Capitolo 23 - Tessa

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Cosa diavolo è appena successo?

Sono appoggiata di spalle alla porta di casa mia, mentre il rumore dei passi di Sam che si allontana lungo il vialetto si fa sempre più distante. Ho chiuso in fretta la serata, con la scusa di un mal di stomaco che non ho, per liberarmi di lui e poter restare sola a riflettere su ciò che ho visto.

La macchina rossa di cui Jules mi aveva mostrato una foto era là e, allungando lo sguardo, ho notato una donna dai lunghi capelli biondi intenta a sbirciare le finestre che danno sulla veranda. Atteggiamento fin troppo confidenziale, così come l'ora tarda scelta per la sua visita!

Eppure non ha alcun senso... Non dopo le parole che mi ha detto, non dopo aver fatto l'amore con me in quel modo. Non dopo la mia resa...

Questo la dice lunga sulla mia totale incapacità di giudizio rispetto a chi ho accanto!

L'unico strumento a difendermi era la mia ragione, quella che mi implorava di non lasciarmi andare, che presagiva le catastrofiche conseguenze di una scelta tanto avventata, quella che per l'ennesima volta è stata zittita a favore del cuore. E questo è il risultato: mi sento la più stupida delle idiote. La più incazzata delle stupide idiote!

Lei era là, cazzo! E lui lo sapeva: c'era solo la sua macchina lungo la strada! Ha fatto finta di niente, mi ha presa per mano e mi ha accompagnata a casa. Voleva persino entrare e prepararmi una maledetta tisana per il mal di stomaco! Buon per lui che si è lasciato convincere ad andarsene, perché a quest'ora avrebbe lo stampo del bollitore in faccia.

Non riesco a crederci... Ha un'altra donna.

No, lei non è "l'altra". Fino a poche ore fa tu eri soltanto un'amica, ricordi? Ti eri talmente sforzata di chiarirgli il concetto! Sarebbe più corretto definire te stessa "l'altra". Quella è lì da prima di te.

E allora che si fotta. Ho chiuso con lui.


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Lo sconcerto è stato presto soppiantato da una collera funesta. La notte ha macerato la delusione, trasformandola in acido risentimento. Ho una tale rabbia in corpo che se me lo trovassi davanti adesso gli procurerei le più atroci sofferenze fisiche che mi riuscirebbe di infliggergli.

Ricorderà quel famoso calcio sul naso come la più tenera delle mie carezze. Lo disintegro, cazzo! Come ha potuto essere subdolo a tal punto? Prendersi gioco di me in questo modo?

Vorrei saper trattenere e accrescere il mio sdegno il tempo necessario a sfogarlo su di lui, ma la tristezza e la delusione hanno di nuovo la meglio e mi ritrovo seduta su una sedia in cucina, a fissare una tazza di caffè che forse, se riuscissi a bere, mi terrebbe in piedi dopo la notte insonne passata a rimuginare su inutili domande: come ho potuto permettergli di umiliarmi così? Come può essere tanto crudele e meschino? Chi è davvero il ragazzo con cui ho trascorso gli ultimi due mesi? E soprattutto, chi cazzo è la stramaledetta bionda?

Sto annegando nell'amarezza delle mie considerazioni e non mi accorgo dell'improvvisa presenza di Jules, che, dopo un saluto distratto a cui non rispondo, mi pianta gli occhi addosso e mi sfiora con delicatezza una guancia:

«Ehi, cosa sono queste lacrime?», chiede allarmata.

Quali lacrime?

La guardo, incapace di comprendere il significato delle sue parole e il suo viso si fa ancora più teso:

«Tessa, che succede?», insiste, sedendosi sulla sedia accanto alla mia.

«Non succede niente», sbotto irritata, dirigendomi al lavello e sbattendovi dentro la tazza. Tazza che non sopravvive all'impeto della mia ira. Ora è una tazza senza manico.

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