CAPITOLO 31

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Sirmione

31

«Cosa diavolo ci fa lei qui?» sbottò Lapo non appena Rosa rispose al telefono. La sua voce era decisamente alterata.

«Sta parlando di Isabel?»

«Lo sa benissimo. Hai reclutato pure lei?»

«Mi pare che il suo intervento sia stato provvidenziale. Voleva il mio aiuto o no?»

«Non è questo il punto, Rosa.»

«E qual è?»

Lapo strinse forte il telefono. «Va bene, cercherò di riformulare la domanda. Cosa - è – venuta - a - fare - Isabel - a - Desenzano?»

«A salvaguardare il nostro investimento.»

«Nostro?»

«Sì, esatto. Se non l'ha ancora capito, in ballo c'è molto di più della sua ricerca personale Colonna, e abbassi i toni, non le conviene.»

Lui frenò la lingua.

«So che lei è un'incognita» proseguì Rosa «e che l'ha quasi uccisa a Londra, ma al momento, visto che non posso impiegare altre forze del C.I.I, rappresenta la sua migliore opzione. Prendere o lasciare.»

«Il nemico del mio nemico...»

«Una cosa del genere. Veniamo a noi. Cos'avete scoperto?»

«Su questo sarà più esplicativa Sofia. Io vado a farmi una doccia» quindi le passò il telefono non senza una punta di irritazione.

Alloggiavano all'Hotel Grifone, una piccola locanda a conduzione familiare situata all'interno di un antico edificio in pietra con vista sul lago e sul castello scaligero. L'avevano scelto per la sua posizione strategica. Abbastanza vicino alla strada principale che portava fuori dalla penisola, ma anche a circa quindici minuti a piedi dalle Grotte di Catullo.

Era perfetto, considerando che avrebbero dovuto agire quella notte stessa. Fortuna che la pioggia era cessata, anche se il vento continuava a spazzare la superficie del mare. Tempo brutto equivaleva a meno curiosi fra le strade.

Le due donne stavano ancora parlando quando lui accese il getto dell'acqua calda e chiuse la porta.

***

«Sono fuggiti, di nuovo» esordì Correa non appena concluse la comunicazione sbattendo il cellulare sulla scrivania.

Roberto fece una smorfia, un po' per la situazione, un po' per il dolore al braccio. Quel dannato proiettile lo aveva colpito proprio in una delle zone più sensibili della spalla, la cavità glenoidea, quella da cui tra l'altro aveva origine il muscolo tricipite. Motivo per il quale non solo aveva una grossa fasciatura, ma faticava a fare qualunque movimento. Anzi, ogni piccolo gesto che smuovesse il braccio era foriero di dolori atroci, simili a mille aghi che gli perforassero la pelle.

«E i nostri?» domandò digrignando i denti.

«Uno è morto, ucciso da un colpo di pistola. L'altro è riuscito a mettersi in salvo prima dell'arrivo della polizia.»

«Quel maledetto agente è veramente una spina nel fianco.»

«Potrebbero essere stati aiutati.»

«E da chi?» domandò Roberto.

«Stando a quello che mi è stato riferito» fece Correa «e in base alle testimonianze raccolte, pare che sul lungolago di Desenzano qualcuno abbia notato una moto sfrecciare a tutta velocità lungo la strada proprio nel momento in cui il nostro uomo si è accasciato a terra.»

I custodi del destinoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora