CAPITOLO 25

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Monastero di Uclès

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Isabel aveva colpito l'unico bersaglio visibile. Sapeva che non era Correa, ma aveva bisogno di un diversivo per poter sparare a quel figlio di puttana. Solo che non lo vedeva da nessuna parte. Poi sentì il tonfo di una porta che si chiudeva. Doveva sbrigarsi prima che qualcuno chiamasse i rinforzi. Approfittando della confusione si mosse veloce verso il centro della stanza con l'intenzione di liberare Lapo Colonna.

Aveva bisogno di lui, della sua rabbia e delle sue informazioni, non più per trovare il segreto dei catari, ma per stanare Rodrigo Fernando Correa.

Arrivata vicino alla sedia vide Roberto de Nobili ancora sdraiato a terra. Lui non la riconobbe perché portava un cappuccio nero sulla testa.

«Aiutami» biascicò travolto dal dolore. Lei non lo degnò di uno sguardo. Tirò invece fuori un coltello e tagliò le cinghie che tenevano legato Lapo.

«Chi sei?» le domandò lui.

«Quella che ti sta salvando il culo. Forza, dobbiamo fare in fretta.»

Non replicò.

Lei lo prese sottobraccio e lo trascinò fuori. Passarono attraverso diverse stanze, percorsero una scalinata stretta per finire poi all'interno di un tunnel il cui ingresso era nascosto dietro una parete simile a una libreria. Una volta al sicuro all'interno del corridoio, Isabel accese una torcia e si fermò.

Lapo piombò a terra, sfinito. Non riusciva più a respirare.

«Tieni, prendi questo.»

«Cos'è?»

«L'antidoto alla tetradotossina che ti hanno iniettato.»

Lapo la guardò perplesso. Era restio a fidarsi di quella donna, ma non aveva molte alternative.

«Fossi in te mi darei una mossa» fece ancora lei «non ti rimane molto tempo, e a meno che tu non voglia morire qua sotto, ti consiglio vivamente di bere questa fiala. Adesso!»

Lui annuì, prese la boccetta e la scolò tutta d'un fiato.

«Molto bene.»

«E adesso?»

«Adesso aspettiamo. Qua sotto saremo al sicuro, almeno per un po'» volse la torcia intorno. «Devi riposare, ma tornerai in forze quanto prima.»

«Grazie.»

Lei annuì. «Non ti muovere, io torno subito» e sparì nel buio.

***

Lapo si sentiva molto meglio. L'effetto dell'antidoto cominciava già a dare i suoi frutti. Stava riacquistando le forze e la lucidità. Appoggiato alla fredda parete di pietra, continuava a domandarsi non solo chi fosse quella donna, ma anche in che razza di posto si trovasse.

Si alzò. Le gambe erano ancora un po' molli, ma era abbastanza sicuro che sarebbe riuscito a muoversi anche senza l'aiuto della misteriosa donna. Pochi minuti dopo lei riapparve.

«Bene, vedo che sei di nuovo in forma.»

«Ci sto provando» si girò intorno. «Dove siamo?» le domandò curioso di avere delle risposte.

«Nei sotterranei del monastero di Uclés.»

«Il quartier generale dell'Ordine» poi si voltò verso di lei. «Come sai di tutti questi passaggi?»

Isabel non rispose.

«Chi sei? E perché mi stai aiutando?»

«Non adesso. Forza, dobbiamo andare.»

Si mossero rapidi seguendo un percorso tortuoso illuminato dalla luce della torcia di Isabel. Venti minuti dopo sbucarono all'aperto. Un caldo sole irradiava la strada immersa nel verde a fianco delle mura del monastero.

«Da questa parte, svelto.» Lapo la seguì senza porre altre domande. Giunsero nei pressi di una rientranza della strada, uno spiazzo sterrato in cui si trovava parcheggiata, sotto i pini, una macchina.

«Sali!»

Lui montò. Isabel accese il motore e partì. Senza perdere tempo si diresse verso la statale CUV-7020 che imboccò a tutta velocità, lasciandosi alle spalle il monastero e l'Ordine di Santiago.

Per il momento, almeno.

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