Capitolo 18

20 6 3
                                    


Giuseppe aveva adocchiato Carmela nel cortile, la osservava dalla finestra mentre era dedita a lavare dei contenitori nella piccola fontana vicino alle stalle.

Era così bella e… dolce.

Quella ragazzina suscitava in lui un desiderio perverso di cui ignorava l'origine. Solitamente, quando veniva respinto, dedicava la sua attenzione ad un'altra preda che dimostrasse la sua disponibilità immediata, ma quella ragazza aveva qualcosa di diverso, gli ricordava qualcosa che faceva fatica ad emergere.

I suoi occhi emanavano una luce famigliare ed accogliente, come se la conoscesse da sempre.

Cosa lo spingeva verso di lei nonostante il suo diniego?

Aveva una schiera di cameriere al suo servizio disposte a compiacere ogni suo capriccio senza remore, perché lei?

L'aveva notata fin da subito, con quel suo faccino delicato e fanciullesco abbinato ad un corpo così femminile da spezzare il fiato.

Ma non era solo questo, c'era qualcosa di più che lo attraeva verso di lei, qualcosa che non era in grado di spiegare.

Infilò la giacca scura, blu come la notte, e fissò la sua immagine nello specchio.

Erano anni che non indossava abiti dai colori più sgargianti, come se la sua vita si srotolasse sulla scia di un lutto eterno. Vestiva solo indumenti dal colore tetro, nero, blu, grigio, che accentuavano la sua carnagione chiara.

Aveva dato un'ultima sistemata ai capelli e qualche ciocca era caduta ribelle sulla fronte, incorniciando l'ovale perfetto del suo viso, mentre un raggio di luce che filtrava dai tendaggi illuminava i suoi occhi, conferendogli una sfumatura acquamarina.

Aveva fatto molte conquiste con quegli occhi, grandi ed espressivi, sofferenti e malinconici.

Le donne erano attratte dalla tristezza evocata dal suo sguardo, erano ammaliate dal suo dolore e tentavano invano di curarlo con la dolcezza e l'amore.

Tutte quante lo commiseravano senza conoscerlo, come se fossero consce della causa del suo tormento. Solo quella cameriera non l'aveva compatito, reggendo degnamente il suo sguardo, anzi sembrava addirittura divertita dal suo atteggiamento provocatorio.

Indubbiamente l'aveva colpita con il suo fascino, di cui era perfettamente consapevole, ma non si era lasciata abbindolare al primo tentativo. Non era stato un rifiuto il suo, forse paura, ma sicuramente non aveva respinto le sue avance.

Uscì dalla stanza e andò dritto in cortile con lo scopo di terminare quello che aveva cominciato un'ora prima.

Stava attraversando il giardino quando Annamaria gli era piombata di fronte come un fantasma.

La duchessa, piccola e magra, aveva le sembianze di mostriciattolo infagottato in un abito rosa pastello con i capelli tirati indietro e stirati in una crocchia canuta.

Il volto era gioviale, ma lo sguardo era cupo e nero come la pece.

Giuseppe aveva ereditato da lei il sorriso e la bocca sensuale ma gli occhi grandi ed espressivi erano un lascito del defunto padre.

«Ti sembra questa l'ora di scendere?» lo rimproverò, acidamente, mentre lui gli lanciava un'occhiata infastidita «Vuoi rivelare anche qui la tua vera natura?» chiese ancora, in tono duro.
Giuseppe affilò lo sguardo, tagliente come una spada giapponese, stringendo gli occhi in due fessure acquamarina.

La Confraternita dell'Arma BiancaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora