Capitolo 46

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Alejandro aveva fatto le scale, che conducevano all’alloggio della servitù, precipitosamente e aveva bussato con veemenza alla porta chiusa di Ines. Aveva fretta di chiarire l’equivoco ignobile che lo faceva apparire immondo agli occhi di lei.

In realtà Ines non provava nessun disprezzo nei confronti del suo padrone, l’episodio di quel mattino le aveva procurato un’emozione abbacinante che l’aveva resa più sensibile del solito.

Il disprezzo, semmai, era verso se stessa, che si considerava un ripiego perché indegna di lui, conducendo il suo piccolo orgoglio a prevalere sulla debole ragione, inebetita da quella carezza fugace. Il fatto poi che fosse un uomo sposato l’aveva dissuasa definitivamente ad accettare l’invito del bel marchese.

In cuor suo avrebbe amato Alejandro per sempre, ma non sarebbe mai diventata la sua amante, per tutte quelle ragioni e per una punta di amor proprio che le impediva di donarsi liberamente senza essere ricambiata nel sentimento.

Quando udì bussare violentemente alla sua porta trasalì spaventata, scattò in piedi e si avvicinò velocemente all’uscio.

«Apri, Ines!».

La voce del marchese, solitamente così tranquilla e pacata, ruggì al di là dell’imposta, scatenandole una lieve fitta di terrore.

Forse Alejandro aveva scoperto l’assenza di sua moglie ed era andato da lei per avere spiegazioni.

Cosa gli avrebbe detto?

Dirgli la verità non era il caso, Ortensia al suo rientro avrebbe inventato certamente una spiegazione plausibile per la sua assenza, che l’avrebbe condotta al licenziamento immediato e in quel momento non aveva nessun posto dove andare, la maggior parte delle sue conoscenti erano cameriere che provenivano da famiglie contadine e alloggiavano presso altri signori, nessuno avrebbe potuta aiutarla.

Aveva deciso di tacere, mentendo se necessario.

Non si era ancora preparata per la
notte, dunque, indossava lo stesso abito blu di quel mattino. Diede una sistemata alla gonna ed aprì la porta subito dopo, permettendo al marchese di entrare.

Ines lo scrutava attentamente.
Sembrava tranquillo seppur una strana luce vagava senza meta nei suoi occhi.

Aveva chiuso la porta, poi si era inchinata come esigeva l’etichetta.

«Buonasera, signore!» e si rialzò, guardandolo negli occhi.

«Ines…» affermò lui, imbarazzato.

Tutte le ragioni che lo avevano condotto da lei con quella furia improvvisa svanirono dalla sua mente appena la vide.

«Sono al vostro servizio, don Alejandro».

Il modo in cui aveva pronunciato il suo nome, con quella cadenza dolce e al contempo risoluta, aveva risvegliato in lui la foga della passione, momentaneamente sopita dal timore di un giudizio affrettato da parte di Ines.

«Ines!».

Non riusciva a trovare le parole per cominciare la conversazione, non voleva offenderla utilizzando qualche termine che non si addiceva alla situazione.

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