Capitolo 21 - Tessa

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È passata quasi una settimana dal mio litigio con Sam e da allora non l'ho più sentito. Sono andata dai miei in Idaho, ma cambiare aria non ha avuto l'effetto che speravo. Anzi. Mia madre era così preoccupata per il mio pessimo umore che mi ha fatto bere litri di orribili tisane a base di non so quali erbe benefiche. Sono tornata a casa drenata, non c'è che dire, ma l'inquietudine non se n'è andata.

Sam non chiama ed io non riesco a convincermi a farlo per prima. Mi manca e sono terribilmente dispiaciuta per la discussione che abbiamo avuto. Allo stesso tempo però sono anche furiosa con lui! Come si è permesso di sputarmi addosso tutto quel veleno? Sto cercando di rimettere insieme la nostra amicizia e lui mi accusa di essere un ottuso mulo testardo!

Ripenso ai toni alterati e alla rabbia, che da parte mia nascondeva solo una grande paura, mentre la sua sembrava piuttosto un severo rimprovero, uno sfogo gratuito e crudele.

Dal soggiorno, i The Cure cantano "Apart" e la voce di Robert Smith si interroga sul mio stesso dilemma: "Come abbiamo fatto ad allontanarci tanto? Eravamo così vicini...".

Sfogo la frustrazione sbattendo con rabbia ogni singolo capo in lavatrice, neanche fossero macchiati del più ignobile dei tradimenti.

«Che diavolo ti hanno fatto quei jeans per meritare tutto il tuo odio?», si insospettisce Jules, affacciandosi alla porta della lavanderia.

«Vuoi che me la prenda con la tua biancheria?», ribatto.

«No. Vorrei che mi dicessi perché sei tanto incazzata».

«Non voglio parlarne».

«Ed io non voglio più vedere quel muso lungo! Quindi? Quale potrebbe essere la soluzione? Magari chiamo Sam e vediamo se lui può farti tornare il buonumore», mi pungola.

Mi giro di scatto e la disintegro con lo sguardo più truce che mi riesce.

«Tesoro... Sono Jules!», mi ricorda sventolandomi una mano davanti al naso. «Non crederai di impressionarmi con quello sguardo? L'unica a cui riesce bene è Alex e nemmeno il suo mi spaventa un granché».

«Non mancherò di informarla», replico minacciosa, chiudendo l'oblò con un colpo secco e avviando il ciclo di lavaggio.

«Mi vuoi dire cos'è successo?», non si arrende.

«Abbiamo litigato, ok?», sbotto spazientita.

«E chiaramente tu hai ragione, lui torto, ma non lo ammette», mi schernisce.

«Certo che ho ragione io! Lui non fa il minimo sforzo per comprendere la situazione. Anzi! Si ostina a voler tirare in ballo episodi che eravamo d'accordo non menzionare più», mi difendo, scaldandomi.

«Quali episodi?», si incuriosisce all'istante.

Abbandono le braccia lungo i fianchi e sospiro. Forse potrei confidarmi con lei... È la mia migliore amica, mi conosce da sempre e vuole solo il mio bene.

«Quella notte, Jules», la sbircio di sottecchi. «Vuole parlare di quella notte. Anche se eravamo d'accordo di non farlo», spiego in un sussurro.

«Cos'è successo di preciso quella notte?», indaga con un sorriso malizioso stampato in faccia.

Sollevo un sopracciglio in un'espressione che non richiede ulteriori delucidazioni.

«Oh, mio Dio! Lo sapevo!», esclama sgranando gli occhi.

«Jules...», la supplico con un filo di voce.

«Ed è stato così brutto che avete deciso di non riparlarne mai più?», ridacchia. «Che sfiga, Tessa. Una volta che ti lasci sfilare le mutande ti ritrovi tra le mani un incapace. Curioso come a volte una bella confezione lusinghi invano sull'effettivo contenuto...», riflette abbattuta. «C'è anche un detto, se non sbaglio: parla di libri e delle loro copertine... Com'era?».

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