Capitolo 4

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"Caro generale, amico mio, sono giunto a destinazione ieri mattina, ma non ho ancora avuto udienza con il Principe Bianco a causa delle sue condizioni di salute precarie. Vi informo infatti che è gravemente ammalato e che occorre attendere qualche giorno per avere un colloquio ufficiale. Consigliate l'attesa o il ritorno?
Con profondo affetto.

Il capitano".

Il duca aveva sigillato la missiva che avrebbe spedito dall'ufficio postale, era rischioso, qualcuno avrebbe potuto intercettarla, ecco perché era stato vago e breve, ma non poteva fare altrimenti.

Avevano escogitato una serie di nomi in codice per comunicare a distanza e cercare di rendere più sicura la corrispondenza. In questo modo non avrebbero messo a repentaglio la loro identità e quella dei loro amici. Era suo compito avvisare il generale e metterlo al corrente della situazione, così sarebbe stato più semplice prendere una decisione.

L'enorme orologio appeso alla parete della camera segnava le sette del mattino, ma lui non aveva chiuso occhio per tutta la notte.

Non si sentiva a suo agio nella principesca residenza palermitana, lui era un uomo d'azione, aveva la necessità di uscire e svolgere qualche attività. Il solo pensiero di restare chiuso in quattro mura tutto il giorno lo angosciava. Si guardò attorno, era molto tempo che non dormiva in una camera di quell'ampiezza, probabilmente l'ultima volta era accaduto nella residenza ducale due anni prima.

Era una stanza molto grande, con un enorme letto a baldacchino al centro e mobiliata di tutto il necessario.

Quanto lusso per una sola persona!

E pensare che lì dentro ci sarebbe vissuta tranquillamente una famiglia intera.

Cercò di distrarsi da quel pensiero fastidioso, che lo innervosiva, senza riuscirci.

Era ingiusto che un bambino vivesse nella miseria mentre lui godeva di privilegi e ricchezze immeritati frutto dell'eredità di suo padre.

Adrian odiava quel sistema sociale, lo considerava un cancro, un male da combattere e distruggere. Ciò che più lo indignava era che lui non aveva fatto nulla per guadagnarsi quello che possedeva ed era rispettato lo stesso solo per il suo titolo e i suoi averi, mentre la povera gente veniva sfruttata e maltrattata per permettere ai ricchi di continuare il loro stile di vita.

Questo pensiero gli faceva ribollire il sangue.

Uscì sul terrazzo dopo aver acceso un sigaretto di tabacco e vaniglia.

Palermo era ancora addormentata e silenziosa, spenta nel suo dolce torpore autunnale. Chiuse gli occhi e inspirò l'aria mattutina a pieni polmoni, mentre la rabbia si dissolveva e la speranza di un futuro migliore e diverso germogliava nel suo petto.

Le cose sarebbero cambiate, ogni differenza sociale sarebbe stata abolita e tutti avrebbero vissuto una vita dignitosa. Questi erano i propositi di Adrian, Rafael e tutti coloro che avevano aderito alla loro causa.

La disuguaglianza e l'illegalità avrebbero ceduto il passo all'uguaglianza e alla legalità, rendendo tutti gli uomini fratelli, così come dicevano le Scritture.

Un brivido lo percorse quando sfiorò il crocefisso che portava al collo. Da spagnolo Adrian era un fervente cattolico, ma non era solo la Spagna ad ispirargli un grande senso religioso. Erano soprattutto le idee di Cristo che lo ispiravano, quelle idee che spingevano l'umanità alla pace e alla fratellanza e abolivano le barriere tra i popoli, aspirando al bene universale.

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