31: Ho bisogno di te

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[Izuku]

La porta si chiuse con un click, un suono quasi definitivo, come se avesse sigillato ogni via di fuga. Nella mia mente risuonò una frase, chiara e inevitabile: Da ora, non si torna più indietro. La ferita sulla mia nuca aveva iniziato a pizzicare, esposta all’aria. Avevo rimosso il bendaggio poco prima di essere dimesso dall’ospedale. Grazie ai medici specializzati e ai quirk rigenerativi, il lacerante strappo di Dabi si era rimarginato, ma aveva lasciato una cicatrice. I segni di Dabi erano ancora lì, un promemoria incancellabile.

Cos'è questo senso di oppressione? mi chiesi mentre osservavo il soggiorno in assoluto silenzio. Sentivo Kacchan dietro di me, i suoi occhi bruciavano sulla mia pelle, carichi di una tensione che non riuscivo a decifrare. Mi stava forse analizzando? Deglutii, incapace di trovare il coraggio di voltarmi.

Mi sentivo come un animale in trappola, gli occhi che scandagliavano l'ambiente circostante mentre le mie orecchie captavano ogni minimo suono. La stanza era immersa in una semi-oscurità, con lunghe ombre che danzavano sulle pareti bianche e un sottile profumo di legno e tabacco nell'aria. L’unica luce proveniva dall'atrio, dove le tende bianche ondeggiavano leggermente, illuminando debolmente la scena.

Notai una sigaretta accesa in un posacenere non lontano da me, la cenere accumulata era segno di una lunga attesa. Kacchan mi superò con passi pesanti, sfiorandomi appena mentre si dirigeva verso il divano alla mia destra. Iniziò a sistemare il suo costume da eroe con movimenti rapidi e nervosi. Afferrò la maschera e la gettò in un cesto ai piedi del divano, dove giacevano cravatte e altri abiti disordinati. Lo osservai, chiedendomi cosa stesse cercando di fare. Ero venuto di mia spontanea volontà per parlargli, per chiarire tutto, ma le parole sembravano ostinarsi a non uscire.

«Ci hai messo del tempo, Deku,» disse infine, la sua voce era fredda, come una lama affilata. Ogni dettaglio di Kacchan era accentuato dalla luce soffusa dell’atrio: i muscoli tesi, le mani vigorose che stringevano i tessuti con forza, la mandibola serrata e la giugulare tesa come una corda di violino.

I suoi capelli erano appiccicati alla fronte, una mescolanza di sudore e tensione. Sembrava quasi frustrato. Mi chiesi se anche lui sentisse lo stesso peso della situazione, o se fosse solo la mia presenza a turbarlo. Strofinai il palmo sui pantaloni, la mente affollata di domande e incertezze. Cosa avrei potuto dire? Cosa avrei potuto tirare fuori da quella confusione? La sua indifferenza era palpabile, e conoscevo quei gesti: lo sguardo fisso nel nulla, i lineamenti corrugati. Stava cercando di ignorarmi.

Mi schiarì la voce e avanzai di un passo, sperando di trovare il coraggio necessario per affrontarlo.

«Sì...» sibilai, stringendo i pugni. «Ho preso del tempo per riflettere.»

«Mh, beh... anch'io.» Il suo tono era graffiante e percepii una sottile esitazione prima che pronunciasse "anch'io".

Non sapevo cosa dire di fronte a quella risposta. Decisi di muovermi nella stanza, incapace di stare fermo. Trascinai i piedi tra il divano e la poltrona, poi tra il divano e il tavolino, passando davanti a lui, dietro lo schienale del mobile. Ogni passo rimbombava nel silenzio, mentre le ombre attorno a noi sembravano più alte e minacciose.

Ma Kacchan continuò a ignorarmi, sistemando le cose con urgenza. Pensai che volesse allontanarsi da me, forse andare in cucina, eppure le sue mani si tesero in avanti, affondando le unghie nei cuscini del divano. Si appoggiò, sorreggendo il suo peso, poi alzò il viso e mi incatenò con uno sguardo neutrale, ma stranamente minaccioso.

Vidi le sue pupille contrarsi, i suoi occhi rossi brillare di una strana luce blu. Il fiato mi si bloccò mentre fui attratto dalle sue labbra serrate. Un brivido mi scosse e sentii un senso di crollo imminente. Dannato marchio... Mi morsi il labbro, portando istintivamente la mano sopra i segni del morso, nascosti dai miei ricci verdi.

𝐹𝑖𝑒𝑟𝑦 𝐽𝑜𝑢𝑟𝑛𝑒𝑦 //𝐵𝑎𝑘𝑢𝑑𝑒𝑘𝑢// ~[Omegaverse]~Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora