Capitolo 27 - Tessa

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Parcheggio fregandomene della ruota anteriore che scavalca il marciapiede, troppo incazzata per badare a simili dettagli. Scendo dalla macchina, sbatto la portiera e marcio come una furia verso la casa di Sam.

Mi attacco al campanello e con l'altra mano busso, finché la porta si apre e un Sam quasi spaventato fa capolino oltre l'uscio. Non appena mi vede la sua espressione cambia e lo sconcerto cede il passo ad un sentimento di altra natura, che sulle prime non riesco a definire.

Aspetta un attimo! È sollievo quello sul tuo viso? Reazione sbagliata, caro mio!

«Tessa... È bello vederti», sussurra con dolcezza.

«Non provarci», lo ammonisco, puntandogli un dito contro. «Sono arrabbiata. Molto arrabbiata».

«Ultimamente sei sempre arrabbiata con me», mi fa notare.

«Quindi continuerai a provocarmi, per vedere fin dove puoi spingerti prima di procurarti un occhio nero?».

«È per questo che sei qui? Vuoi mettermi le mani addosso? Potrebbe non essere un gran dispetto».

È allegro, sfrontato; non ha capito quanto io sia contrariata?!

«Sai benissimo perché sono qui. E sappi che hai sprecato il tuo tempo: non faremo questa cosa», dichiaro risoluta.

«Quale cosa? Parlare?», ironizza.

«Hai voglia di fare lo spiritoso?», lo inchiodo con uno sguardo minaccioso.

«Non se devo ridere da solo», replica, tornando serio.

«Beh, io non ho nessuna intenzione di ridere. Né di trovarti un'altra casa. Hai già questa», gli ricordo, spazientita.

«Vuoi entrare?».

«Neanche se stessi per essere investita da una nube di locuste».

«Come vuoi», allunga il collo oltre la mia spalla e io proprio non resisto: mi giro di scatto - con la sfiga che ho, potrebbe esserci davvero un insetto schifoso nei paraggi.

«Non prendermi in giro!», sbotto adirata, colpendolo sul petto. «Non c'è niente che potrebbe spingermi a varcare questa porta. Sono qui soltanto per dirti che rifiuto l'incarico», lo informo.

«Vuoi dare spettacolo davanti alla signora Jefferson? Sei generosa: le regali un teatrino che alimenterà i pettegolezzi nel quartiere da qui a Natale», mi punzecchia.

Mi volto e vedo che quella comare impicciona esamina la posta raccolta dalla sua cassetta delle lettere con una lentezza esasperante, neanche sospettasse che il bollettino parrocchiale fosse cosparso di antrace.

Che poi, chi ritira la posta alle cinque del pomeriggio? Le comari impiccione, ecco chi!

Spingo dentro Sam e chiudo la porta alle nostre spalle.

«Contento? Ora apri bene le orecchie: non cercheremo una maledetta casa insieme, chiaro? Come ti è venuto in mente di coinvolgere Lauren in questa farsa?», sbraito agitando le braccia in aria.

«Quale farsa? Si tratta di un semplice investimento», si giustifica. «Inoltre, la provvigione che ne ricaveresti potrebbe fare la differenza per te e Jules: potreste aprire la vostra attività».

Lo fisso esterrefatta: «Per questo lo stai facendo?».

«No. Mi serve una casa più grande», insiste.

«Perché?», mi impunto, incrociando le braccia al petto.

«Te lo spiegherò quando sarai un tantino meno aggressiva», afferma, azzardando un lieve sorriso.

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