Capitolo 54

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La notizia della ribellione aveva raggiunto il sovrano due giorni dopo, attraverso la bocca di un messaggero di Calderon, così Ferdinando aveva immediatamente mandato a chiamare il generale de Avilés, capo della sicurezza cittadina e delle truppe che avevano il compito di proteggere Madrid e il sovrano stesso, per ordinargli di partire immediatamente per l’Andalusia.

Secondo il portavoce che proveniva da quelle terre, gli uomini di Riego, dopo essersi ribellati, stavano girando per le città della regione in cerca di aiuti e consensi, senza però ottenere nessun esito positivo.

Nonostante ciò Ferdinando aveva ritenuto opportuno intervenire per stroncare sul nascere qualsiasi tentativo di sovversione.
Gonzalo era partito al comando della guardia, composta per l’occasione da cinquemila uomini.

La voce di questa partenza, a seguito di una rivolta interna, si era sparsa in città nell’arco di poche ore giungendo anche alle orecchie di Teresa.

In un battito di ciglia tutta Madrid era a conoscenza dell’atto sovversivo commesso dal generale Riego e dai suoi uomini verso la corona spagnola, dipingendolo come una vera e propria follia.

Dopo la partenza di Gonzalo, Ferdinando aveva convocato un consiglio straordinario dei suoi fedelissimi, conservatori di vecchio stampo, che avevano consigliato la messa a morte immediata dei traditori.

Tra questi vi era anche il marchese di Altamira, il quale, più che un conservatore era un uomo giusto, e aveva chiesto che i sovversivi fossero sottoposti a processo prima della condanna, ma fu deliberatamente ignorato dalla maggioranza inducendolo alle dimissioni.

Subito dopo aver sciolto il consiglio straordinario, il re aveva inviato un ambasciatore reale dal generale Avilés, che aveva da poco lasciato la città, con un comunicato ufficiale in cui gli si ordinava di arrestare Riego e il suo seguito e ricondurli immediatamente a Madrid, dove sarebbero stati giustiziati nella pubblica piazza.

Remo vide il corteo uscire dalla città in fermento, le strade erano gremite di persone di tutti i ceti sociali radunatisi per salutare la guardia, che partiva per catturare i traditori della corona.

Squilli di trombe accompagnavano lo sgambettare dei cavalli dei soldati che partivano per l’Andalusia.

I sostenitori del sovrano aizzavano la folla ad esultare il generale Avilés, salvatore della Patria e del re Ferdinando, colui che avrebbe fatto giustizia in quel mondo corrotto.

Anche Alejandro vide passare Gonzalo, in alta uniforme, fiero e solenne.

Guardava la sfilata con disprezzo accompagnato da tutti i liberali affranti dalla tirannia dei Borbone.

Il marchese, che aborriva la dittatura, era stato per un anni un servo leale del re poiché credeva nella sua benevolenza e lo insigniva dei più alti valori.

Tuttavia, condannando a morte i rivoltosi, senza dare loro modo di difendersi, lo rendeva abietto ai suoi occhi e accrebbe il suo disprezzo verso quell’uomo, che fino al giorno prima aveva adorato.

Ora doveva fare qualcosa per mandare un avvertimento a Riego e i suoi uomini, non poteva permettere che venissero giustiziati senza essere sottoposti al processo come stabiliva la legge.

Era al corrente dello stretto legame tra Riego e Adrian d’Alba e decise dunque di correre ad avvertire la moglie del pericolo che incombeva sulle loro teste.

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