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L'interno del castello non era illuminato.
Lapo accese la torcia del telefono e si fece strada entrando dapprima nella stanza numero uno e proseguendo subito dopo in quella contrassegnata dal numero due.
Da qui uscì direttamente nel cortile interno, seguito da Sofia. Il sole stava tramontando e i suoi ultimi deboli raggi, passando attraverso il soffitto ottagonale al centro della costruzione, gettavano una pallida luce arancione sul pavimento di pietra.
Lapo non poté non notare subito le due entrate ai lati opposti. Sembravano due ingressi verso altrettanti mondi differenti, due passaggi verso un ignoto che poteva rappresentare davvero la purificazione dell'anima. Persino lui era in grado d'intuire la potenza insita in quei percorsi iniziatici simboleggiati da quelle semplici aperture e non poteva non pensare a ciò che dovevano aver significato nell'immaginario dei pellegrini in visita al castello.
Ma non era lì dentro per fare il turista. Aveva un compito da svolgere e prima lo portava a termine, prima ne sarebbe uscito.
Si rivolse quindi a Sofia, facendole cenno di proseguire verso sinistra, in direzione dell'ingresso che portava all'interno della sala numero sette.
Non si soffermarono a osservarne i particolari, ma si mossero decisi verso la stanza successiva, la numero otto, da cui avrebbero finalmente preso le scale a chiocciola all'interno della torre sette per arrivare al piano superiore.
L'interno era molto buio.
Sofia fu costretta ad accendere anche la sua di torcia, in modo da illuminare tutto intorno a sé e avere una visione più chiara di ciò che la circondava.
Mentre saliva i gradini di pietra, la sua attenzione venne immancabilmente catturata dalle piccole cariatidi poste a sostegno dei costoloni della volta.
Ne contò sei, tutte con espressioni diverse. Serene, spaventate, tristi, sorridenti, perfino grottesche. Se avesse avuto tempo le sarebbe piaciuto soffermarsi a studiare nel dettaglio quelle figure, che rappresentavano quasi sicuramente la mutevolezza della vita, ma non era quello il momento.
Proseguì quindi lungo la stretta scala fino a raggiungere Lapo all'interno della sala otto. Illuminandolo con la luce della torcia, notò la sua espressione pensierosa.
«Che succede?» gli domandò avvicinandosi.
«Qualche dubbio» rispose lui vago muovendo la testa intorno come se stesse cercando qualcosa di specifico.
«Adesso?»
«Lo so che abbiamo già fatto una di visita virtuale di questo castello, ma ora che siamo al suo interno comincio ad avere serie preoccupazioni riguardo le vie d'uscita.»
«Che vuoi dire?»
«Che la storia dei percorsi obbligati non mi convince. Ho come la sensazione che si tratti più di una trappola. Una volta entrati nella stanza del trono» proseguì «se qualcuno dovesse farci qualche sorpresa chiudendo le entrate di questa sala» disse poi indicando lo spazio intorno «allora sì che saremmo pressoché bloccati. Se non ricordo male, dalla numero uno possiamo solo tornare indietro, o, alle brutte, prendere la scala della torre otto che però porta solo sul tetto.»
«Da cui non ci sono vie di fuga. Lo so, ci ho pensato anche io. Ma è un rischio che dobbiamo correre, giunti a questo punto.»
«Vero, però possiamo mitigarlo.»
«Cosa hai in mente?»
«Farti da palo, sull'ingresso delle due sale, mentre tu esamini la chiave di volta.»
***
Isabel si era mossa come uno spettro. In quella semioscurità si era lasciata guidare dalle voci di Lapo e Sofia, come se fossero un filo invisibile, dato che non aveva voluto accendere la torcia per non rischiare di farsi scoprire.
Si stava abituando piano piano alla mancanza di luce e, facilitata anche dal fatto di aver studiato, nelle ore di attesa in macchina, la pianta degli interni del castello, era avanzata rapida.
Adesso si trovava alla fine della scala a chiocciola, nell'unico punto da cui, se avesse messo la testa solo un po' più avanti, Lapo l'avrebbe potuta scorgere.
E adesso?
Non poteva tornare indietro, sarebbe stata troppo lontana dalla scena principale, che, a quanto pareva, si sarebbe svolta al piano superiore.
Doveva ragionare, e in fretta.
Ripensò alla struttura del Castello, alla disposizione delle stanze e poco dopo le venne in mente un'idea.
Se fosse riuscita a sgattaiolare nella sala numero sette, da lì avrebbe potuto facilmente raggiungere quella attigua, la numero sei. Si ricordava, infatti, che quella stanza era dotata di un'entrata che conduceva all'interno della torre omonima. Una sorta di piccolo stanzino in cui si trovavano i servizi igienici.
Il posto perfetto.
Lì si sarebbe potuta tranquillamente nascondere senza il rischio di essere scoperta e sarebbe stata abbastanza lontana da non essere notata, ma anche altrettanto vicina da udire ciò che poteva accadere nelle sale adiacenti.
Doveva solo trovare il modo di sgattaiolare fuori dalla scala a chiocciola, che per il momento rappresentava il suo riparo, e infilarsi nella sala attigua. Cercò quindi di ascoltare i discorsi di Lapo e Sofia, poi, a un tratto, le parve di udire le voci farsi più flebili e, subito dopo, rumore di passi sul pavimento di pietra.
Si arrischiò perciò a mettere la testa oltre il muro. Alla luce delle loro torce vide chiaramente Lapo volgerle le spalle per dirigersi verso l'ingresso della stanza del trono.
Capì che quello era il momento di agire. Non avrebbe avuto altre possibilità. Coperta dal buio, uscì dal vano scale e si mosse rapida e silenziosa svanendo come un'ombra nella sala adiacente.
***
Correa e Amaury aspettarono all'esterno fino a quando non ritennero che fosse giunto il momento di entrare.
A quel punto si mossero.
Arrivati di fronte al portone notarono che Isabel non lo aveva chiuso del tutto. Pistole in pugno, varcarono l'ingresso principale oltrepassando la stanza numero uno e poi la due per finire direttamente nel cortile interno.
Il silenzio regnava tutto intorno.
«Ci siamo» disse Correa rivolto ad Amaury. «Adesso tocca a noi muovere sulla scacchiera. Sei pronto?»
Armand annuì.
Correa gli mise le mani sulle spalle guardandolo diritto negli occhi.
«Sii Cavaliere» gli sussurrò «adesso è l'ora di dimostrarlo.»
«Lo sarò» rispose Amaury chinando la testa in segno di obbedienza.
«Ora va» concluse il Gran Maestro, «ci rivedremo all'esterno.»
Si divisero.
Armand si diresse verso destra, verso la sala quattro, mentre Correa si mosse a sinistra in direzione dell'entrata della sala sette.
Dal GPS di Isabel sapevano che lei si trovava ancora al piano superiore e ciò poteva voler dire solo due cose. O quello che Lapo stava cercando si trovava in una delle stanze del secondo piano, oppure Isabel stava tendendo loro una trappola, attirandoli lontano dalla scena principale.
Erano due ipotesi altrettanto plausibili, ma Correa era più propenso a credere a un mix delle due.
In ogni caso lo avrebbero scoperto tra poco. Coperti dalla semioscurità si mossero rapidi.
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I custodi del destino
Historical FictionMontsegur - 16 Marzo 1244 Sono passati più di trent'anni da quando Papa Innocenzo III ha indetto la terribile crociata contro gli eretici albigesi e la situazione sta volgendo al suo drammatico epilogo. Migliaia di innocenti sono stati massacrati, e...