Capitolo 20 - Sam

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È entrata nella mia vita come un treno, che quando all'improvviso ti passa accanto ti sorprende con la sua irruenza e ti scompiglia i capelli per effetto della sua velocità. Arriva, e tu stringi forte gli occhi, e con le mani ti tappi le orecchie, aspettando passi. Solo che Tessa non mi è sfrecciata accanto: lei mi ha investito in pieno, e nessun istinto di autoconservazione è stato abbastanza convincente da indurmi a schivarla.

Mi ha strappato alla mia inerzia, ricordandomi che sono ancora capace di sorridere, di divertirmi, di essere un qualunque ragazzo di ventisette anni. Non voglio più nascondermi da lei, non è giusto. Comunque andranno le cose, qualsiasi strada prenderà il nostro rapporto, merita la mia sincerità; non le bugie, né le mie paure.

Speravo di poter vivere nell'ombra almeno un altro po' - sono venuto fino a Greywood proprio per questo - ma nulla con lei è andato secondo i piani.

Probabilmente perché non ne faceva parte.

Ma se la mia buona stella ha fatto incrociare i nostri cammini, non lascerò che nulla al mondo ostacoli ciò che il destino ha scelto per noi. Soprattutto dopo quanto abbiamo vissuto l'altra notte. Sapevo mi avrebbe scombussolato, ma mai avrei potuto prevedere un simile impatto. I sentimenti tenuti a bada con fatica e abnegazione si sono ribellati con la furia che è propria solo delle tempeste in mezzo al mare e i confini che ci eravamo imposti di non oltrepassare sono stati fatti a pezzi, rivelandosi fragili e inadeguati quanto una barchetta a remi che sfida l'ira delle onde dell'oceano.

Non mi azzardo a dar loro un nome – quantomeno non posso farlo anche per Tessa - ma, quali essi siano, sono forti, pretendono di essere ascoltati e per quanto non possa dare per scontato che lei provi ciò che provo io, mi sento ottimista, perché gli occhi di Tessa non mentono mai, non a chi li guarda davvero. Ed io non sono mai stato avaro di attenzioni quando si è trattato di leggervi attraverso.

La necessità di un confronto è tanto impellente da togliermi anche il sonno, ma un susseguirsi di imprevisti lavorativi, che lei stessa ha definito inattesi, sembrano non lasciarle tempo, né energia. Sono tre giorni che non ci vediamo e che scambiamo a malapena due parole al telefono: o tutta Greywood ha deciso di volere una nuova casa prima del Ringraziamento o Tessa sta cercando di evitarmi... Immagino di poter propendere per la seconda possibilità.

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«Ti va di mangiare insieme stasera?», chiedo speranzoso.

«Ho una giornata da incubo, Sam... Lauren ha riorganizzato la mia agenda in modo tale da non farmi arrivare viva all'ora di cena!», risponde esasperata.

«Che hai combinato?», domando curioso.

«Le ho chiesto un giorno di ferie! E lei ha pensato bene di concentrare gli impegni di due giorni in uno», sbuffa irritata. «Credo che la colazione che sto facendo adesso sarà l'unico pasto che potrò concedermi oggi», riflette abbattuta.

«E durante quel tanto agognato giorno di ferie riusciremo a vederci? Vorrei che parlassimo», le ricordo.

«In realtà vado dai miei, in Idaho, per il weekend. È un po' che non torno a casa e mia madre comincia a dare di matto», dichiara.

«Te ne vai per l'intero weekend?», non riesco a nascondere la delusione.

«Già», conferma in un soffio.

Quindi ha deciso di allungare le distanze.

Il sangue comincia a ribollirmi nelle vene ed è meglio chiudere questa conversazione prima che prenda la piega sbagliata.

«Sam, ti prego...», supplica con un filo di voce, intuendo il malumore che cela il mio silenzio.

«Cosa?», sbotto.

«Non essere arrabbiato. Ho bisogno di staccare. Devo andarmene per un paio di giorni, ok?».

«Lontano da me? L'idea di passare del tempo insieme è ad un tratto tanto terribile da costringerti addirittura a prendere un aereo per non dovermi vedere?», non mi sforzo neanche di non alzare la voce, ormai in balia dell'amarezza e della frustrazione.

«Non è così... Mi manchi», sussurra.

«No. Tu manchi a me. Infatti ti cerco da giorni. Non prendo un aereo», controbatto implacabile.

«Non voglio che le cose cambino tra di noi», ammette il suo timore con voce sempre più sofferente.

«Sono già cambiate!», la sprono ad arrendersi all'evidenza dei fatti. «Le cose tra noi hanno continuato a cambiare durante ogni singolo momento trascorso insieme. Forse non hanno seguito per entrambi la stessa direzione, ma non è un buon motivo per infilare la testa nella sabbia!».

«Perché devi farla così complicata?», esplode all'improvviso. «Voglio soltanto che torniamo ad essere quelli di prima! Stavo bene con te: contavo i minuti che mi separavano dal sentirti, dal vederti, dal passare una serata insieme. Mentre ora l'idea mi terrorizza, perché non capisco cosa stia succedendo».

«Sappiamo entrambi benissimo cosa sta succedendo, ma tu non vuoi vedere», addolcisco il tono.

«Sapevo che era una follia!» esclama trapanandomi un timpano. «Tanto stupida quanto l'idea di poterla ignorare!».

«Sai, quel cazzo di filtro a volte sarebbe utile anche a te. Ti aiuterebbe a non ferire le persone», le faccio notare alzando a mia volta la voce.

«Non volevo ferirti», si rammarica.

«Hai appena definito "stupida" e "follia" qualcosa che sono certo meriti parole più generose. Forse la tua intenzione di non ferirmi richiedeva uno sforzo maggiore. È comunque chiaro che la pensiamo in maniera diversa», ribatto.

«Credi che io stia bene? Che ce l'abbia con te? Beh, ti sbagli di grosso. Io ce l'ho con me stessa, per aver compromesso il nostro equilibrio; e adesso non so come fare a ristabilirlo», confessa con una voce che si fa sempre più agitata.

Non posso mollare. Mi rifiuto di appoggiarla mentre tenta di ricostruire un rapporto che doveva rompersi per poter poi assumere la giusta forma.

«Non ti ha neanche sfiorato l'idea che magari stai cercando di mantenere l'equilibrio alla cosa sbagliata, Tessa? Forse è per questo che ti riesce così difficile. O sei troppo ostinata per accettare il fatto che le cose non sempre vanno come avevi stabilito?», la provoco.

«Che IO avevo stabilito?», sbraita allibita. «Credevo fossi tu quello sul mio divano che conveniva con me sul fatto che avremmo potuto condividere solo una bella amicizia! Sospettavo fossi bipolare, ma ora hai dissolto ogni dubbio!».

Per quanto mi sforzi di rimanere serio un sorriso mi si allarga sul viso. Bipolare, addirittura! Meno male che non può vedere la mia espressione divertita, perché s'incazzerebbe ancora di più. Adoro il suo spirito guerriero. Anche se prima o poi mi manderà al manicomio.

Certo, ha ragione, ricordo bene le mie parole, ma contrariamente a lei io ho accolto ed accettato il cambiamento che, inesorabile, continua a sgretolare il muro che avevo alzato.

Tuttavia non ha senso continuare questa discussone, non al telefono almeno.

«Come vuoi, Tessa. Non insisterò più. Se e quando sarai pronta ad ascoltare ciò che ho da dire, sai dove trovarmi. Nel frattempo non mi resta che augurarti buon viaggio»

«Grazie!», sbotta secca e riattacca.

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