<<Questo posto è bellissimo>> dissi io, sedendomi. Lui, che era intento a scorgere il menù lasciato sul tavolo, mi guardò come se avessi appena detto una scemenza.
<<Davvero ti piace?>> mi chiese accigliandosi.
<<Certo che sì. Ricorda tutto gli anni 50. I divanetti rossi, i tavolini in metallo, il pavimento a quadri bianchi e neri, i quadri vintage, per non parlare del jukebox messo lì sotto>> gli dissi di getto, indicando ogni oggetto che avessi nominato e lo guardai. Mi stava osservando con una scintilla che non avevo mai visto ed ebbi paura di aver detto qualcosa di sbagliato, così abbassai lo sguardo, torturandomi le mani. Lui fece un ghigno che mi riportò con lo sguardo su di lui. Credo fosse divertito.
<<Perché ridi?>> chiesi contrariata, mettendomi a braccia conserte.
<<Perché sei davvero buffa>> mi disse continuando a ridere di me. Stavo per controbattere quando una figura si rivelò accanto a noi, richiamando la nostra attenzione.
<<Ragazzi, siete pronti ad ordinare?>> chiese la cameriera sulla quarantina.
<<David, quanto tempo tesoro, come stai?>> gli chiese la donna, che sembrava conoscerlo bene. <<Bene signora Parker, lei invece come sta?>> rispose lui, in modo cordiale e restai sbalordita dalla cosa. Quel cavernicolo aveva anche dei modi cordiali?
<< Cerco di tirare avanti come posso. Allora, che avete deciso di ordinare? Vuoi fare il solito, come sempre David?>> chiese la signora a David, ignorando completamente la mia presenza, ma io volevo ordinare da sola il mio cibo, così mi schiarii la voce e i loro sguardi si concentrarono su di me.
<<Io vorrei un hamburger, con bacon, cheddar, salsa barbecue e delle patatine a parte, se è possibile>> dissi io, col tono più pacato del mondo. La donna mi sorrise in modo amorevole e poi scoccò un'occhiata a David, prima di annotare la mia ordinazione. <<David, cosa ti porto?>> si rivolse a lui, che era intento a guardarmi. Avrei voluto leggergli la mente quando mi guardava in quel modo.
<<Lo stesso anche per me, grazie signora Parker>> le disse lui, interrompendo il suo sguardo su di me.
La signora andò via e la musichetta che proveniva dal jukebox era davvero rilassante. Non facevo altro che ammirare il locale, notando che c'era poca gente. Era notte ed era normale che fosse così. Vi erano due agenti di polizia seduti al tavolino più distante che stavano mangiando delle ciambelle davvero appetitose. Poi c'era un uomo sulla quarantina che stava mangiando da solo e infine c'eravamo io e David, che non stavamo spiccicando parola.
<<Hai detto che fai design...>> disse lui, interrompendo il silenzio, come se mi avesse appena letto dentro la mente, di nuovo.
<<Tu invece fai architettura...>> gli risposi.
<<Com'è nata la tua passione per il design?>> mi chiese.
<<Oh beh, diciamo che non è proprio nata in qualche modo. Ho sbagliato scuola, io non avrei mai voluto fare questo. Il mio intento era un altro, solo che per seguire alcune vecchie amiche, con cui adesso non parlo più, ho deciso di fare questo della mia vita. Adesso mi manca l'ultimo anno per laurearmi >> gli dissi tutto d'un fiato, facendo la parte della logorroica.
<<Quindi non sei una vera appassionata>> mi disse lui.
<<Uhm...diciamo che lo sono diventata col tempo. Al liceo ero ormai ero una delle più brave>> gli spiegai. <<Mh>> mi rispose lui, emettendo un suono.
STAI LEGGENDO
Contro ogni fottuto pronostico.
RomanceMaria: ''Non mi piaceva, non mi sarebbe mai piaciuto, era solo una palla al piede con cui avrei dovuto condividere la casa '' David: ''Non mi piaceva, non volevo neanche provarci, non era il mio tipo e non lo sarebbe mai stata. Era piuttosto una gra...