Capitolo 22

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Le nuvole si erano allontanate pian piano, cedendo il passo ad una infinita distesa d’inchiostro illuminata dalla luce dell’astro notturno, che dominava enorme e candido lo sfondo da cui si emergeva in un canto solitario.

Il castello dei Grammonte torreggiava sulla città, silenzioso e spento, nel buio soffuso di un autunno ormai all’apice, smorzato qua e la da piccoli effluvi invernali fuggiti di soppiatto dal loro rifugio, ormai pronto a spalancare le porte e dare inizio alla stagione fredda.

L’estate era un ricordo lontano e il giardino spoglio, punteggiato da piccole macchie rossastre, segnalava l’arrivo di novembre, anticamera dell’inverno vero e proprio.

Adrian, seduto alla scrivania, era completamente assorto nella lettura di Per la pace perpetua. Considerava quel piccolo libricino un vero gioiello della filosofia tedesca e l’autore era infatti uno dei più grandi uomini del pensiero occidentale. Kant non si era certo sottratto alla riflessione nel corso della sua vita e rappresentava per Adrian un esempio da seguire insieme ad altri intellettuali del suo tempo, come Rousseau e Locke, con cui si trovava pienamente d’accordo riguardo alle teorie sulla politica. Nella stanza accanto Rosalia e Rosa dormivano profondamente.

La ragazzina stava migliorando notevolmente in poco tempo, tanto che da lì a pochi giorni poteva far nuovamente ritorno a casa sua. Agata, la madre, notando il miglioramento, aveva ripreso il lavoro nei campi al servizio del principe.

Aveva il permesso di farle visita tutti i giorni e di restare a dormire la notte, ma lei, alla sera, preferiva ritornare a casa per prendersi cura del marito e degli altri due figli poiché sapeva che lì Rosalia era in buone mani.

Eleonora e Luigi dormivano, stretti l’uno tra le braccia dell’altro, anche Annamaria era crollata nelle braccia di Morfeo, mentre Teresa, Carmela e Giuseppe non riuscivano a chiudere occhio.

Carmela osservava sua sorella, che dormiva nel letto di fianco al suo, sembrava così spensierata, innocente, tranquilla. Provava una punta d’invidia per la serenità di Susanna, manifestata da un ampio sorriso fanciullesco disegnato sul viso durante il sonno.

La sua pace interiore invece le era stata strappata via quel giorno stesso dal Duca di Monteleone, che aveva invaso la sua vita e i suoi pensieri. Non doveva permettere a quell’uomo di sconvolgerle l’esistenza, non poteva, poiché era già promesso ad un’altra donna, una principessa bellissima e potente, mentre lei era soltanto una cameriera da sfruttare per placare le sue pulsioni fino a trarne piena soddisfazione, per poi liberarsene subito dopo.

Non avrebbe mai acconsentito ad una tale ignominia, essere usata e dimenticata come una qualsiasi donna di strada, mai!

Si girava e rigirava nel letto, ma il sonno non voleva arrivare, così, si era alzata, aveva indossato una vestaglia, ed era uscita in giardino a prendere un po' d’aria  fresca e riflettere.
Dal canto suo Giuseppe era sdraiato sul letto.

La candela brillava in flebili scintille luminose, issandosi nel suo debole tentativo di non spegnersi e sprigionando bianche nuvolette di fumo; alla fine si era spenta e tutta la camera era caduta nell’oblio, insieme alla sua anima tormentata che invano cercava di recuperare la solita tranquillità.

Una bottiglia di vino restava piena e solitaria sul comodino, per tutto il giorno non era riuscito a bere un goccio e non aveva, neanche per un istante, pensato ai piaceri della carne, salvo si trovasse in compagnia di Carmela, lei sì che instillava in lui pensieri disonorevoli per qualsiasi fanciulla.

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