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Lo raggiunse.
Correa era disteso in una posizione scomposta, qualche metro all'interno della stanza sei. Si avvicinò con cautela notando che aveva la mano appoggiata sotto la spalla, come se stesse cercando di comprimere il dolore.
Si muoveva appena.
Un campanello di allarme risuonò nella sua testa, ma complice la stanchezza e la poca lucidità, non colse l'avvertimento e perse secondi preziosi cercando di riprendere fiato.
Fu il secondo errore che commise nel giro di poco tempo e lo pagò a caro prezzo.
Correa balzò in avanti come una furia, colpendolo alle gambe e facendolo finire a terra. Lui non ebbe il tempo di reagire e sbatté violentemente la testa e la spalla già ferita.
Un dolore lancinante invase tutto il suo corpo, ma non riuscì nemmeno a urlare.
Correa si mise in ginocchio e con un'agilità impressionante, saltò di nuovo sopra di lui come una belva impazzita ribollente di rabbia, bloccando le sue gambe in una stretta mortale.
Quindi mosse le enormi braccia verso il suo volto, nel tentativo, nuovamente, di stringergli la gola.
Una volta per tutte.
Ma non ce la fece. Lapo aveva ancora in mano la pistola, stretta fra le dita. Non l'aveva mollata neanche durante la caduta. Girò il polso e premette il grilletto.
Ci fu uno sparo.
Correa strabuzzò gli occhi, incredulo e rabbioso. Cercò di afferrare di nuovo Lapo, come se non avesse intuito ciò che era appena accaduto, come se volesse finire ciò che aveva iniziato, come se non volesse accettare la fine.
Ma il suo corpo ormai non rispondeva più. Con gli occhi fissi al volto dell'uomo che lo aveva appena ucciso, lentamente scivolò di lato, accasciandosi sul pavimento in una pozza di sangue.
Lapo si rialzò gettando un ultimo sguardo al cadavere. Ansimava vistosamente e perdeva sangue dalla tempia.
Stavolta è davvero finita mormorò piano fra sé mentre si piegava in due per il dolore. Quindi si toccò la spalla. Bruciava come le fiamme dell'inferno. Cercò di comprimere il punto in cui il proiettile lo aveva colpito, ma non ci riuscì. Faceva troppo male. Aveva bisogno di cure mediche e anche alla svelta, ma non poteva lasciare il Castello.
Non ancora, non senza aver almeno tentato di recuperare ciò per cui erano venuti fino a lì. Sempre ammesso che fosse nel punto che avevano individuato.
Un solo tentativo, ecco tutto ciò che gli rimaneva, l'unica speranza di porre fine a tutta quella storia e di scagionarsi dalle false accuse di Roberto de Nobili.
Con una smorfia di dolore ritornò sui propri passi.
***
«È finita» disse rivolto a Isabel non appena la raggiunse di fronte alla sala del trono. «Correa è morto.»
«Sei ferito.»
«Sì, alla spalla destra.»
«Hai bisogno di cure.»
«Lo so. Per questo dobbiamo fare alla svelta. Sofia è di nuovo dentro?»
Lei annuì.
«Se il proiettile è fuoriuscito, avvolgi una parte della camicia intorno alla ferita. Aiuterà a fermare il sangue.»
«A proposito, non ti ho ancora ringraziato per quello che hai fatto» le rispose lui mentre si strappava una striscia della manica.
«Ho solo mantenuto una promessa, nient'altro. Anche quello stronzo di Amaury è morto.»
«Allora siamo pari. Adesso entriamo in quella stanza e finiamo questa storia una volta per tutte.»
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I custodi del destino
Ficción históricaMontsegur - 16 Marzo 1244 Sono passati più di trent'anni da quando Papa Innocenzo III ha indetto la terribile crociata contro gli eretici albigesi e la situazione sta volgendo al suo drammatico epilogo. Migliaia di innocenti sono stati massacrati, e...