67. Luva e Vala

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Mese dell'Aquila


Secondo un'antica storia narrata nella Bolla di Rugiada i venti più forti hanno il potere magico di sfidare ogni dimensione del tempo e di rompere le barriere che dividono il nostro mondo da quello dei sogni. Lo fanno per portare messaggi o per visitare una persona quando non vuole svegliarsi.

Evianne riposa in un regno che non può descrivere con gli occhi, ma anche se non riesce a vedere sa con certezza che tutto è finito bene. A parlarle sono suoni e odori, il profumo di lavanda selvatica che associa all'infanzia, alle colline viola che hanno assistito alle sue prime avventure in compagnia di Mildri e Snorre. Le spighe piangono quando l'avvicinano, le dicono che non ballerà più con la facilità di un tempo, ma in quella pace immota e calda Evianne non se ne rammarica. Non le importa se non sarà più una tempesta inarrestabile, né se per camminare dovrà usare un bastone. A tormentarla è un altro messaggio, portato da un vento sottile.

"Non potrai più stringere la sua mano."

È un'informazione sibillina che le fa tremare i polsi. Il tempo ha una forma strana in quella dimensione, ma se si potesse misurare in ore, Evianne le passerebbe tutte a interrogarsi sul significato del messaggio.

"Non potrai più stringere la sua mano."

Smette di pensarci, quando un falco stride e si avvicina assieme a un rumore bizzarro, uno sgranocchio di denti che affondano in una crosta di pane secco.

"Buona! Buona! Buona!"

È una voce indimenticabile: Ovest. Con un soffio le accarezza le guance e le conferma che i venti possono davvero superare il tempo e lo spazio e arrivare perfino nel mondo dei sogni.

"Devi svegliarti, Evianne" borbotta Ovest tra una mangiata e l'altra. "Altrimenti perché siamo qui? Per portarti indietro! Così vedrai quanta magia buona ci hanno dato!"

Ovest spazza via le tinte del sogno, la invita ad alzare le ciglia e a guardare il mondo reale. Dalle perline di legno che circondano la finestra capisce di trovarsi a Fontebella, nella casa dei suoi genitori. Ad accoglierla c'è un falco da griot con lo stemma di Soumano. È appollaiato sul comodino e sbatte un'ala per impedire a una manina ingorda di rubargli una piuma per mangiarsela.

«Ti sei svegliata, finalmente!» canticchia Ovest, sperando di distrarre il falco e di riuscire nell'impresa. «Non sai quanto abbiamo dovuto soffiare per riportarti qui.»

«Evianne!» Uno strillo troppo acuto la assorda. Mildri la abbraccia così forte da far scricchiolare la schiena. «Ci hai fatto morire di paura. Sei rimasta ferma come una morta per due settimane. I guaritori non sapevano se ce l'avresti fatta e io stavo impazzendo.»

«E giusto perché è viva, ora vuoi ucciderla soffocandola?» la schernisce Snorre.

Evianne soffia per liberarsi dei ricci di Mildri che le velano il viso e lo trova vicino a Ovest. Ha un braccio ingessato e qualche graffio sul collo. «Che ti è successo?»

Sono le prime parole che pronuncia da quando si è svegliata. Si sente frastornata, come se il cervello fosse un sacchetto gonfio di ovatta e ortiche. È un'impressione strana che le fa dubitare di trovarsi nel mondo reale.

«Sono viva e sveglia» dice per convincersi.

Mildri le pizzica la guancia. «Viva e sveglia, sì, direi di sì.»

Lo sguardo preoccupato che si scambia con Snorre non lascia presagire nulla di buono. È come se entrambi, in bocca, custodissero un segreto pericoloso, uno che potrebbe esplodere, se solo venisse sussurrato nella maniera sbagliata.

Una storia di ali e spilliDove le storie prendono vita. Scoprilo ora