15
Dal diario di Ettore Colonna - pagina 4
«Tutti i miei ultimi mesi di studio sono stati incentrati sulla figura di Jacques Fournier, Vescovo di Pamiers dal 1318 al 1325.
È lui la chiave di volta.
Fournier fu tante cose, monaco ed abate cistercense, vescovo con funzioni inquisitoriali, teologo, cardinale ed infine papa, ma un elemento è sempre stato il delimitatore comune della sua vita: la difesa dell'ortodossia. A tale scopo s'impegnò alacremente sotto diversi fronti, intraprendendo una vigorosa campagna di repressione in tutto il territorio sottoposto alla sua giurisdizione in stretta cooperazione con la sede inquisitoriale di Carcassonne.
I risultati della sua terribile campagna antiereticale sono preservati nel codice 4030 della Biblioteca apostolica vaticana, una collezione di circa novanta deposizioni caratterizzate da una ricchezza di dettagli del tutto inusuale.
È proprio esaminando attentamente quel codice, il Registrum confessionum et depositionum haereticorum Valdensium et Albigensium in civitate Appamiis annis 1318-1325 ab inquisitoribus Jacobo Furnarii, Bernardo Guidonis, Iohanni de Belna et Galhardo de Pomeriis, eius locumtenenti, iudicati, che mi sono imbattuto in una frase che ha acceso le mie speranze.
"A Montsègur, un segno, mura del castello, torre".
Poteva essere questa la chiave?
Per rispondere a questa domanda ho fatto delle ricerche specifiche per capire meglio come venivano estorte le confessioni così da avere un'idea precisa sulla possibile veridicità di una tale affermazione.
Possiamo restringere gli accorgimenti impiegati nel corso dei processi a due metodi basilari: la memoria e l'oblio. In entrambi i casi l'obiettivo era dissimulare le credenze eterodosse e giustificare le contraddizioni degli accusati.
Nell'ottica dell'inquisitore la memoria si rivela un territorio di tensione e conflitto con l'accusato che serviva a mettere in luce le pressioni che determinavano la selezione dei ricordi, permettendo così solo a certi elementi di affiorare al posto di altri.
Un esempio concreto l'ho riscontrato nell'amnesia che colpì Iohannes Pellicerii. Nel corso delle prime quattro udienze, Fournier non riuscì a ottenere una piena confessione sulla sua diretta partecipazione a incontri con i perfetti e a rituali ereticali di Montségur. Al contrario, Iohannes continuò a nascondere certi fatti e a contraddirsi sulle sue credenze. Per questo motivo il vescovo ricorse alle strategie coercitive che la procedura disponeva contro chi fosse riluttante ad ammettere la verità: l'uomo venne incarcerato, minacciato e scomunicato. Tornato di fronte all'inquisitore cadde in contraddizione propter inrecordationem suam, et quia erat oblitus, ovvero a causa della sua mancanza di memoria e perché aveva dimenticato e fu in grado di confessare perché reduxit ad memoriam, cioè riportato alla memoria.
In sostanza, nel corso delle prime sessioni di interrogazione l'imputato è portato a nascondere la verità, ma in seguito a un periodo di detenzione, è costretto ad ammettere la colpa tramite un'improvvisa reminiscenza che interviene a giustificare il ritardo della confessione.
Il carcere, le torture e le domande pressanti di fatto influenzavano l'esito del processo, spingendo l'imputato ad ammettere che le accuse contro di lui erano vere.
Tale tecnica è nota a molti inquisitori ma fu Fournier che la perfezionò riuscendo in tal modo ad accusare migliaia di eretici che finirono poi bruciati sul rogo.
La frase che ho citato fu pronunciata proprio da Iohannes Pellicerii e trascritta fra le righe di uno dei suoi interrogatori. Questo mi ha spinto a credere che ci fosse sotto una reale parvenza di verità ...»
STAI LEGGENDO
I custodi del destino
Fiction HistoriqueMontsegur - 16 Marzo 1244 Sono passati più di trent'anni da quando Papa Innocenzo III ha indetto la terribile crociata contro gli eretici albigesi e la situazione sta volgendo al suo drammatico epilogo. Migliaia di innocenti sono stati massacrati, e...