Capitolo 8 - Sam

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Ho una casa. Il senso di sollievo che provo va al di là della consolazione che possono offrire le mura domestiche: firmare quel contratto ha assunto il valore di un atto finale, e mi ha lasciato addosso la stessa sensazione che mi coglie quando al cinema si accendono le luci al termine di una proiezione: l'immedesimazione crolla, la fantasia sfuma e lascia il posto alla realtà. Gli occhi di un sognatore guarderebbero a questo disincanto con malinconia, ma un film che iniziava con un uomo e una donna intrappolati in un ascensore non lasciava presagire nulla di buono. Meglio stare rintanati nel proprio bunker anti tornado, soprattutto se il tornado di turno si chiama Tessa.

Ogni volta che la vedo la trovo sempre più bella... Mi scombussola e suscita in me emozioni che vorrei restassero sopite, ragion per cui vedrò di non farmi vedere troppo in giro per il quartiere, così da evitare incontri difficili da gestire.

Risparmiamoci le complicazioni e partiamo con le cose semplici.

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Ciò che ho portato con me da Boston sta tutto dentro a cinque scatoloni e due valigie; il trasloco non richiederà molto tempo.

Domenica mattina, con un pick up preso a noleggio, arrivo alla nuova casa. Entro e spalanco le finestre, lasciando entrare l'aria frizzante di metà ottobre.

Ieri ho comprato l'occorrente per pulire, qualcosa da mangiare e lo stretto necessario al mio insediamento: utensili per la cucina, biancheria per la camera ed il bagno ed un grande televisore, che sarà probabilmente la mia unica compagnia finché non deciderò che sono di nuovo pronto ad affrontare il mondo.

Al resto penserò poi.

Inizio dalle pulizie: non che ci sia molto da fare, si tratta più che altro di togliere quel velo di polvere che opacizza le superfici dei mobili. Pulisco con cura il bagno e lavo i pavimenti.

Mentre aspetto che asciughino, decido di concedermi il lusso della veranda: mi siedo sul primo gradino e mi godo la pace di questo grazioso quartiere.

Sarà che sono solo le nove di domenica mattina, ma il silenzio è rassicurante. Tessa aveva ragione: si sta rivelando un posto molto tranquillo.

La mia solitudine non è però destinata a durare a lungo, perché, quando alzo lo sguardo verso la strada, vedo qualcuno di mia conoscenza pedalare senza fretta sulla sua bicicletta.

«Tessa!», la chiamo prima di rendermene conto.

Stupido idiota, sei in cerca di guai?

Lei volta la testa nella mia direzione, si illumina del solito meraviglioso sorriso e taglia la strada per raggiungermi.

«Ehi Sam, ciao! Già di trasloco?», chiede sorpresa.

Annuisco. «Venerdì mi hanno allacciato anche l'acqua, quindi ho potuto lasciare l'albergo. Dove te ne vai di bello?», le domando osservandola. È più bella che mai. Anche senza quella camicetta morbida e leggera, che avrei voluto sentir scivolare tra le dita, sa essere attraente in una maglia tanto larga da poter vestire entrambi; le gambe fasciate in un paio di leggins neri; la faccia pulita che pare una ragazzina; i capelli raccolti in una crocchia disordinata.

«Mi sono accorta di aver finito il caffè e sto andando al bar per fare colazione. Senza caffè non mi sveglio mai del tutto la mattina!», spiega.

«Potrei avere del caffè solubile da qualche parte, ma al momento sono preda del caos più assoluto», ammetto indicando il tavolato del portico, ricoperto di sacchetti colmi di oggetti vari.

Ti togli quell'espressione ebete dalla faccia? Che diavolo credi di fare? Sei qui da cinque minuti e stai già facendo danni! Saluta, torna in casa e chiudi a doppia mandata!

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