Lasciare Milano

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Ti amo, professore

Dedicato al maestro Perboni e al professor John Keating*.

"Pronuncia sempre con riverenza questo nome, maestro, che dopo quello di padre, è il più nobile, il più dolce nome che possa dare un uomo ad un altro uomo"
(Edmondo de' Amicis, Cuore)

"Carpe Diem, cogliete L'attimo, ragazzi, rendete straordinaria la vostra vita!"
(John Keating, L'attimo fuggente)

Capitolo 1  Lasciare Milano

Il professore di lettere e filosofia Mattia Ravetti si accese una sigaretta dopo il caffè, la prima di quella giornata. Non è che fosse effettivamente emozionato, ma era tutto nuovo, per lui. Era il primo giorno di scuola, in un nuovo istituto, con nuovi alunni e colleghi, in una nuova città. Aveva volontariamente lasciato la caotica e tentacolare Milano per la provincia, abbandonando le nebbie del capoluogo lombardo, per una solare e semi-sconosciuta cittadina in riva al mare, in Romagna.

Aveva bisogno che la sua vita prendesse un attimo di respiro, che riacquistasse una dimensione più umana; voleva a tutti i costi riallacciare rapporti veri, aprire le finestre e salutare il vicino della casa di fronte come un vecchio amico; saltare sulla bici e recarsi al lavoro godendo della realtà che gli correva intorno ad un ritmo sostenibile. Voleva abbandonare la claustrofobica sensazione di immergersi, come una formica, nel sottosuolo, che si dirama in cunicoli e strade che raggiungono destinazioni forzate: odiava la metro. Avrebbe voluto eliminare la competitività e la frenesia di Milano con la naturalezza con la quale ci si fa una doccia, ma era consapevole che lasciarsi alle spalle la sua vecchia vita non sarebbe stata una passeggiata.

Quindici anni di matrimonio buttati al vento, Mirella era stata una vera delusione.

Non aveva voluto figli, e ora quella decisione lasciata nelle sue mani con fiducia di un cambiamento nel futuro, gli procurava una strana sensazione al centro del petto: un opprimente vuoto che spingeva fin sulle ossa quando si soffermava a pensarci. Mirella, tutta presa dalla sua carriera di manager ambiziosa, alla fine, aveva fatto venir fuori la sua vera natura rivelando ciò che realmente pensava di lui. Gridargli in faccia che era un fallito, che era rimasto un professorucolo imbrattacarte, con la passione per i classici e la scrittura e la testa in un'altra epoca, lo aveva lasciato attonito per il tempo che le era servito per girare sui tacchi vertiginosi, afferrare rabbiosa la borsa di firma appena acquistata e sbattere la porta della loro casa. Cosa si era perso? Lui amava essere ciò che era. La decisione di laurearsi in lettere e diventare professore, era stata la più facile di tutta la sua esistenza. Sapeva che avrebbe trascorso il tempo a far innamorare ragazzi e ragazze della poesia. Era certo che, grazie a lui, le generazioni che sarebbero scorse sotto i suoi occhi tra gli stessi banchi immobili, avrebbero conservato i grandi nomi della letteratura come compagni di viaggio fedeli da tirare fuori al momento opportuno, per comprendere e dare un significato alle incognite della vita. E lui era fiero di essere riuscito nel restare fedele a se stesso. Era orgoglioso la mattina quando si guardava allo specchio. Forse poteva rimproverarsi di aver lasciato che il tempo creasse, tra lui e sua moglie, quel distacco che si era sempre più rafforzato, trasformando il silenzio e la mancanza di comunicazione in normalità. Ma non pensava che Mirella avrebbe permesso al denaro e all'ambizione sfrenata di renderla cieca. Guadagnava tre volte quello che portava a casa lui, ma non poteva sentirsi sminuito da ciò. La sua ricchezza era un'altra, non poteva essere quantificata con della carta colorata o con del semplice metallo.

Mirella l'aveva scaricato, insomma, come una zavorra, dicendogli che il suo unico pregio, la bellezza, non poteva più bastarle.

Sì. Anche questo sapeva. Era conscio di essere un bell'uomo. Sentiva come gli occhi delle donne si posassero su di lui, nonostante le sue ormai quarantasei primavere. E data la sua fantasia fervida riusciva a percepire persino i desideri che scorrevano oltre le palpebre che si abbassavano veloci come battiti d'ali.

Conservava un fisico tonico e asciutto. Ogni mattina, che piovesse o facesse freddo, vedeva sorgere il sole correndo in una zona lontana dallo smog poco distante da casa, che raggiungeva in dieci minuti di macchina. Ma ora... ora gli sarebbe bastato aprire il portoncino della sua abitazione, attraversare la strada e ritrovarsi a costeggiare il mare che gli teneva compagnia per tutta l'ora di running. Le costanti pedalate, inoltre, per raggiungere la scuola da quando viveva lì, in quel grazioso paese a misura d'uomo, non facevano che completare il suo allenamento.

