Capitolo 35

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Era notte fonda quando Ortensia aveva lasciato il palazzo degli Altamira per raggiungere il suo amante fuori città.

Indossava un mantello lunghissimo con cappuccio, che le copriva gran parte del volto, aveva sellato il cavallo ed era saltata in sella, per dirigersi, in tutta fretta, tra le braccia del generale Gonzalo de Avilés, ansioso di pregustare il piacere che la donna era in grado di suscitare ad ogni incontro.

La marchesa aveva scelto strade secondarie e tortuose, allungando il cammino di dieci minuti, ma era una precauzione necessaria se non voleva essere scoperta.

Aveva lasciato il cavallo nel boschetto attiguo alla tenuta del generale e aveva percorso il resto del cammino a piedi, come un fantasma nero che si aggirava nel buio.

Era entrata da una porta secondaria, lasciata aperta da un fedele servitore di Gonzalo appositamente per lei ed era arrivata a passo spedito in camera da letto.

Conosceva quella casa molto bene, la frequentava da diversi anni ed era in grado di percorrerla ad occhi chiusi.

Quando aveva aperto la porta l’uomo l’attendeva in vestaglia accanto al camino con un grosso volume di strategie militari tra le mani.

«Ortensia, mia cara, temevo che non saresti più arrivata!».

La donna aveva abbassato il cappuccio, mostrando il sorriso perfetto e i lineamenti delicati, era impeccabile, nonostante la sfrenata corsa a cavallo, solo qualche ciocca scompigliata era la prova del suo spostamento notturno.

Il suo profumo alla lavanda inebriava le narici di Gonzalo che, incurante, aveva lasciato cadere il libro sul pavimento per avventarsi su di lei con una foga irrefrenabile.

Ortensia ricambiò il suo bacio appassionato, mentre lui le sfilava il leggero abito di seta azzurra, che scivolò lentamente sulle sue rotondità.

Consapevole della smania passionale del generale, Ortensia non aveva indossato altro, deliziando lo sguardo avido di Gonzalo con la sua nudità scultorea.

Un momento soltanto, prima dello sfogo animale dell’uomo, che l’aveva fatta sua con una bramosia bestiale.

Gonzalo e Ortensia si erano conosciuti quando era ancora la Contessa Monteros, durante un ricevimento in onore del capo dell’esercito spagnolo a cui il suo defunto marito era stato invitato come ospite d’onore.

La complicità tra i due era stata subitanea, così come l’attrazione fisica che li spinse l’uno verso l’altro. Lui era molto attraente, altissimo, scuro, aitante, con due occhi scuri e felini incastonati sul volto femmineo e riccioli neri e ribelli che gli incorniciavano il volto.

Lei era molto seducente, aveva lo sguardo nerissimo e malizioso, i capelli corvini che cadevano a cascata sulle spalle, perfettamente pettinati, l’abito di seta e organza che le fasciava il corpo senza lasciare nulla all’immaginazione.

La carica erotica fu tangibile e al loro primo appuntamento li investì una scarica elettrica di puro piacere. Non era l’amore a legarli, ma il desiderio di possedersi sfrenatamente, senza tregua, che ogni volta li lasciava sfiniti l’uno tra le braccia dell’altro.

Dopo essersi amati intensamente, entrambi fissavano il vuoto in silenzio, stretti in un abbraccio, nel tentativo di recuperare le forze consumate nell’abisso di quella virulenta passione.

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