CAPITOLO 50

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Marco Colonna stava fissando in silenzio il cielo azzurro, seduto su una panchina al riparo degli alberi, nel piccolo spiazzo verde appena fuori il Tribunale Vaticano.

Era stata una mattinata difficile, ma che si era, per fortuna, conclusa nel migliore dei modi. Suo figlio era stato scagionato e la memoria di suo fratello riabilitata.

Adesso ciò di cui aveva bisogno era soltanto un po' di pace. Per questo stava osservando l'infinità del cielo.

Gli era sempre piaciuta.

Non per niente era stato un militare dell'aviazione italiana. Aveva sempre pensato che ci fosse un che di misterioso in tutta quella immensità, qualcosa di talmente grandioso che, a confronto, tutti i problemi dell'umanità perdevano d'importanza.

Sospirò, poi fu distratto da un rumore alle spalle.

Si voltò e sorrise.

«Come va papà?» gli domandò Lapo sedendosi accanto a lui.

Aveva il braccio destro ancora fasciato e il corpo che si stava lentamente riprendendo dopo le brutte contusioni del mese prima.

Ma nel complesso stava benone. Il volto era sereno, rilassato. Quello di un uomo felice.

«Adesso bene. E tu, figliolo?»

«Adesso bene.»

Silenzio. Di nuovo. Sempre quell'imbarazzante vuoto che si creava fra loro ogni qual volta la discussione si andava incanalando su binari personali.

Poi a un tratto la situazione cambiò. Suo padre fece il primo passo. Si voltò a guardarlo negli occhi.

«Sai cosa mi disse una volta tuo zio?» esordì con voce pacata, ferma.

Lapo scosse la testa.

«Che un giorno la Chiesa avrebbe ritrovato la retta via e sarebbe tornata quella di un tempo. Era un sognatore, ma aveva ragione» fece una pausa, come se cercasse di riordinare i propri pensieri.

Lapo aspettò che continuasse.

«Mi confidò anche un'altra cosa. Che tutto questo sarebbe stato possibile solo grazie all'intervento di qualcuno del tutto insospettabile ed estraneo al Vaticano.»

Stavolta Lapo sorrise.

«Dai papà, non starai mica dicendo che si riferiva a me?»

«Io non ho detto niente.»

Silenzio. Ancora. Marco Colonna tornò a guardare il cielo.

È il momento. Fallo, si disse Lapo dentro di sé. E questa volta lo fece. Si mosse verso suo padre e l'abbracciò. Forte. A lungo fino a quando anche lui non ricambiò la stretta.

Stettero così, senza parlare, per un tempo che sembrò infinito, trasmettendosi tutto l'amore e tutta la gratitudine che provavano l'uno nei confronti dell'altro. Tutto ciò che non si erano mai detti a parole.

Fu una sensazione liberatoria e, dovette ammetterlo, un'emozione che lo fece sentire maledettamente bene.

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