Non rottamava l'auto, una vecchia Fiat Tipo color canna di fucile, solo perché gli avrebbe potuto far comodo in caso di maltempo.

Posata la tazzina di caffè ormai vuota, spense il mozzicone, infilò il giubbotto dalla linea sportiva e montò sulla sua Vicini, che aveva da quando era ragazzo. Gliel'aveva regalata suo padre per la laurea, ed era costata un botto, per quell'epoca, ma Milano era sempre stata difficile da vivere in sella. Pedalare fino all'istituto dove insegnava avrebbe significato sfidare la sorte ogni giorno, visto il tratto particolarmente pericoloso; per cui, con gran pena, s'era rassegnato a prendere la metro.

L'ampia pista ciclabile che costeggiava tutto il lungomare era una gioia per il suo umore che sembrava essere tornato ai tempi dell'adolescenza. Il tragitto gli avrebbe offerto l'impagabile spettacolo delle onde che si infrangevano sulla battigia e dei gabbiani che volavano sullo specchio d'acqua, invece di camion, file interminabili di auto, viadotti e semafori. Era grato alla sorte per avergli riservato quella seconda opportunità.

Giunse con largo anticipo al liceo Nicolò Copernico; si guardò intorno e vide i ragazzi: il loro vociare non era poi così diverso da ciò che aveva abbandonato. Eppure, Mattia non poteva che sentire l'animo sollevato dai tanti piccoli particolari che lo stupivano e lo meravigliavano cogliendolo impreparato. Sì, ancora una volta era certo di aver preso la giusta decisione, per sé stesso.

Raggiunse la sala professori senza troppi problemi e si presentò brevemente ai colleghi e alla preside. Era abituato a studiare le persone che si ritrovava di fronte e a cercare di dar loro una classificazione. E la donna che in quel momento gli stava tendendo la mano con un sorriso da star di Hollywood, gli fece storcere il naso. Non dipendeva certo dal suo profumo, forte e pungente da risultare quasi fastidioso, ma dall'insieme generale. Quella donna, più o meno sua coetanea, bionda e apparentemente bellissima, sembrava un manifesto pubblicitario su come sconfiggere i segni del tempo. Era lampante come ci tenesse a sottolineare che la sua età anagrafica fosse uno scherzo di cattivo gusto, stampato sulla carta d'identità. Il fisico slanciato fasciato in jeans skinny doverosamente strappati sulle ginocchia e dalla vita bassa, non solo dovevano essere uno strumento da blocco circolatorio, ma esibivano senza nessun pudore un piercing ciondolante sull'ombelico.

La preside lo accolse con un largo sorriso dipinto di un rosso eccessivamente vistoso, che non lasciava alcun dubbio su quanto lo trovasse attraente. Gli occhi chiari risaltavano incredibilmente, cerchiati com'erano di trucco pesante, e la vide sorpresa mentre lo studiava, non lasciando nessun centimetro di corpo scoperto dal suo sguardo voluttuoso.

"Ci risiamo!" pensò quasi sconsolato. Ok, essere belli gonfiava il suo ego e la sua autostima, ma avrebbe voluto che le donne lo apprezzassero per altro.

"...proprio come Mirella!" concluse tornando a guardare negli occhi la donna ancora di fronte, che gli offrì un caffè.

Mattia confermò le sue ipotesi iniziali. La preside rientrava nel gruppo femminile dalle quali stare alla larga! Nel giro di dieci minuti lo aveva informato di gran parte della sua vita e, con sguardo ammaliatore, le si era persino fatta più vicino sussurrandogli che era separata e che i figli avuti durante il matrimonio erano già grandi. Se glielo avesse scritto sul registro di classe, non sarebbe potuta risultare più chiara. Quella donna lo voleva dopo nemmeno averle stretto la mano. Aveva lanciato l'amo e da come si atteggiava, era persino sicura del risultato.

Mattia, però, pur non essendo indifferente al fascino femminile, non era certo più nell'età di essere preda di tempeste ormonali incontrollabili. Non aveva alcun interesse ad abboccare: di donne di quel genere ne aveva conosciute fin troppe, ed erano vuote e senza utilità, come il bicchiere di plastica svuotato di caffè che stringeva tra le mani. Con garbo, allargò la conversazione includendo nel gruppo alcuni colleghi con i quali chiacchierò piacevolmente, schivando i neppure troppo velati inviti della donna, fino a che si sentì del tutto salvo. Era arrivato il momento di conoscere i suoi ragazzi.

*Metto doverosamente la nota, ma credo che sappiate tutt* che Perboni è il maestro protagonista del libro Cuore e John Keating è il professore "capitano mio capitano" del film L'attimo fuggente.
Mattia ha molto in comune con queste due figure eccezionali, e lo scoprirete presto!



An afternoon Love  (Ti amo, professore)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora