Capitolo 32 - Sam

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«Sam, dobbiamo parlare. Sei libero più tardi?», se ne esce non appena rispondo al telefono.

E io che avevo accolto la sua telefonata bello pimpante, elettrizzato all'avvicinarsi della tanto agognata seratona all'insegna dei grandi festeggiamenti...

Claire ha accettato, io ho comprato una casa e lei l'ha venduta, santo cielo! Dove sono la gioia, l'ebbrezza per la schiumata di bile di Lauren, l'entusiasmo per la millantata ricompensa che mi ha promesso e per il nostro futuro in generale, che ora sembra tornato a fluttuare libero e beato lungo la strada della felicità?

«Oddio», mormoro invece, abbattuto.

Quando la sua testa frulla pensieri, l'intruglio che ne risulta di solito puzza di guai. Guai per me, intendo.

«Perché "Oddio"?», indaga.

«Perché nell'istante in cui una donna dice ad un uomo "dobbiamo parlare", il poveretto inizia a sudare piccole, appuntite goccioline di ghiaccio! Davvero, è terribile. Si ritrova a rimuginare, in uno stato di ansia e affanno, su cosa può aver combinato, dimenticato, detto o non detto, e il più delle volte non se lo ricorda! Al che si allarma ancora di più», spiego tra il divertito e il preoccupato.

«Non è vero. Voi uomini ruotate gli occhi, infastiditi», frantuma in un attimo la mia immagine struggente.

«Perché se gli uomini generalizzano dicendo "voi donne", alle suddette donne girano le palle, mentre voi lo fate senza troppe cerimonie?», obietto.

«Vorrei farti notare che sei stato tu il primo a generalizzare», puntualizza pignola. «E noi possiamo farlo perché voi uomini siete voi uomini. Le donne sono un universo di sfumature colorate, laddove voi considerate seccante dover vedere il grigio, tra il bianco e il nero».

«Si chiama "tutela della sanità mentale", Tessa. Preferiamo ascoltare che ipotizzare», la informo, a difesa della categoria. «Vi aspettate che intuiamo e captiamo segnali che esistono solo nella vostra fantasia! Se invece parlaste chiaro, trovereste degli individui dotati di un'intelligenza purtroppo spesso sottovalutata, assolutamente bendisposti ad ascoltare le vostre ragioni», insisto convinto.

«Voi uomini fingete di ascoltare», rincara. «In realtà osservate distratti le nostre labbra muoversi e vi chiedete "Quando arriva la parte del sesso?"».

«È una domanda?», la prendo in giro.

«Molto divertente».

«Grazie».

Riesco quasi a vederla: ha un sopracciglio inarcato, la mano sul fianco e la bocca arricciata, a nascondere un mezzo sorriso che non riesce a trattenere.

«Ora devo andare. Devo preparare un certo contratto per un certo cliente. Uno che se non la pianta di provocarmi, vedrà la mia gratitudine materializzarsi soltanto nella sua fantasia», minaccia impertinente.

«Scordatelo. Un patto è un patto».

Ridacchia al mio tono perentorio.

«Ti aspetto stasera da me, ok?», propone poi. «Magari andiamo da Maggie per un aperitivo e poi decidiamo se fermarci a mangiare lì o se portare le pizze a casa», suggerisce.

«Alle sette va bene?».

«Perfetto. A più tardi».


Alle sei esco di casa, impaziente. L'attesa è già stata fin troppo snervante e conto di incrociare Tessa che rientra dal lavoro. Me ne starò comodo sul divano ad aspettare che faccia la doccia, così scongiureremo il pericolo di passare la serata io, lei e il ghiaccio istantaneo.

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