CAPITOLO 27

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Spagna

27

«Dove stiamo andando?» le domandò Lapo per l'ennesima volta. Lei non rispose.

Erano in macchina da più di mezz'ora, ma nonostante i suoi ripetuti tentativi, Isabel sembrava per il momento non voler cedere di un millimetro, assorta nei suoi pensieri. L'unica cosa che aveva fatto era stata togliersi il cappuccio nero dalla testa, lasciando che i suoi lunghi capelli color dell'oro si distendessero lungo la schiena.

«Guarda che prima o poi dovrai darmi qualche spiegazione.»

Isabel alzò le spalle. «All'aeroporto» gli rispose senza troppi dettagli.

«Va bene, non sei una di molte parole, questo l'ho capito. E diretti dove?»

«Tu a Londra. Devi proseguire nella ricerca.»

«Cosa ne sai di quello che sto facendo?»

«Molto.»

«Qualche dettaglio?»

«E va bene, vuoi fare conversazione, ho capito. So che tuo zio teneva un diario e che in esso ha annotato una serie di indizi che potrebbero condurre al ritrovamento del famoso segreto occultato dai catari più di settecento anni fa. Per adesso ti deve bastare.»

«Allora sei coinvolta anche tu nella sua morte?»

Isabel scosse la testa. «No, quella è stata una disgrazia. Un piano architettato da Roberto de Nobili insieme ad Armand Amaury, con il beneplacito del Gran Maestro.»

«Stronzate!»

«Credi quello che vuoi, non mi interessa. Io avevo solo il compito di recuperare il diario quando lo hai portato a Londra. Fine.»

«Quindi eri tu con la moto. Mi hai quasi ucciso.»

Isabel sorrise per la prima volta. «Vero, ma adesso ho pagato il mio debito liberandoti e dandoti l'antidoto. Siamo pari.»

«A proposito, non mi hai ancora detto perché lo hai fatto.»

Lei stette in silenzio per qualche secondo. «Rodrigo Fernando Correa ti dice niente?»

«No.»

«Dovrebbe invece. È il Gran Maestro dell'Ordine di Santiago. Lo hai conosciuto anche tu. Era quello vestito con la tunica bianca durante il tuo interrogatorio nella cripta del monastero.»

«Va avanti.»

«Lui ha infranto le regole dell'ordine. Ha tradito la mia fiducia e il codice cavalleresco sul quale si fonda da sempre l'organizzazione. Ero lì per ucciderlo.»

«E io cosa sarei stato? Un danno collaterale?»

«In un certo senso. La mia intenzione era di fargliela pagare sia per avermi sottratto la missione che per aver mandato Amaury a Montségur dimostrando di non avere fiducia nelle mie capacità.»

«Di che missione stai parlando?»

«Dovevo sapere cosa avevate scoperto nella fortezza, tu e quella donna, ma quel prete mi ha preceduto.»

«E se non lo avesse fatto? Mi avresti avvelenato al suo posto?»

«L'idea era quella, sì.»

«Beh, viva la sincerità. Quindi il bastardo che mi ha iniettato il veleno era lo stesso uomo che ho incontrato in Vaticano fuori dell'ufficio di Roberto?»

«Proprio lui.»

Lapo represse a stento un moto di rabbia. Strinse i pugni fino a far diventare bianche le nocche.

«So come ti senti.»

«Non credo. A ogni modo ho bisogno di sapere un'altra cosa. Sei ancora sulle tracce del segreto dei catari?»

«No. Te l'ho detto. Ciò che voglio è solo Correa. Desidero vendetta e basta. Per questo ti ho liberato. L'unico modo per stanare quel figlio di puttana è che tu continui nella ricerca. Più ti avvicinerai all'obiettivo, più lui uscirà allo scoperto, più sarà un bersaglio per me.»

Lapo scosse la testa. Non riusciva a comprendere quella donna.

«Non mi aspetto che tu capisca fino in fondo» rispose lei quasi avesse letto nei suoi pensieri, «solo che tu prosegua in ciò che hai iniziato. Posso contarci?»

«Sì, certo.»

«È una promessa?»

«Vedila come vuoi, tanto lo avrei fatto comunque.»

«Bene.»

«E tu invece? Dopo che avrai ucciso Correa?»

«Avrò pace.»

«Tutto qui? Non è che ti ritroverai alle calcagna tutti i membri dell'Ordine?»

«Può darsi, ma è un rischio che sono disposta a correre.»

«Della serie, una volta dentro non si può più uscire?»

«Una cosa del genere, sì.»

«Okay, in fondo la vita è tua. Però dato che siamo in vena di confidenze, vorrei che tu facessi una cosa per me.»

Lei attese.

«Se dovessi incontrare Amaury prima che lo faccia io, uccidi quel bastardo.»

Isabel sorrise.

«Sarà un vero piacere, credimi.»

«È una promessa?»

«Vedila come vuoi, tanto lo avrei fatto comunque.»

Stavolta fu lui a sorridere.

Dieci minuti dopo arrivarono nei pressi dell'aeroporto di Madrid e parcheggiarono appena fuori l'ingresso delle partenze.

«Il nostro viaggio termina qui. Le nostre strade si dividono.»

Lui scese di macchina. «Suppongo che adesso ti debba ringraziare.»

«Lo hai già fatto. Per me è più che sufficiente.»

«Okay» chiuse lo sportello e si mosse verso il terminal, poi però si fermò e tornò indietro. «Mi sono appena ricordato che non so nemmeno il tuo nome.»

«Isabel.»

Lui ci pensò un attimo. «Bene Isabel» le disse porgendole la mano «buona fortuna. E non dimenticarti della promessa.»

«Nemmeno tu.»

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