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In questo preciso momento, mi sento come un naufrago.

Un naufrago che si trova al centro di un'oceano in tempesta, che si aggrappa alla piccola zattera, all'unica speranza di salvezza che li è rimasta.
Ma al contrario suo, io non so quale sia la mia zattera. Sto nuotando in mare aperto, lottando e cercando di rimanere a galla, anche se le onde sono troppo alte per poter sopravvivere.
L'acqua mi entra nei polmoni, ed io non riesco più a respirare.

Non so più come respirare. Non ne sono più capace.

Cammino lungo il corridoio, al fianco della mia guardia, che mi sta accompagnando nella mia c̶e̶l̶l̶a̶ stanza.

In questo momento non so neanche come reggermi in piedi.

«Stai bene?»
La voce di H è come una mano tesa su un precipizio, o come la luce in una stanza oscura.
È una zattera in mare aperto.

È la prima volta che mi rivolge la parola di sua spontanea volontà, senza che sia io a farli mille domande.

"Stai bene?" Due semplici parole, che capita raramente di sentirsi dire qui dentro.
"Stai bene?" No. Voglio morire. Sono un disastro. Sono un mostro. Sto candendo a pezzi. Mi odio. Mi disprezzo. Ho paura di me stessa.
Ho ucciso un'uomo.

L'ho guardato negli occhi, e lui mi guardava con pietà, pregandomi di non farli del male. Mi pregava di aiutarlo, di salvarlo. Ed invece io l'ho ucciso. N̶o̶n̶ a̶v̶e̶v̶o̶ s̶c̶e̶l̶t̶a̶.

Il suo corpo ha preso fuoco. Bruciava. Fino a diventare cenere. Polvere. Il suo corpo non c'era più.

Io l'ho ucciso.
Sono un mostro,
Un orribile mostro.

«Sì» è tutto quello che alla fine riesco a rispondere.
L'unica cosa che riesco a dire senza frantumarmi il miliardi di pezzettini, senza diventare un pasticcio di lacrime e singhiozzi, e senza mettermi ad urlare.

È l'unica cosa che riesco a dire senza diventare cenere.
Cenere cenere cenere cenere come l'uomo.

*  *  *

Mi chiudo nel mio piccolo bagno, per il semplice motivo, che è l'unica stanza dove non possono vedermi. L'unica stanza che non ha vetrate trasparenti, e che non ha telecamere

Certe volte vorrei poter dormire qui dentro.

Posso fare giusto quattro passi nella stanzina.
Solo quattro, non di più.

C'è un piccolo lavandino, un gabinetto, e una doccia così piccola che tiro le gomitate ogni volta che devo lavarmi.
Ma non posso lamentarmi. Almeno ho dell'acqua pulita e calda per lavarmi.
Fuori di qui, la gente lotta e muore anche solo per una goccia.

Entro nella doccia, e mi siedo a terra. Appoggio la testa contro la parete fredda, e mi viene quasi un brivido.
Sposto il bottiglino di sapone, e prendo l'accendino che c'è dietro.

Non è mio. Non so di chi sia. L'ho trovato a terra, qualche giorno fa. L'ho preso, e nascosto qui, solo per un motivo preciso: se accendi l'accendino, esce una fiamma. Una fiamma, come quella con cui l'uomo è bruciato.

Chissà quanto deve aver sentito male.
Chissà quanto deve aver sofferto.

Chiudo gli occhi, e mi sembra ancora di sentire le sue strazianti urla. Chiudo gli occhi, e mi sembra ancora di sentire il p̶i̶a̶c̶e̶v̶o̶l̶e̶ letale, terribile, calore.

𝑺𝑯𝑨𝑻𝑻𝑬(𝑹𝑬𝑫) -𝒾𝓃𝒻𝑒𝓇𝓃𝑜 𝑒 𝓅𝒶𝓇𝒶𝒹𝒾𝓈𝑜-Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora