POV REBECCA FILLAGAN
Mio padre entra in casa e noto subito il livido che ha sotto la mascella. Sorrido compiaciuta e lui mi scocca un'occhiataccia.
Sono le sei di lunedì mattina e mio padre è in perfetto orario per portarmi via Karen, che ancora si rifiuta di salutarmi. Ho la sensazione di scoppiare a piangere da un momento all'altro. Mi ripeto che devo essere più forte, che lei vivrà bene, ma non è come procurarsi una ferita profonda alla gamba, per cui puoi sopportare il dolore. No, questo è come ricevere una stilettata al cuore: perdi sangue e alla fine rischi di morire perché il tuo corpo si prosciuga lentamente.
Ed allora mi chiedo se Karen sta provando queste mie stesse sensazioni o non le frega niente, come ha dimostrato da ieri sera fino ad adesso. Sento che è mio padre ad averla influenzata, anche se forse voglio soltanto convincere me stessa.
Karen prende il suo zainetto e mi guarda di sfuggita, quindi esce di casa, lasciandomi sola con Omer davanti alla porta, mentre la osserviamo scendere lentamente le scale.
"Rebecca, starà molto meglio" ribadisce mio padre, in tono tranquillo.
Mi metto una mano in faccia, esausta. "VA. VIA" scandisco lentamente, senza alcuna traccia di rabbia, ma solo di nervosismo. E lo sono, sono un vulcano di rabbia.
"Non devi essere..."
"Ho detto vattene via!" gli urlo in faccia, lanciandolo fuori la porta e chiudendomela alle spalle.
L'ora dello strizzacervelli sembra uno dei gironi dell'inferno. Stamattina sono venuta a scuola così come ero: niente trucco da teschio, niente coroncina, non ho preso neanche lo skate. Sento i vestiti appiccicati al corpo, come fossero una seconda pelle e non so quanto resisterò a lungo a questa specie di coma che mi sono indotta personalmente.
Ma sì, potrei pensare positivo, mentre in realtà continuo a controllare il cellulare per vedere se Karen mi chiamerà per chiedermi aiuto. Oppure nella speranza di aiutare l'orologio a far scorrere il tempo più velocemente.
Il professore Dasten si schiarisce la voce. "Gradirei che non usassi il telefono, Rebecca".
Fino a pochi secondi fa blaterava sull'argomento dell'amicizia e dell'importanza di non provare risentimenti di fronte ad un nostro coetaneo. Ma io ho sentito solo qualche parola del suo discorso.
Alzo lo sguardo su di lui e vorrei incenerirlo. Non ha idea di cosa sto passando, ma dovrebbe essere uno psicologo, quindi capire che sto male. "Me ne frego delle sue parole, signor Dasten".
"Rebecca, sono pur sempre una persona a cui devi portare rispetto". Scuote la testa. "Considerami un tuo professore".
Scoppio a ridere, ma la mia risata è nervosa. "Un professore? Bene, allora potrebbe insegnarci come risolvere problemi personali. Per me Dorian potrebbe anche sparire dalla faccia della terra, non verrei a piangere".
Dorian si volta. "Uau, è lo stesso anche per me". Si rivolge allo strizzacervelli. "Possiamo metterci d'accordo".
Mister Dasten batte un pugno sul tavolo, esausto. "Non voglio che vi sotterriate a vicenda, voglio soltanto che impariate a stare insieme come amici normali. Uscite, fate qualcosa insieme".
"L'unica cosa che sappiamo fare è litigare" chiarisco ed è palese.
"Se è uno psicologo, deve assolutamente aver notato che l'unica cosa che ci riesce meglio è prenderci a parolacce e fare a botte" aggiunge Dorian ed è un genio, oh. "Quindi si risparmi le parole che sicuramente verranno dopo come... 'Uscite insieme a prendere un gelato oppure portala a cena, Dorian'. Mi metterei a ridere". Dorian rifà la stessa voce di Mister Dasten.
Lo strizzacervelli sbuffa. "Con la preside vorremmo che faceste un'uscita insieme, magari un cinema in cui non dovreste parlarvi, ma solo guardare il film".
Alzo gli occhi al cielo. I cinema mi ricordano Karen e non voglio andarci con Dorian. Neanche morta. "Anche no".
Dorian se la ride. "Vediamo, c'è Colpa delle stelle ancora nelle sale. Un film strappalacrime per voi femminucce" mi provoca, guardandomi dritto negli occhi con sorrisetto di scherno. "Oppure preferisci un film horror?"
"Il film che preferisco è io mentre ti prendo a calci nel sedere".
"Provaci soltanto e vedi come ti combino io" mi ringhia contro Dorian, alzandosi di scatto.
Mi alzo anche io e lo colpisco al braccio. "Sta attento tu".
Stringe le palpebre e mi spinge verso la poltrona. "Non mi toccare".
"Ah, vogliamo parlare di ciò che mi hai fatto sabato sera, in casa mia?" Mi volto verso Dasten e sorrido. "Vuole sapere cosa è successo? Me lo sono ritrovato in casa, che fumava e mi ha messa al muro. Se non fossi forte ed incisiva, mi avrebbe stuprata. A cinque centimetri dal mio volto, Mister Dasten e mi ha perfino resa inerme" dico e non sto esagerando lo sanno tutti, ma solo io so i brividi che ho provato quando mi ha guardato le labbra. "Veda un po' lei".
Dorian mi richiama. "Hai preso la mia moto".
"Era urgente, tu probabilmente neanche te ne saresti accorto se Gregor non mi avesse visto. Eri talmente occupato a portarti a letto la bionda con le tette rifatte, che probabilmente il tuo bisogno primario di fartela ti avrebbe impedito di guardarti intorno".
Sorride arrogantemente e c'è violenza nei suoi occhi. "Già, la bionda sexy è una vera tigre a letto. Mi sono divertito, non puoi neanche capire come stia la mia schiena in questo momento. Ancora risente delle mille posizioni..."
"Ma vi pare normale?!" sbotta Mister Dasten, attirando la nostra attenzione. "Siete impossibili voi due, non vi mettete proprio d'impegno".
"La colpa è solo tua" accuso Dorian.
"No, è tua".
"Va al diavolo!"
"Baaaaasta!" urla Mister Dasten, separandoci. "Non voglio più sentirvi litigare. D'ora in poi sarete in punizione, finché non troverete un modo per diventare amici e sopportarvi. Le punizioni prevedono che voi vi vediate fuori dalla scuola e non vi scanniate. Se non lo farete, comporterà a grosse ripercussioni a livello scolastico, come la sospensione definitiva".
Sia io che Dorian abbassiamo gli occhi, consapevoli che lo strizzacervelli ci ha messo il guinzaglio e che ora sarà lui a dirigere le nostre prossime mosse, ma non glielo permetterò. "Non ho alcuna intenzione di frequentare Dorian" lo avverto, mentre nello stesso momento Dorian dice: "Non voglio vedere Rebecca".
Ci voltiamo di scatto l'uno verso l'altra e mi sembra di cadere in un burrone e prendere in pieno tutti i sassi e ingoiare terra. Deglutisco e anche lui appare improvvisamente strano. Distolgo lo sguardo, sentendo uno strano, ma piacevole calore inondarmi tutto il corpo. Afferro il mio zaino e lancio a Mister Dasten un'occhiata, prima di voltare le spalle ad entrambi. "Lasciatemi in pace" borbotto uscendo dallo studio.
Percorro a grandi passi il corridoio della scuola e una sensazione inspiegabile sembra travolgermi come uno tsunami. Mi sento in balia di qualcosa di nuovo, estraneo al mio corpo e che non conosco bene. Mi viene da ridere pensando che quel calore straordinario l'ho provato alzando gli occhi su Dorian e che quell'improvviso tuffo al cuore di ieri sera, mentre lui mi teneva incollata al muro, l'abbia provato proprio quando c'era lui. A cinque centimetri dal mio viso.
Scuoto la testa, ritrovando lucidità e ripetendo a me stessa che Dorian è stato e sarà per sempre il mio più acerrimo nemico. E che ciò che mi è accaduto è frutto della mia immaginazione.
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In questo periodo mi sto dedicando tanto a questa storia.
Il mio libro, Failure to Queen, sta scalando le classifiche di Amazon e spero che presto arrivi ai primi 100 della classifica generale dei libri.
Uhuuu, sarebbe fantastico!!
Nel frattempo, lo trovate a 2,99€ su Amazon (Kindle Store), Mondadori, Feltrinelli, iBooks e Google Play. Aspetta solo voi...
Un bacio
Irene...
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Polvere di Noi -(With Us Saga)
ChickLitNew Adult (Storia Completata nel 2016) Rebecca ha diciassette anni ed una pistola nello zaino, lo skate sempre sotto il braccio ed una situazione familiare difficile. A scuola tutti temono lei ed il suo piccolo gruppo: 'Gli intoccabili'. Dorian ha...