CAPITOLO 17

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La visita alle rovine di Montsègur non sarebbe iniziata prima di venti minuti.

Lapo si avviò insieme a Sofia verso il sentiero sterrato di fronte al parcheggio che si inerpicava su per la collina raggiungendo la guida ferma accanto al cartello che segnalava il punto di partenza.

Il sole era alto nel cielo e nonostante l'aria fosse spazzata da una brezza insidiosa, faceva caldo. Si guardò intorno, e contò circa otto persone, ma fra di loro non vide niente di sospetto. Spostò allora lo sguardo verso la meravigliosa fortezza adagiata sulla sommità del colle sopra di loro pensando per un attimo a ciò che Sofia gli aveva raccontato poco prima e alle parole che suo zio aveva annotato nel diario.

Che fossero davvero sulla strada giusta?

«Signori benvenuti» esordì con voce gracchiante la guida riscuotendolo dai suoi pensieri. «Noto con piacere che ci siamo tutti perciò seguitemi, la visita inizierà a breve. Giusto il tempo di percorrere il sentiero che vedete davanti a voi» sorrise indicandolo con la mano destra mentre con gli occhi osservava divertita le espressioni dipinte sui volti dei turisti. «Ma non dovete preoccuparvi» continuò «è tutto ben segnalato e la salita non durerà più di trenta minuti. Non è poi così faticosa come sembra. Forza, procediamo e, mi raccomando, nel frattempo, cercate di godervi il panorama.»

Tutti si mossero. Lapo e Sofia, volutamente in mezzo agli altri, avanzarono a passo rapido e senza dire una parola s'immisero nel sentiero, sparendo, dopo qualche centinaio di metri, all'interno di un folto bosco.

***

Isabel, si trovava già in cima alla collina. Arrivata al parcheggio pochi minuti prima di loro, si era subito incamminata lungo il sentiero senza perdere ulteriore tempo. Non era necessaria una visita guidata per poterlo percorrere, solo per visitare la fortezza. E a lei questo non interessava, per cui nessuno le aveva detto una parola quando l'avevano vista inoltrarsi nel bosco.

Arrivata sulla sommità, aveva cercato un luogo in cui nascondersi che fosse abbastanza appartato ma sufficientemente vicino all'ingresso. Tutta quella vegetazione, composta di piccoli boschetti, e di anfratti naturali era la copertura perfetta per ciò che aveva in mente. Scacciò con la mano alcune zanzare e tornò a osservare con il binocolo il parcheggio sotto di sé. Vide la comitiva inoltrarsi nel sentiero e poi sparire nel folto della vegetazione alla base della collina.

Sorrise, sfiorando con la mano la pistola nella fondina.

***

Dopo aver attraversato un piccolo tratto di bosco e poi una zona priva di alberi, il gruppo arrivò in cima al sentiero.

La vista da lassù era da mozzare il fiato.

Lapo e Sofia si fermarono sulla passerella in legno che delimitava l'accesso all'interno della fortezza. Dovunque volgessero lo sguardo potevano scorgere colline, montagne e boschi in un susseguirsi infinito di rilievi, fino all'orizzonte. Alle loro spalle invece si ergevano maestose le rovine di Montsègur, adagiate sulla sommità come una vecchia e stanca sentinella.

«Se non fossimo in missione credo che apprezzerei di più la gita» fece Sofia con una smorfia. «Dopo tutti questi anni non ti sembra strano? Voglio dire... noi due.»

«Lo è» fece lui sbrigativo, «ma non abbiamo tempo per i sentimentalismi. Cerchiamo piuttosto di concentrarci sull'obiettivo e teniamo gli occhi bene aperti.»

«Vedo che non hai perso l'istinto.»

«A volte si risveglia e non è piacevole.»

«Perché mi hai lasciato, Lapo? Non ha mai voluto dirmelo.»

«Avevo le mie ragioni. Dai muoviamoci.»

Entrarono nella fortezza.

La guida si era già portata all'interno del piazzale e si era posizionata più o meno al centro del grande prato in modo che tutti la potessero sentire. «Benvenuti a Montsègur. Io mi chiamo Danielle e per le prossime due ore sarò la vostra guida. Vi parlerò della storia del castello e delle sue vicende nel corso della storia. Cercherò di farvi rivivere ciò che successe durante i lunghi mesi di assedio fino alla caduta finale e al successivo massacro di tutti gli eretici asserragliati qua dentro. Episodio, tra l'altro, per cui è la fortezza è divenuta tristemente famosa. Se avete domande mi raccomando non esitate. D'accordo?»

Tutti annuirono.

«Bene allora, iniziamo. Lo spiazzo in cui vi trovate in questo momento» spiegò muovendo in cerchio le braccia «era il centro della comunità catara. Qua vissero, durante i mesi di assedio, le quasi quattrocento persone che erano scampate alle persecuzioni dell'inquisitore. Gli ultimi catari rimasti. Al loro comando c'erano il cavaliere Roger de Mirapoix e suo cugino Raimon de Péreille, il proprietario del castello. Proprio sul terreno che state calpestando adesso, sorgevano le capanne, i depositi del cibo e quelli per l'acqua, oltre ai locali in cui venivano riposte le munizioni delle guardie armate, ma anche i luoghi di culto per la celebrazione dei rituali.»

«Tutto in questo spazio?» domandò qualcuno.

«Già. Ciò che colpisce chiunque arrivi qua dentro, è proprio la dimensione esigua in cui quelle persone furono costrette a vivere per tutto quei mesi. A noi può sembrare assurdo, ma per loro era più che sufficiente. Avevano tutto il necessario, ed erano persone che necessitavano di molto poco, come del resto imponeva il loro credo. Ma torniamo alla struttura del castello. Non avete notato niente in proposito?» domandò con un sorriso.

Nessuno aprì bocca.

«In effetti non ci si fa mai molto caso. Ma se osservate con attenzione potete vedere come la forma del castello ricordi quella di un pentagono, con i bastioni che, da muro a muro, sono orientati secondo le parti del mondo. Un po' come a Stonehenge» mosse le braccia indicando il perimetro del castello. «Anche l'architettura è del tutto singolare» continuò la guida consapevole di aver attirato l'attenzione del suo pubblico. «Non vi sembra, per esempio, di trovarvi come all'interno di una nave?»

Molti scossero la testa, poco convinti.

«Osservate quell'estremità» riprese Danielle indicando la zona alle loro spalle «laggiù si trova una bassa torre quadrata mentre le lunghe pareti ai vostri fianchi si sviluppano definendo uno spazio stretto nel mezzo che conduce poi a una specie di arco dove le mura si raddoppiano ad angolo ottuso.»

Tutti si voltarono in quella direzione, cercando di visualizzare ciò che avevano appena udito. Subito dopo si mossero verso la zona indicata dalla guida.

«Avrei preferito che ci avesse condotto subito alla torre» sussurrò Lapo camminando dietro agli altri. «Non avevi detto che faceva parte delle zone visitabili?»

«E lo è. Abbi pazienza. Dobbiamo rispettare il percorso della guida se non vogliamo destare sospetti. Vedrai che sarà la nostra prossima tappa.»

«Va bene, ma se la visita si protrae oltre, faremo a modo mio.»

I custodi del destinoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora