Capitolo 15 - Tessa

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«Hai preparato i dolcetti per stasera?», chiedo a Sam appena risponde al telefono. Il suo prolungato silenzio mi fa intuire che non abbia idea di cosa io stia parlando.

«Quali dolcetti?», domanda infatti, confuso.

«Sam, sai che giorno è oggi?».

«È mercoledì...».

«È Halloween, testone! Tra un paio d'ore avrai le mura di casa tempestate di uova e pomodori marci se i piccoli mostri non troveranno tonnellate di zucchero ad attenderli!», esclamo divertita.

«Oh, cazzo», borbotta allibito. «Grazie per la dritta. Terrò le luci spente e fingerò di non essere in casa».

«Pensavo di rendere la tua serata meno terribile», lo rincuoro. «Neanche l'avessi immaginato, ho fatto scorta di dolcetti e posso stare da te a distribuirli, se vuoi. Jules e Mark staranno qui a casa, quindi la mia fortezza è salva, contrariamente alla tua», ridacchio.

«Sul serio verresti qui a darmi una mano?», pare sollevato.

«Ce l'hai un costume almeno?».

«Ma se ho a malapena i miei vestiti!», ribatte in sua difesa.

«Ok, ci inventeremo qualcosa», gli prometto.


«Passi la serata dal tuo amichetto?», si informa Jules, senza riuscire a mascherare il ghigno sfrontato che le incurva le labbra. Sta aspettando impaziente il giorno della mia capitolazione ed è pronta ad accogliere la sofferta confessione, immaginandola condita di dettagli piccanti.

«Non chiamarlo così!», replico infastidita. «Lo fai sembrare uno squallido amico di letto. Ed io non frequento affatto le sue lenzuola», le ricordo.

«Per il momento...», insinua lei maliziosa.

«Ti sbagli di grosso. Lascio volentieri a te il titolo di "dea del sesso occasionale". Noi siamo amici veri, di quelli che si sforzano di non dare troppo peso ad eventuali, sporadiche tentazioni, perché vogliono costruire un rapporto vero e duraturo», cerco di difendermi, indignata.

Jules non si lascia scoraggiare dal mio disappunto:

«Allora non dev'essere figo come davi a intendere; altrimenti saresti folle a lasciarti scappare l'occasione. Ripetutamente, aggiungerei», mi istiga con l'insolenza che la contraddistingue.

«Certo, come no. È solo bello da star male», ribadisco con voce sofferente mentre mi preparo per uscire. «E poi l'hai visto con i tuoi occhi, no? Quindi smettila di provocarmi per farmi ammettere che mi piace», sbuffo esasperata.

«L'ho visto di sfuggita, lo sai: ero troppo terrorizzata dalla sua aria incazzata per soffermarmi a studiarlo nei dettagli», mi rammenta. «Comunque te lo concedo, sembrava piuttosto belloccio», riconosce. «Forse è il tuo cervello ad aver bisogno di una revisione completa: ti si sarà inceppata qualche rotella», mi prende in giro ridendo.

«Sai, credevo fosse una prerogativa maschile ragionare con l'arnese che vive nelle mutande, ma è chiaro che i cliché andavano rivisti quando sei venuta al mondo tu». Sfodero l'artiglieria pesante, determinata a vincere questo round.

«I ragionamenti che scaturiscono dalle mie mutande sono molto più appaganti dei tuoi, te lo garantisco», insiste, perorando la sua causa. «Ma se proprio non vuoi dar retta alla voce agonizzante che urla tra le tue cosce, posso soltanto sperare che almeno lui, prima o poi, si dia una svegliata!».


Dopo circa un'ora mi presento a casa di Sam travestita da pipistrello. Indosso una tutina nera aderente che mi copre dal collo alle caviglie. Le ali sono fatte da due triangoli di raso, cuciti lungo i fianchi, fino ai polsi, e fanno la loro magica apparizione ogni volta che sollevo le braccia. Il trucco è nero, marcato, e un cerchietto tra i capelli sciolti, corredato da due orecchie appuntite, completa il mio travestimento.

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