Capitolo 30 - Sam

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«Dulcis in fundo, la proposta di Lauren», dice Tessa, aprendo la porta di quella che, per il momento, è l'ultima casa che visiteremo. Del resto siamo a Greywood: quante proprietà potrò mai sperare di trovare che rispondano ai requisiti che ho specificato?

«Benvenuto a "Casa Burt". Sentiti libero di cogliere la mia disapprovazione», chiarisce.

Ci aggiriamo senza entusiasmo per le stanze della zona giorno; saliamo le scale in silenzio ed entriamo nella prima camera da letto.

Il tempo dei giochi è ormai finito e mi chiedo cosa accadrà adesso. So che il riavvicinamento degli ultimi due giorni è reale e non il frutto di un'ingannevole speranza, perché ho percepito la sua pelle incresparsi al tocco delle mie dita, il cuore accelerare, il respiro tremare. Emozioni vive e vere, messe a nudo dall'ardore nei suoi occhi, che non mentono mai.

Eppure ogni passo che muoviamo in questa casa, ogni minuto che ci lasciamo alle spalle, ci avvicinano ad una sorta di fine, che mi intristisce e mi spaventa.

Chiudo fuori i pensieri cupi e torno al nostro presente: una danza di sfide e azzardi che ci esalta e destabilizza in egual misura. Sfodero un bel sorriso e attacco:

«Presumo tu consideri il nome Burt alla stregua di un contraccettivo», ironizzo.

Leggo sul suo viso una sorta di sollievo, dovuto forse all'interruzione di quell'opprimente silenzio.

«Beh, certo. Sembra un rutto», esclama divertita.

Sorrido alla sua battuta, pronto a gettarmi in un'altra folle conversazione.

«Quindi neanche un Burt avrebbe chance con te», desumo.

«Sii serio! Mi ci vedi in intimità con un B-urt?», imita un verso di gola.

«Sono tentato di metterti alla prova», le faccio un occhiolino.

«E cosa potresti mai fare?», ridacchia. «Lanciarmi sul letto e persuadermi che un rutto può essere sensuale?»

«Oh, potrei eccome... Solo non credo sarebbe saggio», la metto in guardia.

«Hai ragione. La delusione della sconfitta ucciderebbe a morte il tuo orgoglio», mi schernisce.

«Ne sembri convinta».

«Avanti, Sam! Il nome è importante! Ha il suo fascino», dichiara. «Pensa ad Oliver per esempio: senti come la lingua scivola morbida e languida sulla elle: Oooliver...», strascica, lenta e carezzevole. «Lo senti com'è erotico? Oppure Noah... Un nome che termina in un sussurro, in un gemito quasi, che lascia le labbra dischiuse, in impaziente attesa di essere baciate», continua nel suo gioco al massacro.

Mi mostro impassibile, per celare l'effetto che mi fa sentirla parlare di lingue che scivolano e gemiti sussurrati.

Cazzo, mi vuole morto!

Se vuole vedere fin dove può spingersi prima di ottenere una mia reazione, posso garantire che il limite è raggiunto, oltrepassato e polverizzato!

Non può immaginare la fatica che mi costa trattenermi: il pensiero delle sue labbra mi uccide, il richiamo del suo corpo frusta la mia pelle e vorrei smetterla di girarci intorno, di resistere, di aspettare. Ma il timore che le sue provocazioni celino l'insicurezza di chi ha bisogno di conferme e che ha scelto questo espediente per ottenerle, mi spinge ad assecondarla, anche se dubito sopravvivrò a lungo.

«Non mi credi?», insiste. «Ok, affibbiami il nome meno sexy che ti viene in mente e seducimi».

Ottimo! La fine è sempre più vicina!

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