Capitolo 26 - Sam

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Mi ero ripromesso di lasciarle spazio e di aspettare che fosse lei a cercarmi, ma già dopo un giorno stavo impazzendo. Vorrei sapere come sta, in che modo stia elaborando gli ultimi avvenimenti, se si senta tradita, spaesata, spaventata...

Chiamarla o scriverle si è rivelato del tutto inutile, pertanto sto ragionando sulla mia prossima mossa: inscenare un incontro casuale da Maggie il venerdì sera? Già fatto; lei non si è vista.

Potrei aspettarla fuori casa, o all'uscita dal lavoro, come il più patetico degli innamorati scaricati, ma mi liquiderebbe in mezzo secondo.

Claire dice che si farà viva, che ha solo bisogno di tempo per razionalizzare l'intera faccenda; io credo invece lo stia impiegando per circondarsi di picchetti, dove avvolgere una fitta rete di filo spinato.

Sta disponendo una barriera, costruendo il suo rifugio.

Mentre fisso dal mio letto un soffitto che non suggerisce alcuna idea, sento suonare alla porta.

La speranza che possa essere Tessa mi fa scattare con l'agilità di un ninja - e forse l'arte nel defilarsi mi farebbe comodo in questo momento, perché oltre l'uscio trovo Alex, che mi scruta con il solito cipiglio.

«Ciao...», non nascondo la mia sorpresa.

«È ora di fare due chiacchiere», m'informa.

Sono perplesso, ma allo stesso tempo incuriosito dalla sua visita inaspettata, quindi la faccio entrare e la precedo verso la cucina:

«Ti va un caffè?», propongo – cortesia atta a capire se venga in pace o in veste di sicario. Se il mandante è Jules non ho dubbi sull'esito del nostro imminente colloquio.

«Grazie», accetta.

Il tintinnio del mio cucchiaino che sbatte contro la tazza fa da sottofondo ad uno scambio di sguardi che non rivela le reciproche intenzioni.

«Perché sei qui?», decido di rompere il silenzio.

«Perché mi sta venendo l'orticaria», dichiara. «Mi chiedo come due persone riescano a perdere tanto tempo», scuote la testa, sconcertata. «Sappiamo entrambi che ad aspettare Tessa invecchieremmo entrambi, quindi vorrei sapere cosa stai aspettando tu».

«Al punto in cui siamo, non sta a me la prossima mossa purtroppo», replico conciso. Non so che informazioni abbia e non voglio sbilanciarmi senza prima avere le idee chiare.

«Se ti illudi che lei possa, da sola, sciogliere i nodi del casino che hai combinato pecchi di ingenuità», obietta. «Avrebbe più futuro come manutentore degli ascensori che come magliaia, puoi credermi», rincara divertita.

«Perciò ha deciso di chiuderla qui: è questo che ti ha detto?».

«Non ne parla affatto. Da una settimana si è barricata dietro un muro di silenzio che nemmeno Jules è riuscita a scalfire - e lei sa essere esasperante», sottolinea. « È più che mai determinata a tenerci fuori. Il problema è che, a quanto pare, il suo monologo interiore non la sta portando da nessuna parte. È come guardare un criceto che corre sulla sua ruota: parte fiducioso e determinato, per poi constatare, allo stremo delle forze, che le sue fatiche non hanno dato i frutti sperati».

«Carino da parte tua paragonare Tessa a un topo», esprimo il mio disappunto per l'ingrata similitudine. «O stai insinuando che io sia il gatto?».

«Non stare sulla difensiva, non ce n'è bisogno», liquida con noncuranza le mie rimostranze. «Se ti credessi una minaccia la nostra conversazione sarebbe ben diversa, te lo posso garantire».

Non nutro alcun dubbio in proposito!

Mi domando piuttosto come sia possibile che Owen cammini ancora sulle sue gambe: questa qui sarebbe in grado di occultare un cadavere senza lasciarne traccia.

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