CAPITOLO DUE

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Ed eccola lì.
La mia dannatissima scuola di merda.
E non ditemi che sono greve...
Comunque, ci stanno parecchi ragazzi che si salutano e si fermano a chiacchierare con le loro fidanzatine, che probabilmente hanno provveduto a fare le facili ieri sera. Altri invece si sbrigano ad entrare, quando la scuola è un inferno, un luogo che non ha assolutamente senso.
Bisogna imparare dalla vita reale, dalle esperienze di tutti i giorni, la matematica non ti aiuta, per esempio, a difendersi da un balordo tizio nascosto nell' oscurità di un vicolo.
"Becca!" urla Elena venendomi addosso.
Eh che cavoli! Ma fai attenzione. "Ciao Ele" borbotto stringendomi gli stencil al petto, quelli che ho preparato per la prossima uscita ai treni.
"Hai saputo dell' arresto di Richard Hell?" domanda salendo con me le scale della scuola.
Richard Hell è uno dei più conosciuti spacciatori di Chicago e mio padre ha lavorato spesso anche per lui. Proprio stamattina alle sei è stato arrestato perchè i suoi scagnozzi sono stati beccati durante un traffico illecito. Probabilmente tra due giorni uscirà perchè con tutti i miliardi che ha, gli verrà pagata la cauzione.
"Sì, ma uscirà" rispondo tenendo aperta la porta d' ingresso e lasciando che entri con me.
Nella nostra scuola ci sono i poliziotti e gli addetti alla sicurezza, per non parlare della serie di Metal detector che si stagliano come muraglia davanti all' entrata. Quindi non posso portarmi la pistola nello zaino, ma nessuno mi vieta di entrare di notte e depositare un paio di armi nell' armadietto. Ho un coltellino però, nella tasca interna dello zaino dove nessuno potrà mai beccarlo.
Lancio una breve occhiata al poliziotto di colore che sta controllando la borsa di una ragazza bionda e ritorno a guardare dritto davanti a me, dove intravedo Dorian Cazzone James. Ho voglia di prendere il coltello e farlo a pezzetti. Pezzettini, piccoli piccoli.
"Okay, vieni" ordina un poliziotto facendomi segno di passare sotto quell' odioso metal detector.
Getto lo zaino sul rullo nero e sbuffo passando sotto il Metal detector, che come avevo previsto, non suona. Siamo furbi noi, mica ci facciamo beccare, anche se a scuola sanno tutti della reputazione che ci siamo costruiti. Guardo male il poliziotto, che continua a fissarmi curioso, ma distoglie subito lo sguardo. A scuola mi chiamano Becca la Stronza proprio per la mia occhiataccia assassina, che mette a tacere tutti. Tranne Dorian.
Che ovviamente ora mi sta guardando come se fossi uno scarafaggio.
"Becca!" esclama non appena stringo le palpebre verso di lui, con astio.
"Spero ti sia divertito ieri sera" dico avvicinandomi al mio armadietto, proprio dietro la sua schiena dura. "Spostati".
"È un piacere anche mio vederti".
"Cosa ti fa pensare che mi faccia piacere vederti?" domando tenendomi stretta la cartellina, con cui vorrei tanto rompergli il naso.
Scrolla le spalle. "Ma io lo so".
"Non mi fai nè caldo nè freddo" bofonchio continuando a cercare di spostarlo dal mio armadietto, a cui sembra essersi incollato con qualche collante super fissante.
"Che cattiveria" dice ridacchiando, insieme agli altri suoi amichetti.
Fisso il mio sguardo nei suoi occhi, ammirando il passamontagnia nero che gli copre le labbra e il naso. Ha il cappuccio sulla testa e la giacca di pelle gli sta stretta sulle spalle larghe. È un dannatissimo fico, un esemplare di maschio fico fino al midollo, ma io lo odio. "Spostati" ripeto alzando gli occhi al cielo.
Scommetto che sta sorridendo, divertito. "O cosa succede?"
"Ti pianto nel sedere la mia pistola" rispondo sicura, mentre una serie di ragazzi si sta fermando ad osservare la scena. In arrivo ci sono anche Oscar e Elena, che continuano a parlottare tra di loro.
"Pistola calibro 50?" domanda facendomi l' occhiolino.
"Non voglio sporcare la pistola con la tua merda, quindi ti consiglio di toglierti di mezzo" lo avverto, perchè la mia pazienza è giunta al capolinea.
Lui in risposta ridacchia, così lascio cadere a terra la cartellina e gli assesto una gomitata nello stomaco, quindi una ginocchiata, mandandolo a terra. I suoi amici si tuffano su di me, ma la sicurezza li tiene a bada. Evito la scena e faccio per aprire l' armadietto, quando Dorian me lo chiude sulla mano, tanto che il medio ci resta incastrato dentro. Lancio un gridolino e mi volto verso il ragazzo, che si è tolto il passamontagna. "Brutto stronzo" sbotto assenstandogli un calcio negli stinchi.
Libero il dito dall' armadietto e scaccio il dolore che provo, perché c'è di peggio ed io ho avuto spesso a che fare con il peggio.
Un poliziotto cerca di prendermi, ma Dorian lo allontana e si avvinghia su di me, ritrovandoci entrambi a terra. Mi colpisce alla mascella ed io in risposta al naso, che comincia a sanguinargli.
Pugni, claci e gomitate, finchè la voce stridula della preside non arriva come un fischio fastidioso alle orecchie ed entrambi ci alziamo di scatto, continuando a strattonarci e darci spinte a destra e manca.
"E ti pareva!" La lreside è una donna bassa e parecchio panciuta, ma mi è sempre stata simpatica. Perchè? Perchè sa che ho una situazione difficile in casa e quindi ha avuto sempre pietà di me. Mi avrà sospesa circa una volta dall' inizio dell' anno, mentre mi sarei meritata moltissime punizioni.
Stavolta però sembra davvero arrabbiata, così decido di smetterla e di fissarla mentre si avvicina. "In ufficio, ora".

L' ufficio della preside è tempestato di statuine di gatti. Ed è inquietante, perchè ti osservano e non hai via di scampo.
"Bene bene, di nuovo voi due" dice in tono severo, mentre ci osserva e me la immagino con un frustino in mano pronta a punirci pesantemente, stavolta.
Tengo una busta di ghiaccio sulla mascella livida e sul naso, che mi sono raddrizzata in bagno dopo chissà quanti litri di sangue ho perso. Era rotto, ma l' ospedale non serve quando abiti nel mio quartiere.
"Vi siete fatti del male stavolta: Rebecca, ti sei raddrizzata il naso quando era rotto e hai dei lividi sotto la mascella; Dorian, il tuo naso continua a perdere sangue e hai dei lidivi sulle gambe. Ragazzi, volete uccidervi?" domanda infine.
Scuoto la testa. "Odio Dorian James!"
"Scherzi? Brutta bastardella, rischiavi di rompermi il naso".
"Chi se ne frega del tuo nasaccio e poi..."
Ci alziamo di scatto e ci osserviamo attentamente. Occhi blu contro occhi grigi, incredibilmente belli.
"Basta!" sbraita la preside, sbattendo la mano sul tavolo. "Mi sono stancata di voi due, non vi caccio da questa scuola per pietà, ma ora sono davvero arrivata al limite". Scuote la testa e ci consegna un foglio. "Oggi pomeriggio dopo scuola, subito dopo scuola, dallo piscologo". Ci trafigge con lo sguardo. "Tutti e due".

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Oookay, anche il capitolo due è fatto.
Cosa vi pare?
Volevo informarvi che è uscito in tutti gli store online (amazon, kobo, google play e apple store) il mio libro Failure to Queen, di Irene Colabianchi.
Accorrete, siete curiose?
Un bacio,
Irene...

Polvere di Noi -(With Us Saga)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora