogliere lo sguardo per paura di morire bruciato.

«Che cosa?» Aggrotto la fronte.

«Sei sempre stata sola, in disparte, fino a che non sono venuta a sedermi al tuo fianco. Fino a che ti chiedevo di sederti a tavola con noi, e fino a che ridevi.» Una pausa, «cazzo, pensavamo non parlassi nemmeno, invece ridevi pure!» Ora è lei a ridere.

Ed io, mi sento come se trecento lame mi stessero infilzando una ad una, e qualcuno continuasse a rigirare i coltelli nella mia carne viva. Il sangue cola dal mio corpo, trasformandosi in una vera e propria cascata di dolore.

«Ho cercato, abbiamo cercato in tutti modi di farti sentire al sicuro, e di farti capire che tra di noi non potevamo farci del male. Ti abbiamo ripetuto trecento volte che potevi fidarti, ma no! La benda era sacra, e non potevi togliertela!»

«Senza benda io posso uccidere le persone con lo sguardo!»
Nella sala cala il silenzio, e mi rendo conto di aver urlato così forte che pure le guardie all'esterno si sono allarmate.
Ho urlato così forte, che pure le pareti hanno tremato.
«Io non posso semplicemente causare delle scottature, ma io brucio le persone vive! Le ammazzo! Lo vuoi capire?» Una pausa, tempo di prendere il respiro, «Se non mi sono mai tolta la benda, è perché, Dio, tengo a voi!»

«Certo, su questo non ho alcun dubbio. Ma dimmi, non hai esitato nemmeno un secondo quando è stato Kenjiro a chiederti di toglierla? Ti definisce un'assassina, e tu nonostante ciò ti sei sciolta alle sue parole, e per magia ti sei tolta la benda! Hai ascoltato lui; ma non noi, i tuoi amici!»

«Lui mi avrà anche definita un'assassina, ma perlomeno non mi ha venduta come se fossi un'oggetto da ricerca.» Una pausa, tempo di far tornare il cuore a battere, «Come hai potuto prendertela per questo? Dovresti essere felice che non porto più la benda negli occhi, dovresti essere felice per me... e invece... Dio...» Mi passo una mano nervosamente tra i capelli, mi slaccio la benda che li tiene legati, e l'appoggio con forza contro il tavolo.
«Provaci tu a vivere senza poter vedere nulla. Provaci tu a vivere con la costante paura di uccidere qualcuno per sbaglio, provarci. Provaci e poi dimmi cosa si prova.» Mi mordicchio il labbro, strizzo gli occhi per non scoppiare a piangere, e mi volto dandole le spalle.

«Heaven, non sei l'unica che vive una vita di merda, ed è capace di fare cose atroci!» Urla così forte, che vorrei tapparmi le orecchie.
«Nel test tu hai dovuto uccidere un uomo. Ma ti sei almeno chiesta cosa hanno dovuto fare gli altri?»

«Di sicuro, non hanno bruciato una persona con il proprio sguardo; vedendolo prendere fuoco, e implorare di fermarti. Di sicuro, nessuno qui dentro ha bruciato vivo un'uomo, fino a farlo diventare cenere!»

«Vedi, è questo il tuo problema. Ti metti al centro di tutto, ingigantendo i tuoi problemi, ridicolizzando quegli degli altri. Ma giusto che lo sapessi, io ho dovuto torturare una donna. Ho dovuto ustionare ogni parte del suo corpo, con la mia mano.» Afferra la benda dal tavolo, la guarda, a poi la getta contro il mio petto. «Eccola, rimettitela pure.»

Un milione e cinquecento, sono i battiti che ho al secondo.
Tre miliardi e novecento, sono i respiri che sto prendendo.

Il mio cuore sta per scoppiare, ogni singola parte del mio corpo sta per esplodere. Fa caldo caldo caldo caldo caldo caldo caldo, caldissimo.
Nelle mie vene scorre la lava al posto del sangue, e il mio corpo, brucia brucia brucia tutto.
Ho paura di chiudere gli occhi, e bruciare il mondo intero. Così stringo forte la presa sulla benda, fino a che,

Diventa.
Cenere.

La polvere scivola tra le mie dita come se fosse sabbia, cadendo a terra, e spargendosi nel pavimento.

Un respiro,
Un battito di cuore,

E un'allarme rimbomba per tutta la sala.
Le luci lampeggiano, fino a che si spengono.

È tutto nero.

𝑺𝑯𝑨𝑻𝑻𝑬(𝑹𝑬𝑫) -𝒾𝓃𝒻𝑒𝓇𝓃𝑜 𝑒 𝓅𝒶𝓇𝒶𝒹𝒾𝓈𝑜-Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora