44. Il tempio di Dagan (II)

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«Quali condizioni?» Evianne studia la Sacerdotessa Rana con sospetto. Sua madre le ha insegnato che i ministri degli dèi possono essere ingannevoli, sono avidi di magia e spesso usano grovigli di parole per rubarla ai viaggiatori ingenui.

La Sacerdotessa mangia un altro moscerino. «La tua forza di volontà. Se non sarà sufficiente, verrà reclamata dal tempio e tu resterai prigioniera di queste pareti per sempre.»

Un soffio gelido le accarezza la nuca. Evianne impugna Serpentella e si volta, scopre che a sfiorarla non c'è nessun corpo solido, soltanto dita di nebbia che vogliono strappare brandelli di aura magica. Quel posto mette i brividi, ma lei è più forte della paura. «Farò quel che serve per portare Shadee via da qui.»

La Sacerdotessa gracchia una risata. Due bolle viola scoppiettano sul viso attraversato da giri di corteccia. «Ma lui non è qui. Ciò che vedi è solo ciò che più ti spaventa.»

Evianne studia Shadee. È prigioniero di un sonno eterno e sembra morto. È quella la sua principale paura, l'idea di fallire, di non saperlo proteggere dalle minacce del tempio e da sé stesso. Non sa dove si trovi il vero principe di Spilli, ma è disposta a tutto per trovarlo.

«Accetto la condizione. Sarò abbastanza forte.»

«Lo vedremo» gracida la donna. Con un balzo a quattro zampe, salta oltre l'arco di ingresso.

Evianne si avventura nel tempio, un luogo che conosce perché lo ha già visitato durante le sue visioni notturne. Il soffitto è crepato, attraversato da serpentelli d'incenso. Le piastrelle di alabastro e marmo sono velate da pozzanghere sulle quali si specchia il baluginio delle stelle. Oltre a una vasca a forma di lacrima caduta, la accoglie un atrio ampio, circondato da pareti ondeggiate sulle quali si stagliano bassorilievi di sirene. Tra di loro vi è un'anfora gigantesca, il grande vaso dove è scomparso il principe Jaja. Con il cuore in gola, picchietta le nocche sull'immagine per svegliare lo spirito del principe.

«Sono Evianne, sono qui per salvarti. Vieni fuori.»

Unghie si conficcano negli avambracci, zanne affilate sulle spalle. L'intero corpo pulsa di dolore, scariche lancinanti che arrivano fino alle ossa. Un capogiro le fa perdere l'equilibrio, ma Evianne non cade, perché qualcosa la sta reggendo in piedi, si avviluppa attorno a lei alla maniera di mille tentacoli affilati. Le sirene sono uscite dai bassorilievi e la circondano, la addentano come un pasto succulento. Identiche a sanguisughe premono le bocche rosse nella carne e risucchiano fili di sangue e aura magica.

Evianne recupera Serpentella da sotto il vestito e tenta un affondo alla cieca, pregando di non colpire sé stessa, una mossa inutile. Una coda di sirena schiaffeggia via la lama e si arrotola alla base del collo, fa fuggire in silenzio il respiro dalle labbra. Un gemito di dolore la lascia impotente, incapace di agire mentre le sirene gustano brandelli del suo corpo.

«Sono qui per il principe Jaja.»

Un suono raspato esce a fatica di gola. Le spire della coda si avvinghiano più strette e strozzano le corde vocali. L'aria defluisce sempre più dai polmoni, genera una strana pressione in testa, come se il cranio fosse sul punto di esplodere. Nella vista appannata, con i sensi che stanno per lasciarla, distingue il volto spigoloso di una sirena che preme il naso contro il suo.

«Dicci l'indovinello. Dicci l'indovinello e la risposta.» Ha la voce di un gatto che soffia e puzza di pesce.

Evianne tossisce quando la spira si allenta dal collo per darle il tempo di rispondere. «Nessun indovinello. Il vostro amico è in pericolo.»

«Noi non abbiamo amici.» Le sirene cantano a un'unica voce. Il cappio si stringe di nuovo al collo. In quel duello serrato, tra mille code affilate e zanne che mordono, Evianne riesce a vedere meglio la sirena madre, una creatura con il volto di ossa sporgenti e i capelli rossi sui quali è posata una corona di corallo.

Una storia di ali e spilliDove le storie prendono vita. Scoprilo ora