CAPITOLO 19

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Era il momento di entrare in azione. La visita era finita e tutti si stavano dirigendo verso il sentiero, intraprendendo il percorso di ritorno. L'agente inglese e la donna al suo fianco stavano parlottavano tra loro e lei, tramite il binocolo, era riuscita a leggere il labiale.

Le era bastato catturare alcune frasi per rendersi conto che avevano trovato qualcosa. Attese ancora qualche minuto, poi, non appena li vide sparire dietro la prima curva in discesa, uscì allo scoperto e, come se niente fosse, si mescolò al gruppo.

Camminava a passi rapidi, cercando di avvicinarsi all'obiettivo quel tanto che bastava per poter agire indisturbata una volta che fossero giunti ai margini del bosco.

Indossava un cappellino beige che gli nascondeva la folta capigliatura bionda, jeans e scarpe da ginnastica. Al collo una macchina fotografica e sulle spalle uno zaino. Per chi l'avesse vista, sarebbe passata per uno dei tanti turisti che rientravano al parcheggio.

Quindici minuti dopo giunse in vista del bosco.

Senza smettere di camminare per non perdere la distanza raggiunta, si tolse lo zaino dalle spalle e lo aprì, estraendone una siringa, poi lo richiuse e lo rimise sulla schiena.

Accelerò l'andatura per portarsi il più vicino possibile dietro le spalle di Lapo Colonna. Lo vide entrare nel bosco. Fece qualche passo verso di lui decisa a colpirlo quando fu costretta a fermarsi all'improvviso, rallentando il passo.

Con i denti stretti in una smorfia di rabbia, nascose la siringa nella tasca del giubbotto, poi si fermò, spostandosi dal sentiero. Aveva bisogno di riflettere.

Che accidenti ci faceva lui qui?

***

Padre Amaury sbucò da dietro un albero poco prima che Isabel aumentasse l'andatura e si mise dietro a Lapo Colonna. Non conosceva la donna con cui stava parlando, ma era sicuro che non sarebbe stato un grosso problema.

Piuttosto non sapeva come comportarsi con quella che invece stava camminando poco dietro di loro e che per poco non rischiava di mandare all'aria il suo piano.

Nel momento in cui aveva deciso di agire era fin troppo vicina al suo obiettivo e per quello che aveva intenzione di fare era meglio che non ci fossero troppi testimoni.

Stava camminando svelto, ragionando su come comportarsi, quando si rese improvvisamente conto di non sentire più alcun rumore dietro di sé. Si voltò rapidamente e si accorse che la donna che aveva visto poco prima non c'era più. Probabilmente doveva essersi fermata scostandosi dal sentiero.

Soddisfatto, tornò a concentrarsi su Colonna.

Accelerò il passo.

Intorno non c'era nessuno visto che gli altri turisti erano molto più avanti. Era il momento ideale. Con la mano sinistra ruotò verso il basso l'anello che portava all'anulare destro schiacciando contemporaneamente un piccolo bottone. Dalla pietra posizionata sotto al dito uscì un ago sottilissimo intriso di tetradotossina, un potente veleno ricavato dai pesci palla. Molto rapido e letale. Quella che aveva lui però, era una variante più leggera, modificata in uno dei laboratori dell'Ordine proprio per diminuirne la sua capacità mortale. La dose che Amaury avrebbe iniettato all'agente italiano non lo avrebbe ucciso subito, ma solo fatto piombare in un sonno profondo, una sorta di limbo in cui il sistema nervoso veniva, come dire, congelato. Situazione che sarebbe però divenuta letale se non gli fosse stato somministrato l'antidoto entro un massimo di quarantott'ore.

Armand si fece più vicino.

Finse di inciampare e perdendo l'equilibrio si appoggiò alla spalla di Lapo per non cadere. Lui sentì una leggera puntura e si voltò.

«Mi scusi, sono scivolato» farfugliò Armand con voce contrita. «Mi dispiace davvero, spero di non averle fatto male.»

Quando Lapo vide l'uomo che lo aveva urtato, ci mise un istante a riconoscere in quel volto i lineamenti del prete con il quale aveva intrattenuto l'animata discussione nei corridoi del Vaticano. «Lei?» esclamò. Poi un lampo gli attraversò la mente e capì. Ma fu troppo tardi. La vista aveva iniziato già ad annebbiarsi, e la testa a girare. Si sentì improvvisamente molto stanco, come se non avesse più forze. Il corpo cedette. Si aggrappò a Sofia con il volto stravolto in una maschera di dolore.

«Lapo che ti prende?» ma lui aveva la lingua gonfia e non riusciva a proferire parola.

Lei gli afferrò il braccio e lo mise sulla spalla trascinandolo ai margini del bosco. «Chiami un'ambulanza!» gridò rivolto all'uomo lì vicino.

«Subito. Ma che è successo?»

«Non lo so! Si sbrighi.»

«Ho dell'acqua nella borraccia» continuò lui togliendosi lo zaino dalle spalle e poggiandolo a terra. «Gliela dia. Io intanto chiamo i soccorsi.»

Sofia si mise in ginocchio osservando il volto di Lapo. Era livido e le pupille dilatate. Non le ci volle molto a capire che era stato avvelenato. Alzò allora lo sguardo verso l'uomo accanto a lei, ma non fece in tempo a rialzarsi. Lui aveva già tirato fuori la pistola e con una rapidità sorprendente l'abbassò con violenza sulla sua nuca. Un colpo secco. Sofia cadde a terra perdendo i sensi.

Lapo la guardò con gli occhi quasi vitrei. Non sentiva niente. Non poteva parlare, non si poteva muovere. Avrebbe voluto aiutarla, ma non ne era in grado. La sua mente stava collassando e fra poco sarebbe piombato in un sonno catatonico.

Amaury lo fissò e sorrise, poi si girò intorno. Nessuno nei paraggi. Ripose quindi la pistola nello zaino e se lo rimise dietro le spalle, infine con grande sforzo, issò Lapo in piedi e lo appoggiò su di sé.

Adesso arrivava la parte più complicata. Avrebbe dovuto percorrere il resto del sentiero trascinandosi dietro un peso morto, ma ce la poteva fare.

Se qualcuno avesse fatto delle domande avrebbe semplicemente risposto che il suo amico si era sentito male e che lui lo stava portando in ospedale.

Strinse i denti e percorse il tratto rimanente fino al parcheggio. Una volta sbucato fuori dal bosco, un paio di giovani videro che stava arrancando e gli corsero incontro.

«Padre, cosa è successo?» dissero non appena riconobbero che era un sacerdote.

«Si è sentito male. Stavamo scendendo sul sentiero quando è caduto. Non lo so» rispose scuotendo la testa. «È come se avesse avuto un malore.»

«Venga, l'aiutiamo noi. Ha chiamato i soccorsi?»

«Sì, certo, ma non arriveranno prima di un paio d'ore. Così mi hanno detto. Preferisco portarlo io direttamente in ospedale.»

«È sicuro?»

«Si, grazie. Datemi solo una mano a distenderlo in macchina.»

«Che Dio vi benedica» disse loro Amaury con voce rotta dall'emozione non appena fu in auto.

«Non ci ringrazi padre. Vada piuttosto, il suo amico ha bisogno di cure.»

Lui annuì, quindi accese la macchina e uscì dal parcheggio immettendosi rapido sulla statale D9, in direzione di Villeneuve-d'Olmes.

Lo attendeva un lungo viaggio. Otto ore, poi avrebbe raggiunto Fernando Correa al monastero di Uclès.

I custodi del destinoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora